IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla
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<strong>IL</strong> MNEMODRAMMA PARLATO 109<br />
La luce che batte sul tavolino viene momentaneamente spenta e<br />
dinanzi a lui – nel buio del laboratorio – viene posto un qualsiasi<br />
oggetto prescelto dagli sperimentatori: un pettine, una chiave, una matita<br />
per le labbra, un sasso, una corteccia d’albero. La luce si riaccende.<br />
L’attore, a occhi chiusi, in stato di totale abbandono, cerca l’oggetto<br />
con le mani, lo tocca, lo manipola: lo assapora col tatto. Poi lo fissa:<br />
la fissazione e la manipolazione si prolungano per qualche tempo.<br />
Alcuni sintomi esteriori indicano che la sua «descensione» ha avuto inizio.<br />
I suoi muscoli facciali si slentano in un rilassamento simile alla<br />
morte – spesso la mascella inferiore pende e lascia la bocca semiaperta<br />
– la fissità dello sguardo diventa vitrea – il ritmo della respirazione<br />
si accelera, rallenta, accelera ancora disordinatamente – la bocca s’inaridisce<br />
fino a costringere l’attore a ripetuti conati di salivazione. È,<br />
nel mnemodramma, il momento dell’angoscia; un’angoscia di morte<br />
che leggiamo dipinta sul suo volto. C’è una morte e una rinascita nel<br />
mnemodramma come nei riti iniziatici delle culture primitive. Questo<br />
è il momento in cui l’identità quotidiana dell’attore si sfalda e una<br />
nuova identità non l’ha ancora sostituita. L’attore si sente venire meno<br />
come persona individualizzata. La rinuncia all’io quotidiano non può<br />
avvenire senza lacerazione: è una terraferma che vien meno sotto i<br />
piedi. Nel frattempo il rapporto tattile dell’attore con l’oggetto segnala<br />
sommovimenti ancora indecifrabili che scuotono la sua personalità.<br />
Egli stringe l’oggetto in modo convulso o lo accarezza o cerca di spezzarlo<br />
o l’allontana con orrore o addirittura lo scaglia lontano.<br />
Ma ormai il mnemodramma è avviato, egli non potrà più arrestarlo.<br />
C’è una violenza ineluttabile in questo evento, su cui converrà<br />
riflettere. Le labbra dell’attore cominciano a muoversi, inumidite di<br />
continuo da una lingua secca – cercano di atteggiarsi ad articolazioni<br />
sillabiche – non ci riescono – una respirazione affannosa accompagna<br />
lo sforzo – il tentativo si ripete parecchie volte. Ora dalla bocca semiaperta<br />
escono fonemi indistinti, monosillabi. Come di notte, quando<br />
desti ci avviene di ascoltare la parola del sogno nascere con immensa<br />
fatica dalla bocca di chi ci dorme accanto, e poi, da un’indecifrabile<br />
lontananza, il dormiente comincia a parlare con iterazioni continue,<br />
divinità che presiedono alla vita del gruppo. La trance mnemodrammatica, pur nella<br />
sua specificità, sembra confermare la presenza variabile di questi due comportamenti<br />
psichici.