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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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<strong>IL</strong> MNEMODRAMMA GESTUALE 125<br />

Il «mnemodramma gestuale» può dunque essere sperimentato con<br />

attrezzo neutro e con attrezzo specifico; può essere individuale e può<br />

svolgersi fra due partner (in tal caso, assume, come vedremo, caratteristiche<br />

diverse). In queste quattro possibilità si riassume la tipologia<br />

di questa tecnica; la quale si configura come un’ipotesi di linguaggio<br />

teatrale basata sul gesto, ma dettata da ispirazioni profonde.<br />

Il gioco e l’agone<br />

L’attore giace sul pavimento e nel minuto di buio si vale di quelle<br />

procedure interiori che erano predisposte per il mnemodramma parlato.<br />

La luce viene riaccesa. Prevale, all’inizio, un atteggiamento di<br />

attesa e di cautela, se non di timore: l’attore avanza la mano o il piede,<br />

sfiora l’oggetto, si ritrae. Lo osserva, torna al contatto. L’oggetto neutro<br />

– asse di legno, corda, stoffa – si presta al «gioco». Esso viene sollevato,<br />

studiato con maggiore attenzione, disposto nelle più varie prospettive<br />

rispetto al corpo dell’attore. L’attore si attorce attorno all’oggetto o<br />

si lascia circonvolgere da esso: traccia mutevoli calligrafie corporee<br />

intorno a quell’elemento in sé insignificante. Il gioco si impadronisce<br />

di lui nel bene e nel male. Il rapporto con l’oggetto si fa più impegnativo:<br />

è un corpo estraneo che si è infiltrato nel suo corpo, è diventato<br />

materia del suo gesto interiore. Il gioco in cui egli, allettato, si è lasciato<br />

attrarre, ora lo domina: è un gioco tirannico. L’oggetto, ormai cosa<br />

vivente, diventa una presenza simbolica amica o nemica, che strappa<br />

all’attore il controllo degli eventi: il giocattolo impone le regole del<br />

gioco al giocatore.<br />

S. sembra un prometeo incatenato alla rupe caucasica: ha attorto<br />

intorno a sé la fune in un groviglio inestricabile, il suo torso conosce<br />

una servitù michelangiolesca. S. gronda sudore, il suo corpo si dibatte<br />

nei vincoli frustranti dell’esistenza o di retaggi anteriori. Cade al suolo,<br />

si risolleva in ginocchio: senza posa le mani s’inventano – o è la corda<br />

che s’inventa? – nuove fantasiose torture. D. supina ha posto verticalmente<br />

il bastone sul proprio ventre: un simbolo fallico? Forse. Ma ecco<br />

che coi piedi essa si arrampica lungo quel «tronco» in modo scimmiesco:<br />

discende, risale con una rapidità stupefacente. La scena sfiorerebbe<br />

il grottesco, se non portasse una carica di autentica animalità. O<br />

una reminiscenza? V. gioca con l’apparecchio telefonico che le è stato

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