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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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124 ALESSANDRO FERSEN<br />

sta sulle presenze invisibili con cui egli intratterrà il suo intenso dibattito.<br />

Ma c’è un momento, in cui l’iniziale angoscia di morte non ha<br />

ancora trovato espressione nella parola ed è alimentata dalla pura fissazione<br />

dell’oggetto da parte dell’attore. È il momento della metamorfosi<br />

simbolica: l’oggetto si trasforma in «altro» e prepara così il terreno<br />

alle visioni allucinatorie. Il successivo passaggio dalla visione alla<br />

parola comporta uno «sforzo», quasi che nell’abbandono s’insinui un<br />

atto volontario.<br />

Era possibile immaginare una tecnica, in cui l’introversione dell’abbandono<br />

mnemodrammatico si capovolgesse spontaneamente in<br />

espressione esteriore? Dall’attenta osservazione di quella fase iniziale<br />

del mnemodramma, che, d’altra parte, sembrava avviare a un linguaggio<br />

affidato esclusivamente alla visione, è nato un nuovo ciclo di ricerche.<br />

In contrapposizione all’impiego strumentale dell’oggetto nel «rapporto<br />

emotivo» – e, in forma preterintenzionale, anche nel mnemodramma<br />

parlato – la nuova tecnica è stata denominata, in un primo<br />

tempo, «rapporto gioco con oggetto scenico», e successivamente «mnemodramma<br />

gestuale».<br />

Giocare con l’oggetto<br />

L’oggetto è neutro: un bastone, una corda, una stoffa, un cartone.<br />

L’attore è steso per terra: il gioco infantile nasce a questo livello e la<br />

neutralità dell’oggetto lascia maggiore spazio all’inventiva e alla fantasia<br />

di chi «gioca» che non l’oggetto individualizzato.<br />

Il rapporto è dunque ludico: l’oggetto sarà osservato, toccato, manipolato,<br />

onde saggiare le possibilità di gioco che esso offre. E anche<br />

a quali trasfigurazioni fantastiche si presta. Successivamente verrà sperimentato<br />

il «rapporto gioco» con oggetto individualizzato: e si constaterà<br />

che ne viene regolarmente scavalcata l’individualità e obliterata la<br />

funzione. Esso può rispondere alle condizioni del gioco solo a patto di<br />

essere altro da se stesso: l’utensile perde la sua qualità utilitaria.<br />

Non per questo la nozione di gioco comporta una valenza edonistica.<br />

Essa significa solo che il rapporto con l’oggetto è disinteressato,<br />

non finalizzato ad azioni e calcoli di qualità psicologica. L’espressione<br />

che ne scaturisce è, in realtà, il segno plastico di accadimenti interiori<br />

che travalicano il quotidiano.

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