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comandò di sedermi non troppo lontano da lui: onore che mi veniva concesso<br />
per la prima volta.<br />
Mi disse allora che, avendo ponderato sulla mia storia e sulla descrizione da<br />
me fatta del mio paese, ne aveva concluso che noi eravamo degli animali ai<br />
quali, per un caso strano e inconcepibile, era stato concesso un piccolo barlume<br />
di ragione. Noi ci eravamo serviti di questa per rendere più gravi i nostri difetti<br />
e per inventarne dei nuovi, che la natura non ci aveva dato; mentre avevamo<br />
perduto quasi tutte le facoltà ch'essa ci aveva concesso. Avendo così<br />
straordinariamente accresciuti i nostri bisogni, dovevamo consumare tutte la<br />
nostre forze per tentare invano di soddisfarli con sempre nuove invenzioni.<br />
Quanto a me era chiaro che non possedevo né la forza né la sveltezza d'un<br />
iahù, che il mio modo di camminare sulle zampe di dietro era difettoso, che i<br />
miei artigli non mi potevano servire né alla difesa né ad alcun altro scopo, che<br />
persino il mio mento aveva perduto il pelo destinato a proteggerlo dal sole e<br />
dalle intemperie; finalmente, che nella corsa come nella capacità<br />
d'arrampicarmi sugli alberi non potevo competere coi «miei fratelli» iahù (così<br />
infatti egli si ostinava a chiamarli).<br />
Quanto ai nostri governi e alle nostre leggi, egli pensava che fossero la<br />
migliore riprova della nostra mancanza di buon senso e di virtù, perché la sola<br />
ragione deve poter governare un animale ragionevole. Egli ci negava perciò<br />
questa qualità, basandosi su quanto gli avevo narrato, nonostante che si fosse<br />
accorto com'io avessi tentato spesso di lasciare nell'ombra parecchi particolari e<br />
di svisare anche la verità per mettere in miglior luce i miei concittadini.<br />
Questa sua opinione gli sembrava tanto più verosimile, in quanto aveva<br />
osservato che, come io somigliavo agli iahù in ogni parte del corpo o quasi (e le<br />
poche eccezioni erano tutte a mio svantaggio, come la minor forza, destrezza e<br />
agilità, la cortezza delle unghie e altre artificiali differenze) così gli usi e i<br />
costumi degli uomini, quali li avevo esposti, mostravano una fondamentale<br />
rassomiglianza con certi costumi e caratteri degli iahù.<br />
Questi, difatti, si odiano reciprocamente molto più che non odino gli altri<br />
animali: fatto che si suole spiegare con la bruttezza fisica, che ciascuno di essi<br />
scorge negli altri iahù, mentre non può vederla in sé medesimo. E perciò padron<br />
Cavallo aveva pensato che fosse stato giudizioso da parte nostra di coprirci il<br />
corpo e di nasconderne artificialmente le deformità per quanto era possibile. Ma<br />
ora si accorgeva che neppure questo ripiego serviva a nulla, perché le cause dei<br />
dissensi fra noi uomini, come fra gli iahù, persistevano egualmente.<br />
«Se per esempio» egli diceva, «si getta in mezzo a cinque iahù una quantità<br />
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