I VIAGGI DI GULLIVER.pdf
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compiere un'opera tanto difficile. «Cercherò» conclusi «di salvare questa mia miserabile vita, e se mai potrò tornare in patria, mi sforzerò d'esser utile ai miei concittadini, facendo loro conoscere le virtù degli illustri houyhnhnms, portandole come esempio a tutto il genere umano.» Padron Cavallo mi rispose gentilmente che mi concedeva due mesi per costruire la barca, e ordinò al sauro mio amico (posso osare di chiamarlo così, ora che sono a tanta distanza dal suo paese) di fare quanto gli insegnassi; infatti ritenevo che il suo aiuto dovesse bastarmi ed ero sicuro del suo affetto per me. Per prima cosa andai con lui verso quel punto della costa dove ero stato deposto dai miei marinai ribelli. Salii sopra una collina e, scrutando il mare per ogni verso, credetti di scorgere verso nord-est un'isoletta; col mio cannocchiale potei distinguerla chiaramente e calcolai che si trovasse a cinque leghe di distanza. Il cavallo la scambiava per una nuvola, perché non concepiva che esistessero altre terre oltre la sua, e la sua vista, meno acuta della nostra che è avvezza a esplorare l'orizzonte marino, non distingueva gli oggetti lontani sul mare. Fatta codesta scoperta, non mi curai d'altro, avendo deciso di sceglierla come prima stazione del mio esilio, affidando il resto alla fortuna. Tornato a casa, dopo essermi consultato col mio compagno, ci recammo in una vicina foresta dove tagliammo molti rami di quercia, grossi presso a poco come bastoni da passeggio, oltre qualche pezzo più grosso. Io mi servivo del coltello e il sauro d'una pietra tagliente provvista di un manico. Per non tediare il lettore, dirò soltanto che, con l'aiuto del cavallo, in sei settimane costruii una specie di piroga indiana, ma molto più larga, le cui pareti erano formate da pelli di iahù cucite insieme. Con la stessa sostanza fabbricai anche una vela, scegliendo per questo scopo le pelli di tre iahù giovani, perché quelle dei vecchi sarebbero state troppo pesanti e rigide; mi fabbricai anche quattro remi e mi provvidi di molta carne affumicata di conigli e d'uccelli, d'un vaso pieno d'acqua e d'uno di latte. Avendo provato la piroga in uno stagno, ne corressi tutti i difetti, tappai le fessure con sugna di iahù e cercai di ridurla tale da portarmi sano e salvo col mio piccolo carico; poi la misi sopra un carro e la feci tirare fino alla spiaggia da alcuni iahù, sotto la guida del sauro e di un altro servo. Giunto il dì della partenza e ben preparata ogni cosa, salutai il padrone, la padrona e tutta la famiglia con gli occhi pieni di pianto e il cuore trafitto. Ma padron Cavallo, fosse curiosità, fosse amicizia (se non è vanità da parte mia parlar così), volle accompagnarmi con molti suoi vicini fino alla spiaggia per 233
vedermi imbarcare. Dovetti aspettare un'ora a causa della marea, finché, essendosi alzato un vento favorevole per navigare verso l'isola designata, mi congedai per l'ultima volta dal mio padrone; e siccome stavo per inginocchiarmi davanti a lui al fine di baciargli i piedi, egli si degnò d'alzare il suo zoccolo destro anteriore fino alla mia bocca. So bene che sarò molto criticato per aver riferito questa circostanza, e che i miei detrattori non vorranno mai credere a tanta benevolenza da parte di un sì alto personaggio verso un'abietta creatura com'io sono. Ammetto che i viaggiatori siano generalmente propensi a vantare gli straordinari favori ricevuti; ma i miei censori si convincerebbero della mia veridicità se conoscessero meglio il carattere generoso e gentile degli houyhnhnms. Dopo avere rispettosamente salutato anche gli amici del mio padrone che lo avevano accompagnato, entrai nella mia piroga e mi staccai dalla riva. 234
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essendosi alzato un vento favorevole per navigare verso l'isola designata, mi<br />
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Dopo avere rispettosamente salutato anche gli amici del mio padrone che lo<br />
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