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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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LA TECNICA PSICOSCENICA DELL’ATTORE 97<br />

organico, che è insito nel comportamento rituale, e il controllo richiesto<br />

da un copione drammaturgico. Quello che nel rito sembra<br />

essere un istinto di salvaguardia naturale dalle tempeste della possessione,<br />

a teatro diventa una coartazione esterna. L’uno è omogeneo al<br />

suo abbandono, l’altro, il controllo drammaturgico, eterogeneo. La<br />

coesistenza in scena dei due comportamenti contrapposti si dimostrava<br />

aleatoria.<br />

La tecnica psicoscenica dell’attore, valida come ginnastica psichica,<br />

risultava carente nell’applicazione al personaggio. Nel momento critico<br />

della sutura fra questa tecnica e l’interpretazione drammaturgica si produceva<br />

una smagliatura incurabile nella continuità della vita scenica.<br />

Il «rapporto emotivo con oggetto scenico»<br />

È un esercizio-esperimento che costituisce il punto più avanzato<br />

della tecnica psicoscenica e funge insieme da cerniera fra questa e le<br />

ricerche successive.<br />

Il «rapporto emotivo con oggetto scenico» si basa su considerazioni<br />

specificamente teatrali. Nella realtà della vita quotidiana, il nostro rapporto<br />

con la realtà esteriore non vaga lungo inafferrabili orizzonti, ma si concreta<br />

nel contatto fisico con quanto è a portata dei nostri sensi. Per il neonato<br />

il capezzolo materno è la realtà del mondo: i suoi rapporti col capezzolo<br />

sono i suoi rapporti col mondo. Sostituirà poi questo primo «oggetto»<br />

con un altro – il suo pollice, per esempio 7 – e successivamente coi giocattoli,<br />

sui quali scaricherà la carica emotiva che sta alla base del sua rapporto<br />

con la realtà. L’adulto, nel corso della sua giornata, maneggia un<br />

grande numero di «oggetti» di uso comune – chiavi, sigarette, tazze di<br />

caffè, indumenti, maniglie, sedie... – coi quali giocherella senza renderse-<br />

7 In psicanalisi è stato teorizzato da D. W. Winnicot, con il nome di «oggetto transizionale»<br />

e di «fenomeno transizionale», il ricorso da parte dell’infante a oggetti sostitutivi<br />

del seno materno: «Ho introdotto i termini di “oggetto transizionale” e di “fenomeni<br />

transizionali”, per designare quell’area intermedia di esperienza che sta tra il pollice e<br />

l’orso di peluche, tra l’erotismo orale e la vera relazione oggettuale, tra l’attività creativa<br />

primaria e la proiezione di ciò che è stato introiettato, tra l’inconsapevolezza primaria<br />

del mondo esterno e il primo riconoscimento di esso» (Collected Papers, London,<br />

1958, p. 230).

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