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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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12. <strong>IL</strong> DESTINO È NELLE ORIGINI<br />

Crisi della comunicazione teatrale<br />

La situazione teatrale odierna si presenta sotto il segno di vistose<br />

contraddizioni. C’è in Italia una crescente affluenza di pubblico allo<br />

spettacolo di prosa, c’è un proliferare di gruppi giovanili che si aggregano<br />

per fare teatro: e c’è un declino, si direbbe inarrestabile, nella<br />

creatività drammaturgica.<br />

A prescindere da fattori specificamente italiani, quali la crescente<br />

acculturazione e l’accesso di più larghi strati di popolazione al teatro<br />

di prosa, l’affollamento delle sale teatrali risponde a un’evoluzione<br />

scontata. Il crescente isolamento umano, provocato dall’abitudine allo<br />

spettacolo televisivo, doveva necessariamente provocare una reazione<br />

in senso contrario: il ritorno a una pur epidermica socialità e alla gratificante<br />

occasione del contatto interpersonale.<br />

Sintomo più sottile è la crescita di gruppi di giovani teatranti: nella<br />

quale è da leggere un rifiuto del ruolo tradizionale di chi assiste al<br />

«gioco» altrui e quindi la volontà di prendere parte attiva allo spettacolo.<br />

L’indizio anticipa nella sua modestia un’esigenza di ristrutturazione<br />

della vita teatrale.<br />

Sul versante drammaturgico c’è invece un ristagno che dura da<br />

decenni. Si scrivono ancora, qua e là, ottimi drammi e ottime commedie,<br />

che – nella povertà del repertorio contemporaneo – vengono<br />

subito accaparrati dai complessi teatrali più ricchi e più potenti. Ci<br />

sono ancora drammaturghi che perseguono con coerenza una loro<br />

produzione di buon livello letterario. Ma il destino del teatro drammatico<br />

è sempre stato legato a grandi cicli creativi, quali la tragedia greca,<br />

la commedia latina, lo spettacolo sacro, la commedia dell’arte, il «teatro<br />

elisabettiano», il dramma e la commedia sette-ottocenteschi. Noi

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