I VIAGGI DI GULLIVER.pdf

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29.05.2013 Views

padrone per vedermi. Siccome quel paese è popolato come l'Inghilterra, ogni giorno avevo più di trenta visitatori con le mogli e i figli; e il padrone quando mi mostrava al suo domicilio chiedeva sempre il prezzo di una camerata completa, anche per una famiglia sola. Perciò non riposavo mai, pur se non andavo alla città, a eccezione del mercoledì, che sarebbe la loro domenica. Due mesi dopo il mio arrivo, il padrone, facendo il conto del profitto che gli avevo procurato, pensò di portarmi a mostra per le maggiori città del reame, e fornitosi di tutto ciò che abbisognava per un lungo viaggio, regolati i suoi piccoli affari e salutata la moglie, partì con me per la capitale posta verso il centro dell'impero, a quasi mille e cinquecento leghe dalla nostra casa. Era il 17 agosto 1703. Il padrone portava la figliola in sella dietro di sé ed essa mi teneva in una scatola che portava a tracolla, foderata con la stoffa più fine che avesse potuto trovare. Il padrone aveva fatto il disegno di farmi vedere lungo la strada, in tutte le città, borgate e villaggi un po' importanti, e di fermarsi anche nei castelli signorili che non lo distogliessero troppo dal suo itinerario. Siccome Glumdalclitch, per risparmiarmi un po' di fatica, si lamentava che il trotto del cavallo le dava noia, marciavamo a piccole tappe, non maggiori cioé di ottanta o cento leghe. Ogni tanto essa mi tirava fuori dalla cassa per farmi prendere un po' d'aria e permettermi di vedere il paese, ma mi teneva sempre forte per il vestito. Passammo durante il viaggio cinque o sei fiumi, più larghi e profondi del Nilo o del Gange, e parecchi ruscelli, ognuno dei quali era più largo del Tamigi al Ponte di Londra. Durante tre settimane di viaggio, fui esposto al pubblico in diciotto grandi città oltre a molti villaggi e a qualche castello. Arrivammo il 26 ottobre a Lorbrulgrud, ossia L'orgoglio dell'universo, che è la loro capitale. Il padrone prese in affitto un quartiere nella strada principale, poco lungi dal palazzo reale e, al solito, fece distribuire dei manifesti dove si faceva una mirabolante descrizione della mia persona e delle mie prodezze. In una grande sala larga tre o quattrocento piedi, preparò una tavola di sessanta piedi di diametro e la circondò di una ringhiera perché non potessi cadere. Qui dovevo fare i miei esercizi. Si dava rappresentazione dieci volte al giorno e tutta la popolazione stupiva e andava in solluchero. Conoscendo ormai discretamente la loro lingua, comprendevo benissimo ciò che dicevano di me. Avevo anche imparato il loro alfabeto, cosicché potevo, non senza fatica, leggere anche i loro libri; tanto in casa di suo padre quanto durante il viaggio Glumdalclitch m'aveva dato frequenti lezioni, servendosi d'un suo librettino tascabile un po' 89

più grande d'un nostro atlante(22). Era una specie di catechismo riassumente i principali dogmi della loro religione, e la bimba prima m'insegnò sopra di esso le lettere dell'alfabeto, poi mi spiegò il senso delle parole. (22) Nel testo: l'Atlante di Sanson: grosso atlante geografico di quel tempo. 90

più grande d'un nostro atlante(22). Era una specie di catechismo riassumente i<br />

principali dogmi della loro religione, e la bimba prima m'insegnò sopra di esso<br />

le lettere dell'alfabeto, poi mi spiegò il senso delle parole.<br />

(22) Nel testo: l'Atlante di Sanson: grosso atlante geografico di quel tempo.<br />

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