IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla
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146 ALESSANDRO FERSEN<br />
La memoria mitica<br />
Il tempo, avanzando nel futuro, appiattisce via via la prospettiva<br />
delle cose passate: i ricordi sbiadiscono in graffiti tracciati in punta di<br />
penna nella nostra memoria. Accatastati su quello sfondo, gli eventi<br />
– fatti, emozioni, visioni – perdono il loro spessore emotivo: ormai<br />
esanimi, restano uguali a se stessi, archiviati secondo la gerarchia di<br />
valore che abbiamo loro attribuito. Tali li ritroviamo, quando l’attenzione<br />
frettolosa li sfiora di sfuggita. Questa è la nostra memoria «storica».<br />
Ma il tempo nel suo procedere scarica in quel passato altri «presenti»<br />
che entrano in contatto coi ricordi anteriori. Un sotterraneo lavorio<br />
fatto di reazioni psico-chimiche rielabora clandestinamente quel materiale<br />
«storico». I ricordi sembrano in superficie, ma non sono più gli<br />
stessi. Cambiano le loro fattezze. Noi, accaniti nel giornaliero calcolo<br />
dei profitti e delle perdite, non ce ne accorgiamo: siamo sicuri che il<br />
nostro passato sia sempre là ad aspettarci tale quale. Qualche sporadica<br />
«ispezione» ci conferma nella nostra sicurezza.<br />
Ma la memoria storica è un inganno. Se ci avviene di penetrare nel<br />
cerchio del passato, quei ricordi si destano dal loro sonno catastale,<br />
sgranchiscono le membra intorpidite dalla stasi, come i corpi sepolti<br />
nella Valle di Giosafat allo squillo della tromba del Giudizio, e si mettono<br />
in moto. Le lentissime osmosi, le insensibili alterazioni hanno<br />
operato in essi inattese metamorfosi. La loro apparente passività si è<br />
caricata di nuovi significati e di nuove intensità. La memoria storica si<br />
dissolve, prende corpo al suo posto la memoria «mitica», dove niente è<br />
definitivamente passato, dove tutto fermenta e si moltiplica. Nel grembo<br />
di Mnemosyne bolle un magma di materiali mnemonici che assorbono<br />
in sé le più remote pulsioni organiche. Le fresche notizie che il<br />
tempo scarica in quel crogiolo sono coinvolte nell’insonnia di queste<br />
effervescenze sepolte. Così, le cose perdono laggiù i contorni definiti<br />
della memoria «storica» e, quando riemergono in allucinazione, sono<br />
portatrici di «altro»: maschere di sommovimenti più radicali che non i<br />
ricordi circoscritti al tempo individuale.<br />
Per questo la memoria parastorica viene qui chiamata mitica: perché<br />
mitizza il passato. L’espressione verrà d’ora in poi usata come formula<br />
tecnica.