IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla
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140 ALESSANDRO FERSEN<br />
passe improvvisamente dai suoi argini onirici e irrompesse pericolosamente<br />
nella vita reale. L’intervento si rendeva allora necessario.<br />
Durante queste mie «ispezioni» gli attori non avvertivano la mia vicinanza.<br />
In quello stato di trance profonda s’instaurava fra di loro un<br />
campo di tensioni che escludeva ogni presenza estranea: la loro percezione<br />
diventava selettiva. Presceglieva senza possibilità di errore solo<br />
quanti erano coinvolti in quel gioco di forze psichiche. Io mi muovevo<br />
in mezzo a loro come un fantasma, ero, per la loro realtà, un fantasma:<br />
un’ombra inconsistente, a fronte di quelle sostanze essenziali e<br />
imponderabili nelle quali si manifestava il loro io profondo. E, in un<br />
certo senso, avevano ragione loro.<br />
Nei sondaggi successivi a ogni sessione del laboratorio, la maggior<br />
parte degli attori dichiarava di non aver avvertito la mia presenza, alcuni<br />
mi avevano percepito come «un’ombra indistinta», altri ancora come<br />
un’entità «priva di carica».<br />
Ecco, dunque, uno spazio di qualità emozionale che s’instaura nel<br />
mnemodramma, e che non è soggetto a una misurazione fisica: materiato<br />
di una sua densità esistenziale, esso ha un metro di misura che<br />
non è quello dello spazio, nel quale ci muoviamo in stato di veglia.<br />
Forse il termine «estasi» (ek-stasis) allude proprio a questo «stare» in<br />
uno spazio che è situato fuori dallo spazio fisico. A Cocullo, in Alto<br />
Abruzzo, al momento della «licenza» dal Santo, tutta la compagnia dei<br />
pellegrini di Atina canta e piange, al suono delle cornamuse, arretrando<br />
verso l’uscita della chiesa con gli occhi fissi sulla statua di San<br />
Domenico Abbate. È un momento di angoscia e strazio, al cui contagio<br />
è arduo resistere. A due passi dal corteggio che cammina all’indietro<br />
avanza una siepe di obiettivi fotografici, di apparecchi super-otto, di<br />
flash che scattano ininterrottamente coi loro bagliori: i pellegrini non<br />
vedono niente. Sono in comunicazione estatica con l’oggetto sacro. In<br />
mezzo a quella folla di turisti stranieri, di reporter, di studiosi, essi si<br />
muovono in uno spazio emozionale, nel quale si instaura un circuito<br />
magnetico che coinvolge la statua immobile in fondo alla navata 9 . Il<br />
comportamento festivo conferma l’esperimento di laboratorio.<br />
9 Un analogo stato di trance è stato riscontrato da Di Gianni nel contatto fra i pellegrini<br />
e le pietre, che sono oggetto di culto nella festività di San Venanzio a Rajano:<br />
essi non avvertivano minimamente la presenza dell’équipe cinematografica, la luce dei<br />
riflettori, il ronzio della macchina da presa.