I VIAGGI DI GULLIVER.pdf
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elegante. Mi fregai gli occhi, ma seguitai a vedere gli stessi oggetti; mi diedi dei pizzicotti nelle braccia e nei fianchi per svegliarmi, sperando che fosse tutto un sogno. Infine conclusi di trovarmi di fronte a qualche diavoleria o a un miracolo d'alta magia. Ma prima che terminassero le mie riflessioni, il cavallo riapparve e mi fe' cenno d'entrare con lui nell'ultima sala, dove sopra una lettiera soffice e pulitissima vidi una bella cavalla con un bel puledro e una graziosa puledrella, tutti seduti sui garretti posteriori. La cavalla s'alzò e si avvicinò a me, mi guardò attentamente il viso e le mani, mi lanciò qualche occhiata piena di disprezzo, e rivolgendosi al bigio pomellato, si mise a nitrire. Nei loro discorsi ricomparve ancora la parola iahù, di cui non sapevo ancora il senso, benché fosse la prima della loro lingua che avevo imparato. Ma il funesto significato di codesta parola mi fu presto palese, con grande mia mortificazione, perché il cavallo facendomi cenno con la testa e ripetendo più volte hhuun! hhuun! come aveva fatto per via, mi fece uscire dalla stanza. Fui condotto così in una specie di cortile, dove, a poca distanza dalla casa, era un altro fabbricato. V'entrai, e vidi tre di quelle esose bestie che avevo incontrato nella campagna e di cui ho già fatto la descrizione; erano legate per il collo e mangiavano radici, carne d'asino, di cane e di vacca morti per accidenti o per malattia (come seppi qualche tempo dopo); essi la tenevano fra le unghie e la laceravano coi denti. Il cavallo bigio ordinò allora a un piccolo sauro, che gli faceva da servitore, di slegare la più alta di quelle bestie e di metterla accanto a me. Quindi padrone e servitore ci confrontarono attentamente, e ripeterono più volte la parola iahù. Fui colto da inesprimibile ribrezzo e stupore nell'osservare come quell'esosa bestia avesse tutti i caratteri fisici dell'uomo: per quanto il suo volto fosse largo e schiacciato, il naso camuso, le labbra tumide, la bocca larga, pure questi difetti non erano maggiori di quelli che si trovano in tutti i selvaggi, presso i quali le madri sogliono coricare i loro bimbi col volto contro terra, e portarli poi sulle spalle schiacciando loro il naso contro di queste. Codesto iahù aveva le zampe davanti identiche alle mie mani, salvo che erano più scure, ruvide, pelose e armate di grossi artigli. Anche le sue gambe, purtroppo, somigliavano alle mie, tolte le solite piccole differenze; ma i due cavalli non potevano accorgersene a causa delle scarpe e delle calze che io portavo. E tutto il resto del corpo era uguale al mio, tranne il pelo e il colore della pelle. I due cavalli sembravano straordinariamente perplessi nell'osservare la 187
grande diversità che passava tra certe membra dell'iahù e le mie: non avendo alcun'idea dell'uso dei vestiti, non sapevano spiegarsela. Il sauro mi offerse una radice, tenendola fra lo zoccolo e il garretto: l'annusai, ma dovetti restituirgliela subito, col miglior garbo possibile. Allora andò a prendere sotto la tettoia degli iahù un pezzo di carne di ciuco, sì puzzolente da farmi voltare in là con atto disgustato; l'iahù invece, a cui il pezzo di carne fu gettato, lo mangiò avidamente. Il cavallo mi fece anche vedere un manipolo di fieno e uno staio pieno d'avena, ma scotendo la testa gli feci capire che né l'uno né l'altro erano adatti per me. A dire il vero, cominciavo a temere di dover morire di fame, se non trovavo degli uomini; né per tali potevo contare quei brutti iahù, i quali mi parevano gli esseri più odiosi del mondo, sotto tutti gli aspetti. Eppure a quell'epoca nessuno era più di me amante degli uomini in generale; gusto che mi passò durante la mia permanenza in codesto paese. Accortosi della mia ripulsione per l'iahù, padron Cavallo lo fece rimettere nella stalla. Quindi mi domandò che cosa volevo mangiare, portando alla bocca uno dei piedi anteriori con un gesto così espressivo che mi sorprese, tanto fu naturale e misurato. Ma io non potevo rispondergli con cenni, e quand'anche mi fosse riuscito, come m'avrebbe egli potuto soddisfare? Nel frattempo vidi passare una mucca; subito la indicai col dito, e con qualche gesto molto chiaro feci capire che