I VIAGGI DI GULLIVER.pdf

I VIAGGI DI GULLIVER.pdf I VIAGGI DI GULLIVER.pdf

writingreading.org
from writingreading.org More from this publisher
29.05.2013 Views

fino a che non toccai terra di nuovo. In meno di mezz'ora arrivai vicino alla flotta nemica. I blefuscudiani furono così atterriti al solo vedermi, che si gettarono fuori dai loro vascelli come tanti ranocchi, e si misero in salvo sulla terra ferma; giudicai che fossero in numero di circa trentamila. Allora misi mano alle mie funi, attaccai un gancio alla prua di ciascun vascello e passai una fune in ogni gancio. Durante il mio lavoro fui fatto segno a una scarica di molte migliaia di frecce, parecchie delle quali mi colpirono al viso e alle mani, producendomi un gran dolore e disturbandomi non poco. Ma più che altro temevo forte per i miei occhi, che l'avrebbero veramente vista brutta se non avessi fatto appello all'espediente di tirar fuori gli occhiali dal mio taschino segreto che, come ho detto, era sfuggito ai mandatari dell'imperatore, e attaccarmeli sul naso più solidamente che potei. Così provvisto e difeso potei proseguire l'impresa senza curarmi della grandine di strali che mi cadeva addosso, perché battendo sui vetri degli occhiali non potevano far altro che scompormeli alquanto sul naso. Attaccati tutti i ganci, cominciai a tirare, ma invano, perché tutti i vascelli erano ancorati; allora col mio coltellaccio tagliai i cavi che tenevano le ancore, e ciò fatto potei facilmente portar via i cinquanta vascelli più grossi e trascinarli dietro a me. I blefuscudiani non capirono dapprima qual'era il mio disegno; pur tuttavia rimasero sorpresi e sbalorditi vedendomi tagliare i cavi, perché dovettero supporre ch'io volessi abbandonare i loro vascelli in balìa del vento e delle onde, lasciandoli sbatacchiare gli uni contro gli altri. Ma quando poi videro che mi portavo dietro tutta la flotta, cominciarono a gridare con rabbia e disperazione. Percorso un tratto di mare e giunto fuori della portata dei loro archi, mi fermai un momento per estrarmi tutte le frecce che mi s'erano conficcate nel volto e nelle mani; poi mi unsi con un po' di quell'unguento che, come ricorderete, mi avevano dato i lillipuziani al mio primo arrivo nell'isola; infine essendomi levati gli occhiali, mi avanzai di nuovo verso il porto imperiale di Lilliput trascinando la mia preda. L'imperatore con tutta la corte attendeva con ansia l'esito della grande impresa. Stando sulla spiaggia del mare, essi vedevano venire da lontano una flotta disposta in forma d'un'immensa mezza luna, ma non potevano accorgersi che ero io a trascinarla verso di loro, perché l'acqua m'arrivava al collo. L'imperatore anzi credette che io fossi rimasto ucciso e che la flotta nemica s'avanzasse per compiere uno sbarco. Ma i suoi timori scomparvero ben presto, poiché non appena cominciai a sentire la terraferma, mi rizzai in piedi, e allora 53

la mia testa apparve al di sopra di tutta la flotta e si sentì la mia voce gridare con forza: «Viva il potentissimo imperatore di Lilliput!» Al mio arrivo ebbi dal sovrano infiniti elogi e sui due piedi mi fu conferito il titolo di Nardac, il più onorifico che esista fra loro. In seguito sua maestà mi pregò di pensare alla maniera di portare nel suo porto tutti gli altri vascelli del nemico. Codesto ambiziosissimo sovrano pretendeva nientemeno che d'impadronirsi di tutto l'impero di Blefuscu, di trasformarlo in una propria provincia, governata da un suo viceré, di uccidere tutti i profughi grossapuntisti, e infine di costringere tutti i suoi popoli ad aprire le uova dalla punta stretta, restando così solo monarca in tutto il mondo. Ma io cercai dissuadernelo con alquanti ragionamenti fondati sulla politica e sulla giustizia, e finii col dichiarare francamente che non mi sarei mai prestato a diventare uno strumento di oppressione contro un popolo libero, nobile e valoroso. La parte più saggia del consiglio, al quale fu sottomesso questo affare, si dichiarò del mio parere. Però la franchezza e l'ardire della mia dichiarazione contrastavano tanto ai disegni politici dell'imperatore, che egli non poté mai perdonarmela, e anche nel consiglio ne parlò in modo alquanto ambiguo. Molti dei più prudenti consiglieri, a quanto seppi di poi, attestarono col loro silenzio d'essere del mio parere, ma altri, che segretamente mi odiavano, si lasciarono scappare qualche allusione che indirettamente poteva nuocermi. D'allora in poi, tra l'imperatore e una parte dei ministri si formò una specie di complotto contro di me, che circa due mesi dopo si rivelò apertamente e minacciò di perdermi; tanto è vero che i più importanti servigi resi a un sovrano pesano ben poco sulla bilancia, in confronto di un rifiuto opposto ai loro ciechi desideri. Tre settimane circa dopo la mia brillante spedizione, arrivò una solenne ambasciata da Blefuscu con proposte di pace. Essa era composta di sei dignitari con un seguito di cinquecento persone, e il loro ingresso fu splendido come si conveniva alla potenza del loro sovrano e all'importanza del loro negozio. Il trattato di pace fu presto stipulato a condizioni assai vantaggiose per l'imperatore di Lilliput. Fatta la pace, alla quale anch'io avevo un po' contribuito, gli ambasciatori, che erano stati segretamente informati dei servigi da me resi alla loro nazione, mi fecero una visita solenne: mi espressero ogni sorta di complimenti per il mio valore e la mia magnanimità, mi pregarono di fornir loro qualche prova di quella forza prodigiosa di cui avevan sentito narrare tante meraviglie; e quando li ebbi contentati, ne rimasero soddisfattissimi. Io li pregai di presentare i miei più rispettosi omaggi a sua maestà blefuscudiana, di cui tutto l'universo conosceva le splendide virtù, e dissi che avevo desiderio di 54

