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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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<strong>IL</strong> DESTINO È NELLE ORIGINI 195<br />

Noi, cellule impazzite di un organismo disgregato, siamo alla ricerca<br />

angosciosa di una «polis» reale o ideale, presente o passata, in cui<br />

riconoscerci. Non c’è appartata solitudine che non si elegga i suoi<br />

interlocutori e con essi intrattenga una virtuale conversazione. Essere<br />

nel mondo significa essere definiti dal mondo: l’indefinitezza personale<br />

si traduce in inesistenza. Per questo, il rito dona all’uomo l’esperienza<br />

orizzontale del suo far parte di un insieme e situa questo insieme<br />

in una visione mitica del mondo. Acquieta così l’angoscia del nonessere.<br />

Decaduta ogni mitologia comune, che permetta all’io di definirsi<br />

orizzontalmente in rapporto ad altri io, l’individuo s’identifica, con un<br />

processo di auto-conoscenza verticale, nella propria memoria mitica.<br />

Il processo ascendente della ritualità primitiva, che identifica il gruppo<br />

nei suoi miti di fondazione, torna a ripetersi nella dinamica psichica<br />

dell’uomo moderno. I mnemodrammi dei giovani sono rivelatori al riguardo:<br />

essi appaiono come un inesausto terreno di esplorazione<br />

introspettiva e retrospettiva. Se la domanda d’identità non trova una<br />

risposta concreta nelle aggregazioni umane o nelle proposte culturali<br />

del presente, essa si proietta all’indietro alla ricerca di una propria terraferma<br />

anteriore. Come un lungo, periglioso viaggio alla ricerca del<br />

Symorgh 15 , il mitico re degli uccelli, è il viaggio del mnemodramma:<br />

quando sfiniti, decimati da traversie e intemperie, gli uccelli giungono<br />

al cospetto del re, si accorgono che il Symorgh è un grande specchio,<br />

in cui sono riflesse le loro immagini. Il viaggio alla ricerca del Symorgh<br />

è stato un viaggio sciamanico e mnemodrammatico verso l’autoconoscenza:<br />

nel simbolo regale sta racchiuso il segreto dell’identità individuale<br />

e collettiva.<br />

Il teatro drammaturgico non ignora questa funzione arcaica trasmessagli<br />

dal rito, ma ne diluisce il valore. Definizioni del teatro come<br />

«specchio di una società», «testimonianza di un’epoca», riecheggiano<br />

genericamente quella basilare esigenza. Ma l’impegno in questa direzione<br />

è ormai tiepido, l’urgenza e la gravità dell’imperativo rituale non<br />

sono recepite. La risposta del teatro di tradizione è, nel suo intellettualismo,<br />

priva di efficacia esistenziale. Non a caso, in mani drammatur-<br />

15 Si allude qui allo straordinario spettacolo di P. Brook, tratto dal poema La conferenza<br />

degli uccelli del poeta sufi Attar (XII-XIII secolo), presentato in «prima» assoluta<br />

ad Avignone il 15 luglio 1979.

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