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I VIAGGI DI GULLIVER.pdf

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di cibo bastevole per cinquanta, essi, invece di mettersi a mangiare in santa<br />

pace, si strappano reciprocamente i capelli e si afferrano per gli orecchi,<br />

sforzandosi ciascuno di prender tutto per sé; tanto che quando mangiano all'aria<br />

aperta bisogna farli sorvegliare da un nostro servitore, e quando sono nella<br />

stalla occorre tenerli legati a una certa distanza l'uno dall'altro.<br />

«Se qualche vacca muore per un accidente o di vecchiaia, e uno houyhnhnm<br />

non fa a tempo a metterla da parte per cibo dei propri iahù, ecco tutti quelli del<br />

vicinato precipitarsi su codesta carogna e ingaggiare una zuffa simile a quelle<br />

che m'avete descritte. Gli iahù si fanno con gli artigli terribili ferite, ma non<br />

riescono quasi mai ad ammazzarsi, perché non hanno quegli strumenti micidiali<br />

di cui m'avete parlato.<br />

«Altra volta gli iahù dei diversi quartieri si abbaruffano senza alcun motivo<br />

apparente; e quelli d'un quartiere sogliono sempre spiare il momento opportuno<br />

per assalire quelli d'un quartiere diverso quando meno se l'aspettano. Se però la<br />

sorpresa non riesce, tornano a casa loro e non potendo sfogarsi coi nemici, si<br />

divertono a fare quella che voi chiamate “guerra civile”.<br />

«In alcune regioni dell'isola si trovano certe pietre luccicanti e variopinte, di<br />

cui gli iahù sono amantissimi; e siccome generalmente quelle pietruzze sono<br />

affondate in terra, essi faticano per molti giorni a scavare con le unghie finché<br />

non le abbiano messe allo scoperto; allora le staccano dal suolo e le vanno a<br />

nascondere con premura nelle loro mangiatoie, stando ben attenti che nessuno<br />

dei loro compagni se ne accorga.<br />

«Non mi è mai riuscito di capire» seguitava padron Cavallo, «il motivo di<br />

codesta strana passione né l'uso ch'essi possano fare di quelle pietruzze; ma mi<br />

pare che ciò si spieghi con un istinto simile a quello dell'avarizia che mi avete<br />

descritto come proprio della specie umana.<br />

«Una volta, per fare un esperimento, portai via di nascosto uno di codesti<br />

tesori. Quando la bestiaccia che l'aveva accumulato se ne accorse, cominciò a<br />

strillar così forte da fare accorrere tutto il branco; allora si mise a mordere e a<br />

graffiare i suoi compagni. Infine il suo furore diede luogo a una specie di<br />

malinconia, e non volle più mangiare né bere né lavorare finché non ordinai a<br />

un mio servitore di rimettere le pietre nel nascondiglio dove stavano prima.<br />

Quando l'iahù ebbe ritrovato il suo tesoro, tornò d'ottimo umore, e d'allora in<br />

poi è stato docile e servizievole: però s'è affrettato a riporre il tesoro in luogo<br />

più nascosto.»<br />

Padron Cavallo mi disse anche, e mi fece osservare coi miei occhi, che più<br />

frequenti e feroci erano le baruffe degli iahù nei territori dove abbondavano<br />

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