fino a che non toccai terra di nuovo. In meno di mezz'ora arrivai vicino alla<br />

flotta nemica.<br />

I blefuscudiani furono così atterriti al solo vedermi, che si gettarono fuori dai<br />

loro vascelli come tanti ranocchi, e si misero in salvo sulla terra ferma; giudicai<br />

che fossero in numero di circa trentamila. Allora misi mano alle mie funi,<br />

attaccai un gancio alla prua di ciascun vascello e passai una fune in ogni gancio.<br />

Durante il mio lavoro fui fatto segno a una scarica di molte migliaia di<br />

frecce, parecchie delle quali mi colpirono al viso e alle mani, producendomi un<br />

gran dolore e disturbandomi non poco. Ma più che altro temevo forte per i miei<br />

occhi, che l'avrebbero veramente vista brutta se non avessi fatto appello<br />

all'espediente di tirar fuori gli occhiali dal mio taschino segreto che, come ho<br />

detto, era sfuggito ai mandatari dell'imperatore, e attaccarmeli sul naso più<br />

solidamente che potei. Così provvisto e difeso potei proseguire l'impresa senza<br />

curarmi della grandine di strali che mi cadeva addosso, perché battendo sui<br />

vetri degli occhiali non potevano far altro che scompormeli alquanto sul naso.<br />

Attaccati tutti i ganci, cominciai a tirare, ma invano, perché tutti i vascelli erano<br />

ancorati; allora col mio coltellaccio tagliai i cavi che tenevano le ancore, e ciò<br />

fatto potei facilmente portar via i cinquanta vascelli più grossi e trascinarli<br />

dietro a me.<br />

I blefuscudiani non capirono dapprima qual'era il mio disegno; pur tuttavia<br />

rimasero sorpresi e sbalorditi vedendomi tagliare i cavi, perché dovettero<br />

supporre ch'io volessi abbandonare i loro vascelli in balìa del vento e delle<br />

onde, lasciandoli sbatacchiare gli uni contro gli altri. Ma quando poi videro che<br />

mi portavo dietro tutta la flotta, cominciarono a gridare con rabbia e<br />

disperazione. Percorso un tratto di mare e giunto fuori della portata dei loro<br />

archi, mi fermai un momento per estrarmi tutte le frecce che mi s'erano<br />

conficcate nel volto e nelle mani; poi mi unsi con un po' di quell'unguento che,<br />

come ricorderete, mi avevano dato i lillipuziani al mio primo arrivo nell'isola;<br />

infine essendomi levati gli occhiali, mi avanzai di nuovo verso il porto<br />

imperiale di Lilliput trascinando la mia preda.<br />

L'imperatore con tutta la corte attendeva con ansia l'esito della grande<br />

impresa. Stando sulla spiaggia del mare, essi vedevano venire da lontano una<br />

flotta disposta in forma d'un'immensa mezza luna, ma non potevano accorgersi<br />

che ero io a trascinarla verso di loro, perché l'acqua m'arrivava al collo.<br />

L'imperatore anzi credette che io fossi rimasto ucciso e che la flotta nemica<br />

s'avanzasse per compiere uno sbarco. Ma i suoi timori scomparvero ben presto,<br />

poiché non appena cominciai a sentire la terraferma, mi rizzai in piedi, e allora<br />

53

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!