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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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<strong>IL</strong> RECUPERO DI UNA COMUNITÀ SMEMBRATA<br />

Intorno alla metà degli anni Sessanta ero allieva di Orazio Costa per<br />

il triennio di regia all’Accademia “Silvio D’Amico”. Le lezioni di noi<br />

registi prendevano parecchio tempo perché si estendevano, al di là<br />

degli impegni insieme agli allievi di recitazione, ad altri incontri con il<br />

Maestro dedicati all’interpretazione dei testi e al lavoro con gli attori<br />

nostri compagni.<br />

La mia curiosità di teatro sconfinava dai canoni dell’Accademia<br />

d’Arte Drammatica spingendomi anche in territori dai puristi considerati<br />

pericolosi e infidi. In quegli anni si cominciava a parlare di<br />

Grotowski, il maestro polacco chiuso in una sperimentazione con gli<br />

attori da cui pareva ottenere prodigi di una espressività innovativa<br />

rispetto ai criteri del teatro dell’epoca. Spiato nei pochi articoli che riuscivo<br />

a trovare su di lui, Grotowski si materializzò per me nel 1965 in<br />

un Convegno a Roma; lo organizzava Alessandro Fersen, di cui avevo<br />

sentito parlare, ma che non conoscevo. Di lui chiesi a Costa, che non<br />

mi disse molto, ma usò un tono di rispetto per la sua attività di docente:<br />

teneva una scuola che, al di là di un insegnamento tradizionale da<br />

lui adottato per gli allievi, si caratterizzava come luogo di ricerca attraverso<br />

un metodo messo in atto in particolari momenti del suo insegnamento.<br />

Andai agli incontri che si tennero nello Studio di Fersen, in<br />

un vasto spazio alla Lungara, intorno alla figura di Grotowski, a cui<br />

parteciparono alcuni fra i più significativi esponenti del teatro di quegli<br />

anni, critici, autori, attori, studiosi e docenti, direttori di teatro, tra<br />

cui Giorgio Prosperi, Ghigo de Chiara, Renzo Tian, Mario Raimondo,<br />

Elio Pagliarani. Io ero fra i giovani che ascoltavano, cercando di collegare<br />

quanto andava sviluppandosi attraverso gli interventi con ciò che<br />

conoscevamo del teatro. Grotowski mi parve una sorta di santone

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