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I VIAGGI DI GULLIVER.pdf

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vendicato di me, tanto più che quello era già il secondo tiro che mi faceva. Un<br />

giorno infatti la regina, avendo succhiato il midollo di un osso, aveva posato<br />

questo ritto sul piatto, ed ecco il nano afferrarmi, stringermi le gambe e<br />

infilarmi nell'osso fino al collo. Non volendo gridare per non attirare<br />

l'attenzione sulla mia ridicola posizione, dovetti restar così parecchi minuti; per<br />

fortuna quei principi non mangiano le loro pietanze troppo bollenti, altrimenti<br />

mi sarei bruciato le gambe. Fui estratto dall'osso sano e salvo; tutti risero ed io<br />

chiesi grazia per il nano.<br />

La regina mi canzonava spesso per la mia vigliaccheria e mi domandava se<br />

nel mio paese erano tutti paurosi come me: ciò specialmente quando vedeva il<br />

timore che io avevo delle mosche, che non mi lasciavano mai in pace. La reggia<br />

era infestata da codeste bestiacce, grosse come le nostre allodole di Dunstable,<br />

che mi stordivano col loro ronzio e, gettandosi sui miei cibi come tante arpie, vi<br />

lasciavano le loro uova e i loro escrementi che io distinguevo benissimo: talora<br />

mi si posavano anche sul naso, bucandomi ferocemente, e il loro puzzo era<br />

spaventevole; allora scorgevo anche la traccia di quella sostanza vischiosa per<br />

mezzo della quale codesti insetti hanno, secondo i nostri scienziati, la capacità<br />

di camminare sul soffitto. Avendo visto il mio ribrezzo per le mosche, il nano si<br />

divertiva a tenerne chiuse parecchie in una mano, come fanno i nostri monelli, e<br />

lasciarle andare tutte insieme per farmi paura e divertire la regina; io mi<br />

sfogavo a tagliare a pezzi con la mia sciabola gli alati nemici, e la bravura che<br />

dimostravo in codesta caccia destava la generale ammirazione.<br />

Una mattina che la mia balietta, per farmi prendere un po' d'aria, aveva<br />

posato la mia casetta sul davanzale d'una finestra (poiché non permisi mai che<br />

l'attaccassero a un chiodo, fuori, come la gabbia d'un uccello) io apersi uno dei<br />

miei finestrini e, sedutomi a tavola, cominciai a mangiare una bella torta<br />

inzuccherata. Ecco, a un tratto, delle vespe entrare nella mia casa, ronzando<br />

forte come una piccola orchestra di cornamuse; alcune si posarono sulla torta e<br />

se la mangiarono, le altre cominciarono a volarmi intorno alla faccia. Riavutomi<br />

dalla sorpresa, mi alzai e le assalii a sciabolate: in un momento ne ammazzai<br />

quattro, le altre fuggirono ed io mi affrettai a richiuder la finestra.<br />

Codesti insetti erano grossi come pernici: i loro pungiglioni, che io estrassi,<br />

erano lunghi un pollice e acuti come aghi. Ne conservai quattro che portai in<br />

Europa con altre curiosità; in seguito ne regalai tre al collegio di Gresham,<br />

conservando per me l'ultimo.<br />

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