IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla
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Il tirso e il serpente<br />
5. <strong>IL</strong> MNEMODRAMMA PARLATO<br />
Nel «rapporto emotivo» l’oggetto scenico era utilizzato in modo<br />
strumentale nel contesto di una preesistente situazione psicologica.<br />
Fungeva da veicolo di espressione di uno stato d’animo prestabilito<br />
nell’esperimento o nel testo drammatico. L’abbandono si realizzava<br />
nei limiti confortevoli dei presupposti psicologici: veniva preventivamente<br />
orientato verso un tema familiare all’attore.<br />
Ma avveniva talvolta, nel corso degli esperimenti, che l’oggetto si<br />
spogliasse della sua mediocre individualità quotidiana per trasformarsi<br />
in «altro». Sotterranee forze psichiche sembravano prendere il<br />
sopravvento sul programma stabilito. L’oggetto si emancipava dalla<br />
propria funzione acquistando una sua autonomia metaforica. Era fatale<br />
che l’attenzione del ricercatore si spostasse dal rapporto strumentale,<br />
che l’attore tentava di stabilire con l’oggetto, alle misteriose pulsioni<br />
che riuscivano a operare queste metamorfosi simboliche.<br />
Il confronto con le acquisizioni dell’antropologia, dell’etnologia, della<br />
psicologia è diventato allora operante su di un piano conoscitivo.<br />
Il ricorso a simboli, dunque a oggetti simbolici,è costante nei rituali<br />
primitivi, nelle feste arcaiche, nei culti storici. Il tirso agitato dai baccanti<br />
era un «oggetto» rituale che – grazie a una trasfigurazione simbolica<br />
– scatenava stati di ebbrezza dionisiaca. Secondo un detto popolare,<br />
riportato da Platone 1 , c’erano nei cortei bacchici «più portatori di<br />
tirso che veri baccanti». Il detto, che ironizzava sui falsi credenti, è una<br />
testimonianza in negativo dei poteri di suggestione rituale che il tirso<br />
1 Il detto è riferito nel Fedone, 69 C.