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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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98 ALESSANDRO FERSEN<br />

ne conto. Sono oggetti che comportano azioni abituali, assorbite in un<br />

automatismo inconsapevole apparentemente sempre identiche a se stesse.<br />

Apparentemente: nella realtà – secondo le premesse di questa tecnica<br />

scenica – tali azioni puramente funzionali si colorano, di volta in volta, del<br />

particolare stato d’animo di colui che le compie. Così un’azione utilitaria<br />

diventa espressiva di situazioni psichiche nascoste. L’azione anonima,<br />

quotidiana, è in realtà singolare, irripetibile.<br />

In scena, la «realtà» per l’attore è costituita dall’impianto scenografico<br />

e dagli attrezzi scenici con cui entra in contatto. Il rapporto che egli<br />

instaura con essi può essere un linguaggio non meno significante delle<br />

battute del copione. La manipolazione strumentale dell’oggetto esteriorizza<br />

situazioni interiori che commentano o contraddicono le parole del<br />

testo. E costituiscono così una comunicazione preziosa per il pubblico.<br />

La letteratura drammaturgica è folta di «oggetti»: determinanti per la<br />

vicenda: il velo di Clitennestra, il fazzoletto di Desdemona, la cassetta di<br />

Arpagone, il ventaglio di Giannina, e borse di monete, fiale di veleno,<br />

corone, pugnali... Ma questi «oggetti» drammaturgici sono il perno attorno<br />

a cui ruota l’azione: richiedono quindi un’attenzione finalizzata a sé da<br />

parte dell’attore. Il «rapporto emotivo» prende vita, invece, quando l’oggetto<br />

è occasionale o puramente strumentale e la sua manipolazione<br />

inconsapevole. Anche i famosi «oggetti» drammaturgici possono assumere<br />

questo potere di comunicazione indiretta: perdono allora momentaneamente<br />

la propria individualità nella manipolazione distratta pensierosa<br />

rabbiosa carezzevole dolente cui si abbandona l’attore-personaggio. Il<br />

quale, per la breve durata della sua presenza in scena, non può permettersi<br />

di essere inespressivo in nessun momento: nemmeno nelle azioni<br />

più abituali. Ogni occasione è buona per trasmettere segnali al pubblico.<br />

La tecnica del «rapporto emotivo con oggetto» viene applicata, in<br />

forma sperimentale, nella sua purezza. All’attore si propone un qualsiasi<br />

oggetto della vita quotidiana che egli, immedesimato in uno stato d’animo<br />

da lui stesso prescelto, manipola inconsapevolmente: nelle sue<br />

mani l’oggetto diventa veicolo di comunicazione significante. Osservate<br />

come questo attore muove lentamente il cucchiaino nella tazza di caffè,<br />

poi lo depone, porta la tazzina alle labbra – si arresta – allontana la tazzina<br />

dalla bocca – la riavvicina – non si decide a sorbire la bevanda...<br />

Forse esita a intraprendere qualche passo importante nella sua vita? E<br />

quest’altro attore, come scuote la cenere della sigaretta con delicatezza<br />

quasi accarezzando l’orlo del portacenere e quest’altro invece come la

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