IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla
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ALESSANDRO FERSEN O DELLA CURIOSITÀ 13<br />
centrale nello spazio teatrale quale delineato da Fersen, ha, come egli<br />
stesso afferma, “mobilitato per lungo tempo studiosi e scuole antropologiche<br />
in difesa di tesi opposte: da Frazer e dalla Myth and Ritual<br />
School che tendono a privilegiare la componente rituale ipotizzando<br />
una priorità temporale del Rito sul Mito (che del Rito sarebbe la necessaria<br />
motivazione culturale), alla scuola morfologica-culturale di Francoforte<br />
che, ponendo a base delle proprie concezioni una primordiale<br />
‘emozione’ del mondo (Frobrenius, Jensen), sposta indirettamente l’accento<br />
sul Mito come concezione del mondo, dal quale deriverebbero i<br />
comportamenti e i codici rituali, alla scuola sociologica francese<br />
(Durkheim, Lévy-Brouhl) che nel rapporto dialettico fra il Dròmenon e<br />
il legòmenon (fra l’azione rituale e la narrazione mitica) individua il<br />
nucleo della vita religiosa e la base del sociale, alla scuola funzionalista<br />
di Malinowski che teorizza un complesso mito-rito-cultura come funzione<br />
unitaria e omogenea della vita sociale, alla scuola storicistica italiana<br />
(De Martino, Pettazzoni, Lanternari, Brelich, Di Nola, Lombardi<br />
Satriani, Cirese) che valorizza il rapporto dialettico fra il complesso ritomito<br />
e il divenire storico. Per la scuola storicistica il complesso mi-rituale<br />
ha una funzione di reinserimento dell’uomo e del gruppo nella realtà<br />
storica dopo i momenti di crisi individuale e calendariale”.<br />
Fersen riprende così piegandoli per così dire alla propria cifra critica<br />
Diderot e Brecht.<br />
“Immedesimarsi stanca. Stanca anche straniarsi. Questa impassibilità,<br />
questo sforzo (forse impraticabile) di dissociazione fra le reazione emotive<br />
e la loro naturale espressione richiede una continua lucidità introspettiva.<br />
Prima che dal personaggio l’attore deve estraniarsi da se stesso.<br />
L’idea di straniamento comporta un’astensione emotiva che raffrena<br />
– nell’attore come nello spettatore – lo slittamento involontario nell’immedesimazione.<br />
Per sterilizzare intonazioni e gesti occorre un autocontrollo<br />
insonne. L’impegno mentale che pilota, in questo caso, i comportamenti<br />
del personaggio esige uno stoicismo quotidiano. Così anche la<br />
pratica dello straniamento genera inclinazioni all’abitudine: più insidiosa<br />
dell’abitudine, agli impeti della passione. L’impassibilità diventa l’alibi<br />
per un’esibizione tecnica. […] si installa in palcoscenico un cinismo<br />
tecnico che garantisce un’aurea mediocrità allo spettacolo”.<br />
Fersen è continuamente alla ricerca dello “specifico” insurrogabile<br />
del teatro e ritiene che il teatro di tradizione soffre di una grave crisi di<br />
presenze.