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IL TEATRO, DOPO - Boggio, Maricla

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86 ALESSANDRO FERSEN<br />

Dopo Artaud<br />

«En finir avec les chefs-d’oeuvre!». Il momento è venuto di fare<br />

posto in questo scritto ad Artaud, il veggente pazzo con le sue profezie<br />

a mezz’aria. C’è nelle sue lampeggianti visioni una coerenza che, al<br />

di là di tutte le elaborazioni sistematiche, ha l’organicità degli istinti. «I<br />

capolavori del passato vanno bene per il passato, ma non per noi» 52 .<br />

Mai sulle scene europee era risuonato un verdetto così definitivo. E<br />

avventato, all’apparenza. In realtà, esso è il naturale corollario di una<br />

Weltanschauung teatrale che ha la compiuta circolarità di un orizzonte<br />

marino.<br />

Forse la pietra angolare di questa concezione va ravvisata nella particolare<br />

nozione di «fisicità» emergente dalla ricerca artaudiana di quello<br />

che è «specificamente teatrale nel teatro» 53 . La ricerca di uno specifico<br />

teatrale rispetto ai linguaggi tecnologici dello spettacolo assilla –<br />

come sappiamo – il teatro moderno. Artaud non ignora il problema:<br />

ma per lui è assai più urgente definire lo specifico teatrale nei riguardi<br />

della letteratura (quale equivoco questo teatro concepito come «une<br />

branche de la litérature»!) 54 .<br />

Ebbene, il principio della copresenza di attore e spettatore individuato<br />

come elemento di differenziazione del teatro rispetto allo<br />

schermo può essere anche valido nei riguardi della comunicazione letteraria,<br />

purché l’accento venga posto sulla «fisicità» di questa copresenza<br />

come essa viene intesa da Artaud.<br />

La scena è un luogo fisico e non può essere usata che fisicamente 55 .<br />

Essa detta il tipo di linguaggio che le è organico: il linguaggio dei sensi<br />

52 A. Artaud, op. cit., p. 157.<br />

53 «Come è possibile che a teatro, almeno quale lo conosciamo in Europa, o meglio<br />

in Occidente, tutto ciò che è specificamente teatrale, ossia tutto ciò che non è discorso<br />

e parola, […] debba rimanere in secondo piano?» (ivi, p. 130). E poco oltre:<br />

«Linguaggio e sua poesia a parte, voglio osservare che nel nostro teatro, che vive sotto<br />

la dittatura esclusiva della parola, questo linguaggio di segni e di mimica, questa pantomima<br />

silenziosa, questi atteggiamenti, questi gesti, queste intonazioni obbiettive, in<br />

una parola tutto ciò che io considero specificamente teatrale nel teatro» (ivi, p. 132; corsivi<br />

miei).<br />

54 A. Artaud, Oeuvres cit., IV, p. 82.<br />

55 «Sostengo che la scena è un luogo fisico e concreto che esige di essere riempito e di<br />

poter parlare il suo linguaggio concreto» (A. Artaud, Il teatro cit., p. 130). E poco dopo: «Mi

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