avevo voglia di mungerla. Il cavallo capì e mi fece rientrare in casa, dove diede ordine a una giumenta, ch'era una sua domestica, di condurmi in una stanza dove stava un gran numero di tegami e di vasi di legno pieni di latte, messi per bene in fila. La giumenta mi porse un bidone pieno di latte, e dopo averlo trangugiato con delizia, mi sentii un altro uomo. Verso il mezzogiorno, ecco arrivare davanti alla casa una specie di carrozza tirata da quattro iahù; dentro stava un vecchio cavallo, dall'aria distinta, il quale, essendosi ferito a una delle zampe davanti, scese servendosi soltanto di quelle posteriori. Ei veniva a pranzo dal cavallo mio padrone, che gli fece festevole accoglienza. Mangiarono insieme nella sala più elegante, e il loro secondo piatto consisté in avena bollita nel latte, che il vecchio cavallo mangiò calda, gli altri fredda. In mezzo alla sala stava una grande rastrelliera, divisa in tanti scompartimenti quanti erano i commensali, sì che ciascun cavallo o cavalla mangiava separatamente la sua porzione di fieno o d'avena al latte con molta regolarità e pulizia. Essi stavano tutti seduti su pagliericci disposti intorno alla rastrelliera, in modo da formare una lettiera circolare, suddivisa anch'essa in 188
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elegante. Mi fregai gli occhi, ma seguitai a vedere gli stessi oggetti; mi diedi dei<br />
pizzicotti nelle braccia e nei fianchi per svegliarmi, sperando che fosse tutto un<br />
sogno. Infine conclusi di trovarmi di fronte a qualche diavoleria o a un miracolo<br />
d'alta magia.<br />
Ma prima che terminassero le mie riflessioni, il cavallo riapparve e mi fe'<br />
cenno d'entrare con lui nell'ultima sala, dove sopra una lettiera soffice e<br />
pulitissima vidi una bella cavalla con un bel puledro e una graziosa puledrella,<br />
tutti seduti sui garretti posteriori. La cavalla s'alzò e si avvicinò a me, mi guardò<br />
attentamente il viso e le mani, mi lanciò qualche occhiata piena di disprezzo, e<br />
rivolgendosi al bigio pomellato, si mise a nitrire. Nei loro discorsi ricomparve<br />
ancora la parola iahù, di cui non sapevo ancora il senso, benché fosse la prima<br />
della loro lingua che avevo imparato. Ma il funesto significato di codesta parola<br />
mi fu presto palese, con grande mia mortificazione, perché il cavallo facendomi<br />
cenno con la testa e ripetendo più volte hhuun! hhuun! come aveva fatto per<br />
via, mi fece uscire dalla stanza.<br />
Fui condotto così in una specie di cortile, dove, a poca distanza dalla casa,<br />
era un altro fabbricato. V'entrai, e vidi tre di quelle esose bestie che avevo<br />
incontrato nella campagna e di cui ho già fatto la descrizione; erano legate per il<br />
collo e mangiavano radici, carne d'asino, di cane e di vacca morti per accidenti<br />
o per malattia (come seppi qualche tempo dopo); essi la tenevano fra le unghie<br />
e la laceravano coi denti.<br />
Il cavallo bigio ordinò allora a un piccolo sauro, che gli faceva da servitore,<br />
di slegare la più alta di quelle bestie e di metterla accanto a me. Quindi padrone<br />
e servitore ci confrontarono attentamente, e ripeterono più volte la parola iahù.<br />
Fui colto da inesprimibile ribrezzo e stupore nell'osservare come quell'esosa<br />
bestia avesse tutti i caratteri fisici dell'uomo: per quanto il suo volto fosse largo<br />
e schiacciato, il naso camuso, le labbra tumide, la bocca larga, pure questi<br />
difetti non erano maggiori di quelli che si trovano in tutti i selvaggi, presso i<br />
quali le madri sogliono coricare i loro bimbi col volto contro terra, e portarli poi<br />
sulle spalle schiacciando loro il naso contro di queste.<br />
Codesto iahù aveva le zampe davanti identiche alle mie mani, salvo che<br />
erano più scure, ruvide, pelose e armate di grossi artigli. Anche le sue gambe,<br />
purtroppo, somigliavano alle mie, tolte le solite piccole differenze; ma i due<br />
cavalli non potevano accorgersene a causa delle scarpe e delle calze che io<br />
portavo. E tutto il resto del corpo era uguale al mio, tranne il pelo e il colore<br />
della pelle.<br />
I due cavalli sembravano straordinariamente perplessi nell'osservare la<br />
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