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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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LA PATRIA MITICA 167<br />

Le matrici del mito<br />

Corrispondenze evidenti si sono venute delineando fra alcuni<br />

moduli strutturali del mito e le caratteristiche del mnemodramma parlato<br />

e visionario. L’affinità non si riferisce ovviamente ai contenuti, ma<br />

alle procedure espressive. Esistono anzi comportamenti interiori che<br />

sono in grado di gettare luce su alcuni meccanismi e aspetti della mitopoiesi.<br />

E allora si affaccia alla mente l’ipotesi, velata ancora di cautela, se<br />

in questo itinerario sotterraneo non stiamo costeggiando i territori<br />

interiori, nei quali i miti hanno origine: se le sconvolgenti esperienze<br />

del mnemodramma non attingano alle indistinte matrici del complesso<br />

mito-rituale, che racchiude il nucleo primo del teatro. Riconosciamo<br />

il paesaggio mitico nella qualità allucinata del mnemodramma,<br />

nelle sue trasfigurazioni e nei suoi deliri, nelle sue violenze e nelle sue<br />

angosce. Ed è plausibile supporre che l’evento mnemodrammatico si<br />

valga degli stessi strumenti di cui ha fatto sempre uso la creazione mitica:<br />

del «gesto» che emerge dal magma della memoria e traccia la propria<br />

parabola espressiva nello spazio onirico 17 .<br />

È vero che il gesto mnemodrammatico non s’iscrive in un orizzonte<br />

mitico preesistente, non ricorre a simboli condivisi, non si articola<br />

in vicende mitiche appartenenti a una comune visione del mondo. Ma<br />

quella che agisce in noi è una memoria «selvaggia», non più (o non<br />

ancora?) codificata in un linguaggio simbolico. Nella nostra condizione<br />

di uomini moderni la mitopoiesi è un evento personale, solitario.<br />

Pure, si manifesta in esso l’esigenza di espressione di quelle strutture<br />

native che non sono state eliminate dall’evoluzione mentale. La<br />

memoria selvaggia, creatrice di miti individuali, testimonia per noi<br />

moderni, immersi nelle misure del concreto, l’esistenza di una dimensione<br />

perduta, la cui naturale area di espressione era il rito: dunque il<br />

17 Jung postula l’esistenza di elementi costitutivi «mitogeni» che appartengono allo<br />

psichismo inconscio; questa tesi è stata sviluppata dai suoi allievi in numerosi studi<br />

sulla mitologia: sulla stessa linea ha svolto le sue ricerche la scuola di Vienna di O.<br />

Rank. Occorre, insomma, ammettere una matrice interiore del rito e del mito, come<br />

struttura permanente dell’interiorità umana: che tale matrice si sia atrofizzata o volatilizzata<br />

in conseguenza dell’evoluzione mentale dell’uomo, è opinione tutta da dimostrare.

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