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I VIAGGI DI GULLIVER.pdf

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seggiola su cui sedevo; e vicino alla tavola grande, ritta su uno sgabello per<br />

potermi servire, stava Glumdalclitch. Avevo un servito completo, d'argento, che<br />

stava tutto in una scatola come quelle che in Inghilterra contengono i serviti per<br />

le bambole, e Glumdalclitch la portava in tasca.<br />

La regina usava pranzare con le sue figliuole, una delle quali aveva sedici<br />

anni, l'altra tredici. Sua maestà prendeva dai suoi vassoi un boccone e lo<br />

metteva nel mio piatto, dove io lo tagliavo col mio coltello, con grande<br />

divertimento delle principessine. Quanto a me, i colossali bocconi che prendeva<br />

la regina (la quale pure aveva uno stomaco delicatissimo) mi producevano un<br />

involontario disgusto. Dodici dei nostri contadini si sarebbero levati l'appetito<br />

con uno di quei bocconi. Essa masticava, con l'osso e tutto, un'ala di allodola<br />

grossa nove volte l'ala d'un tacchino, accompagnandola con un boccone di pane<br />

grosso come due pani da dodici soldi. Essa vuotava in un sorso un bicchiere<br />

d'oro grande come una botte. Cucchiai, forchette e ogni altro oggetto da tavola<br />

erano in proporzione; i coltellini erano grossi il doppio delle nostre sciabole.<br />

Una volta fui condotto dalla mia balietta a vedere una delle tavole della servitù,<br />

e confesso che lo spettacolo di quei dieci o dodici coltelli e altrettante forchette<br />

in movimento, mi fece raccapricciare.<br />

Ogni mercoledì, giorno di festa in quel paese come altra volta ho avvertito,<br />

tutta la famiglia reale pranzava insieme nell'appartamento del sovrano, il quale,<br />

in questa circostanza, per segno d'amicizia, si faceva mettere la mia tavola e la<br />

mia seggiola alla sua sinistra, davanti a una saliera; poi si compiaceva di<br />

discutere con me e d'informarsi sui costumi, le leggi, le religioni, i governi e le<br />

lettere d'Europa. Io gli rispondevo meglio che potevo. Egli aveva tanta<br />

penetrazione e tale buon senso che su tutto quanto gli dicevo faceva qualche<br />

saggia riflessione.<br />

Una volta però, essendomi disteso un po' troppo nel parlare della mia cara<br />

patria, del suo gran commercio, delle nostre sette religiose e politiche, il re,<br />

trascinato certo dai pregiudizi della sua educazione, alzandomi con una mano<br />

mi diede con l'altra qualche scappellotto, e scoppiando dal ridere mi domandò<br />

se ero un whig o un tory. Poi, voltandosi verso il suo primo ministro, che gli<br />

stava dietro le spalle e aveva in mano un bastone bianco alto quasi come<br />

l'albero maestro del Royal Sovereign, esclamò:<br />

«Ohimé, quanto poco vale l'umana grandezza, poiché anche dei vili insetti<br />

possono imitarla così! E dire che anch'essi hanno fra di loro delle classi e dei<br />

gradi, degli straccetti con cui si adornano, delle gabbie, delle scatole, anzi dei<br />

buchi che chiamano case e palazzi; e livree, equipaggi, titoli, cariche, mestieri,<br />

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