IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla
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<strong>IL</strong> MNEMODRAMMA VISIONARIO 137<br />
È avvenuto con un vecchio arredo scenico: un attaccapanni ottocentesco,<br />
con le sue braccia adunche (a reggere pastrani e copricapi).<br />
Solo all’accensione dei riflettori scorgiamo le ombre temibili che esso<br />
proietta sulle pareti. Dalle prime reazioni dei partecipanti avvertiamo<br />
intensità contrapposte. N. e P. vengono ad accovacciarsi ai piedi dell’oggetto,<br />
ne allacciano il tronco con le braccia. R. s’inginocchia.<br />
Sembrano in adorazione. È un grappolo umano che si assiepa intorno<br />
alla sagoma dell’attaccapanni e lo anima con le proprie visioni. A un<br />
tratto A. si apre con violenza un varco fra di loro, prende il feticcio e<br />
lo relega in un angolo dell’aula. Gli altri sono sgomenti: P. piange<br />
disperatamente. Allora D. si stacca dalla parete di fondo, va a prendere<br />
l’attrezzo e lo rimette al centro. Caparbio, A. tenta di spostarlo un’altra<br />
volta. Comincia una prova di forza, in cui tutti sono coinvolti (senza<br />
che si verifichi uno scontro fisico fra i contendenti). Alcune braccia<br />
dell’attaccapanni si spezzano, emergono ora dei monconi scheggiati.<br />
A., attorniato dagli altri, inizia un furibondo mulinello: una dopo l’altra<br />
N. e P., trascinate per qualche giro nel vortice, cadono a terra e<br />
seguono ansiose le sorti alterne della mischia. N. singhiozza in silenzio.<br />
D. non cede all’avversario. Le forze di A. sembrano illimitate:<br />
maneggiando vorticosamente l’attrezzo, egli cerca di sbarazzarsi di chi<br />
gliene contende il possesso. Una scheggia si conficca profondamente<br />
nella mano di D.: il sangue sgorga a fiotti, allaga il pavimento.<br />
Intervenuto in mezzo a loro, non mi è possibile arrestare questo duello.<br />
D. cade a terra nel proprio sangue, solo ora sembra accorgersi della<br />
ferita. A., ormai padrone dell’oggetto, torna a piazzarlo violentemente<br />
nell’angolo, quasi a radicarlo nel pavimento. Gli altri guardano sbigottiti.<br />
C’è paura, ostilità, un grande freddo si diffonde fra i partecipanti.<br />
D. fuoriesce dallo stato di trance, si accorge del sangue, va all’ospedale<br />
a farsi medicare. Noi nell’ombra assistiamo sgomenti. Ci domanderemo<br />
se questa esperienza debba essere abbandonata.<br />
Ma la violenza, pur scatenandosi senza freni in quel rischioso stato<br />
di trance, non ha oltrepassato i limiti rituali: la presa dei contendenti<br />
non è mai stata diretta. Anche la comunicazione dell’aggressività si è<br />
effettuata simbolicamente attraverso l’oggetto scenico.<br />
Sapremo poi che non si trattava di pura e semplice possessività e<br />
constateremo nei giorni seguenti che questa violenza ha motivazioni<br />
che potremmo chiamare «ideologiche» e non deriva quasi mai da desiderio<br />
di possesso. L’attaccapanni era per gli uni un idolo o divinità da