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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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<strong>IL</strong> DESTINO È NELLE ORIGINI 191<br />

tamenti teatrali d’origine che si dipana lungo tutta la storia delle<br />

società occidentali: così il Medioevo dà la stura ai suoi rigogliosi carnevali<br />

5 , il Rinascimento celebra le sue grandi feste profane 6 , il Seicento<br />

mette in scena le sue feste barocche nelle vie e nelle piazze di Roma 7 ,<br />

l’illuminismo esalta per bocca di Rousseau le feste della Repubblica 8 ,<br />

Talleyrand e Mirabeau caldeggiano le «feste laiche» della Rivoluzione 9 .<br />

precisamente in Borgogna, gli allievi di Copeau, i copiaus, partecipano alle feste della<br />

vendemmia riesumando filastrocche e giochi di vecchia tradizione. E Copeau, constatando<br />

il successo di questi giochi drammatici, intravvede nell’adesione di quel pubblico<br />

di campagna la possibilità di una perfetta comunione fra scena e platea.<br />

5 Accanto al dramma sacro medievale, che nasce all’interno delle chiese e si celebra<br />

sui sagrati, vigoreggia la festa-spettacolo nelle sue variegate manifestazioni. Il<br />

nucleo, da cui essa si irraggia, è sempre il rito, nel quale s’insinuano, in forme travestite,<br />

tradizioni e consuetudini di origine pagana, «saturnali e libertà di dicembre, tripudi<br />

per le calende di gennaio, riti agrari di purificazione e propiziazione per la fine dell’inverno<br />

[che] sono venuti a confluire e ad amalgamarsi nel Carnevale» (P. Toschi, op. cit.,<br />

p. 7).<br />

6 Cfr. A. Mango, op. cit., p. 23: «Alla cerimonialità di tipo religioso, che è l’anima<br />

della vita medievale ed è coinvolgimento nel senso spirituale, si è andata gradatamente<br />

sostituendo una cerimonialità di tipo profano che è mondana e politica. Il processo,<br />

iniziatosi già in area fiorentina con la sacra rappresentazione, […] trova nella festa rinascimentale<br />

la più precisa e coerente conseguenza».<br />

7 Cfr. S. Carandini, La festa barocca a Roma, in «Biblioteca teatrale», 15-16, pp. 294-<br />

5: «I ruoli di attori e spettatori risultano interscambiabili: il popolo si fa protagonista<br />

nelle corse dei palii; l’aristocrazia si esibisce in giostre e tornei. Gli spettatori pomposamente<br />

vestiti che assistono da palchi addobbati alle maschere sul Corso si pongono<br />

consapevolmente essi stessi come elemento di spettacolo».<br />

8 In una lettera a D’Alembert pubblicata ad Amsterdam nel 1758 (cfr. l’ed. critica,<br />

Genève, 1948), J. J. Rousseau loda la festa come fatto teatrale e la contrappone ai riti<br />

del teatro convenzionale: «Che? non si fanno spettacoli nella repubblica? Al contrario,<br />

se ne fanno troppi. Essi sono nati nelle repubbliche, li abbiamo visti brillare con una<br />

vera aria di festa proprio nel loro seno. A quali popoli conviene di più riunirsi spesso<br />

e far nascere fra di loro tanta ragione di amarsi e restare per sempre amici? Noi abbiamo<br />

già molte feste pubbliche; abbiamone ancora di più, io ne sarei ben felice. Ma non<br />

adottiamo questi spettacoli esclusivi che chiudono tristemente un piccolo numero di<br />

persone in un antro oscuro, che le tengono spaurite e immobili nel silenzio e nell’inazione».<br />

9 Il tema delle «feste laiche» appassiona Mirabeau, che, in un discorso pubblicato<br />

postumo nel 1791, ne propugna l’istituzione come strumento atto ad accrescere il prestigio<br />

dello Stato. Il progetto è ripreso da Talleyrand, che indica come tema delle future<br />

feste «gli avvenimenti antichi e nuovi, pubblici e privati, i più cari al popolo libero»<br />

(Cfr. J. Duvignaud, op. cit., pp. 398-9).

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