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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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168 ALESSANDRO FERSEN<br />

teatro. Nel mnemodramma è forse lecito ravvisare la prima scrittura<br />

concreta del teatro allo stato nascente.<br />

Sognare poetici ritorni alle origini è cosa vana: la nostalgia di<br />

Artaud si esaurisce in letteratura. I virtuosismi tecnici degli attori, le<br />

sapienti misture di parola-canto-musica-danza nelle geniali confezioni<br />

di un Mejerchol’d o di un Reinhardt offrono sul piatto d’argento solo<br />

un mosaico scintillante di espressioni sceniche: non destano dal suo<br />

letargo la matrice stessa della vita teatrale. Le illuminazioni decisive di<br />

Artaud restano astratte, se non si traducono in un preciso progetto di<br />

tecniche artigianali di natura psichica. È il limite cui si arresta la lezione<br />

di questo inquieto profeta di un teatro futuro.<br />

Il codice nascente<br />

Il gesto della memoria selvaggia, evocato con opportune procedure,<br />

non coinvolge solo l’attore, ma ha un forte potere di contagio su<br />

quelli che assistono: scopriamo che quel gesto profondo è già di per<br />

sé un comportamento rituale dotato di un’incisiva potenzialità di<br />

comunicazione. Questa ritualità embrionale si configura in rito vero e<br />

proprio, quando i suoi «segni» sono organizzati e codificati in sequenze<br />

significanti. L’evento ritualizzato scatena e incanala nei propri argini<br />

la carica emozionale dei partecipanti. Allora la memoria mitica, che<br />

in laboratorio si è manifestata nelle sue esplosioni selvagge, si distende<br />

e si placa nello spazio e nel tempo che le sono ritualmente riservati.<br />

Il modello mitico così costituito è un patrimonio di antiche intensità<br />

in attesa della chiamata rituale. Il mito è un rito dormente. Il rito scardina<br />

e ricompone. Sguinzaglia erinni inestinguibili e le civilizza nell’armonia<br />

di un gesto dettato da una superiore sapienza comunitaria.<br />

Noi non sapremo mai in quale rapporto genetico il gesto della<br />

memoria selvaggia si ponga nei confronti del modello mito-rituale che<br />

lo codifica. Forse esperienze generazionali di qualità onirica hanno<br />

lentamente lavorato all’instaurazione di quel codice, forse esso è la<br />

geniale elaborazione di potenti personalità sciamaniche, di ignoti profeti<br />

della preistoria che hanno legiferato e imposto le proprie tavole<br />

della legge...<br />

Nelle esperienze di laboratorio è possibile unicamente verificare la<br />

presenza di pulsioni rituali spontanee, mosse da una loro necessità

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