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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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178 ALESSANDRO FERSEN<br />

ancora coinvolgere un pubblico popolare nella cavea di Siracusa 7 , si<br />

può immaginare quale impatto esso esercitasse su una platea greca.<br />

L’eloquenza lirica del testo non impediva l’adempiersi di quelle decisive<br />

operazioni psichiche (pietà, terrore, catarsi) cui allude Aristotele.<br />

Così la scrittura letteraria si piegava a un ruolo di mediazione fra la<br />

matrice rituale e lo spettacolo che ormai da quella era emerso. Era un<br />

teatro organico a una cultura: al di là dell’immaginosa scrittura dell’autore<br />

il pubblico riconosceva l’oscura identità delle proprie origini.<br />

L’evento scenico era già intriso di letteratura, ma ancora radicato nel<br />

dionisiaco.<br />

La parabola del teatro medievale (il tema ritorna qui, affrontato dal<br />

versante drammaturgico) si disegna entro un orizzonte culturale conchiuso:<br />

dal dramma liturgico alle laudi drammatiche, ai mystères francesi,<br />

ai Miracle plays inglesi, alle «sacre rappresentazioni» rinascimentali,<br />

questa drammaturgia, iniziata da monaci colti, sviluppata poi in<br />

area laica, annovera autori legati alla storia della letteratura 8 . Pure,<br />

malgrado le molteplici innovazioni, la proliferazione dei personaggi,<br />

la dilatazione dell’apparato spettacolare, la liberalizzazione dei contenuti,<br />

le compiacenze della scrittura poetica, essa non si discosta mai in<br />

modo definitivo da una tradizione che è parte integrante della memoria<br />

storico-mitica della cultura medievale.<br />

I testi del Nô giapponese iniziano generalmente al termine di un<br />

«viaggio», quando il Waki 9 «arriva» al luogo dove si produrrà il kamigakari,<br />

la possessione, l’incontro col soprannaturale. Il simbolismo del<br />

viaggio viene chiaramente identificato dagli studiosi nella componen-<br />

7 Si allude qui alla messa in scena dell’Edipo Re, presentata al Festival di Siracusa<br />

del 1972, per la regia di A. Fersen, le scene di E. Luzzati, i costumi di S. Calì, nell’interpretazione<br />

di G. Mauri, V. Moriconi, D. Troisi. Il Coro era stato istruito nella lingua<br />

greca e secondo la metrica originale.<br />

8 Per l’Italia, cfr. S. D’Amico, Storia del teatro drammatico, Milano, 1939, I, p. 362:<br />

«È dunque nella seconda metà del Quattrocento che i letterati fiorentini, e proprio quelli<br />

raccolti intorno alla corte paganeggiante del magnifico Lorenzo, si assumono il compito<br />

di dare una vera e propria forma d’arte alla Sacra Rappresentazione». D’Amico cita<br />

successivamente le «Sacre Rappresentazioni» di Feo Belcari, di Bernardo Pulci e dello<br />

stesso Lorenzo de’ Medici.<br />

9 Il Nô è praticamente uno spettacolo a due personaggi: lo shite, «colui che agisce»,<br />

è il protagonista; il waki, il «laterale», è quello che in gergo teatrale noi chiameremmo<br />

«la spalla»: cioè colui che provoca le azioni dello shite. L’uno e l’altro possono tuttavia<br />

avere degli accompagnatori (cfr. Zeami, op. cit., p. 10).

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