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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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28 MARICLA BOGGIO<br />

arcaico dei miti e delle radici antropologiche che egli privilegia per differenti<br />

motivi, la ricerca delle origini della violenza, il sacro, un senso<br />

collettivo all’esistenza in cui l’individuo si trova ad agire. E Fersen si<br />

domanda<br />

se le sconvolgenti esperienze del mnemodramma non attingano alle indistinte<br />

matrici del complesso mito-rituale, che racchiude il nucleo primo<br />

del teatro 3 .<br />

Ci si può domandare se il mnemodramma possa avere un legame<br />

consequenziale con il teatro che Fersen ha in più direzioni sviluppato,<br />

realizzando spettacoli sia da testi originali di sua creazione, sia da<br />

commedie da lui tratte dalla Commedia dell’Arte e da testi classici e di<br />

repertorio moderno. In forme sfumate egli sosteneva di tenere i due<br />

campi divisi, servendosi del mnemodramma per aprire orizzonti nuovi<br />

e più vasti ad un teatro futuro, mentre il teatro da realizzare per il pubblico<br />

del momento obbediva a regole più vicine alle esigenze di mercato.<br />

Ma io ritengo che il lavoro che lui svolgeva nell’ambito del mnemodramma<br />

andasse poi a riversarsi, in un modo sotterraneo, in quella<br />

spettacolarità accettata come mestiere, attraverso certi interpreti che<br />

del mnemodramma avevano sperimentato i criteri, ma soprattutto<br />

attraverso l’intuizione che il Maestro aveva acuito nei confronti dei<br />

suoi attori, traendo da loro quell’io profondo inesplorato e inconsapevole<br />

a loro stessi, che scaturiva attraverso l’incontro e l’intreccio fra<br />

l’attore ed il personaggio del testo da rappresentare. La maieutica<br />

socratica operava allora arricchendo la personalità dell’attore della<br />

fantasmatica figura del personaggio creato dall’autore e filtrato attraverso<br />

la sensibilità del regista.<br />

Diverso procedimento applicava Orazio Costa agli allievi lavorando<br />

a quello che aveva chiamato “metodo mimico”, per sollecitare la creatività<br />

facendola riemergere da personalità spesso appiattite sugli schemi<br />

di un’educazione scolare e da comportamenti societari finalizzati all’imitazione.<br />

Gli esercizi partivano dal respiro come moto universale<br />

comune ad ogni essere umano; da tale respiro si andava poi risalendo<br />

all’aria, al vapore, alla nuvola, all’acqua, alla pioggia ed ai fiumi e così<br />

3 Ibidem, ed., 1980, La patria mitica, p. 137 (2011, p. 167).

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