I VIAGGI DI GULLIVER.pdf
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Il governatore e la sua famiglia si fanno servire da domestici veramente di nuovo genere. Con la loro scienza negromantica, costui può evocare i morti e costringerli a stare al suo servizio per 24 ore e non più. Lo stesso spirito non può essere evocato più d'una volta ogni tre mesi, tranne circostanze eccezionali. Sbarcammo nell'isola alle 11 antimeridiane, e uno dei due gentiluomini che m'accompagnavano si recò dal governatore per annunziargli che uno straniero desiderava rendere omaggio a sua altezza. Ottenuto il permesso, entrammo tutti e tre nella corte del palazzo, passando attraverso una doppia fila di soldati, la fisionomia dei quali aveva qualche cosa di misterioso che mi produceva un inesprimibile terrore. Essi erano armati e vestiti con fogge antiche. Molti servitori dello stesso genere affollavano gli appartamenti che attraversammo prima di giungere alla sala del governatore. Dopo che avemmo fatti tre profondi inchini, fummo da lui invitati a sedere su tre sgabelletti ai piedi del suo trono. Egli conosceva la lingua balnibarbese, così che poté farmi varie domande intorno ai miei viaggi; e per dimostrarmi sempre maggior confidenza, accennò col dito a tutti i circostanti d'allontanarsi. Sull'istante, con immenso mio stupore, essi sparirono tutti come le ombre nei sogni. Ero molto spaventato, ma il governatore mi rassicurò: del resto i miei compagni, avvezzi a simili bagattelle, non si scomponevano; sicché ripresi un po' di coraggio e feci a sua altezza il racconto delle mie peregrinazioni, non senza interrompermi di tanto in tanto per guardare dietro le mie spalle, dove avevo visto sparire i fantasmi. Il governatore mi fece l'onore di tenermi a pranzo con sé, facendoci servire da un'altra torma di spettri: però questa volta la mia paura era alquanto scemata. Alzatici da tavola al tramonto, pregai sua altezza di esimermi dal dormire nel suo palazzo, come mi aveva invitato a fare. Andai invece coi miei amici a dormire nella città vicina, ch'era la capitale dell'isola. Però la mattina dopo tornammo a far visita al governatore, e così trascorremmo una diecina di giorni a Glubbdubdrib, stando il più del giorno dal governatore, e la notte dormendo all'albergo. M'ero così avvezzo a vedere i fantasmi, che non mi facevano più paura, o ad ogni modo questa era sempre minore della curiosità. Una volta il governatore mi s'offerse di fare apparire tutti quei morti che io avessi nominati, e di costringerli a rispondere a tutte le mie domande, purché si riferissero soltanto a fatti del loro tempo; e mi garantì che avrebbero risposto la pura verità, perché nell'altro mondo non si coltiva il talento della bugia. Accettai, ringraziandolo umilmente di tanta cortesia. 161
Già che stavamo in una sala che dominava il parco offrendoci un vastissimo panorama, il mio primo impulso fu di godermi qualche scena pomposa e spettacolosa; così che chiesi che fosse evocato Alessandro Magno alla testa del suo esercito, come si trovava dopo la battaglia d'Arbela. Ed ecco, a un cenno del governatore, apparire immediatamente il gran re nell'immenso prato sottostante alla nostra finestra. Egli fu invitato a salire là dove eravamo. Stentai molto a capire il suo greco, perché conosco piuttosto male quella lingua; tuttavia ricordo che m'assicurò in parola d'onore di non essere morto avvelenato, ma d'essere stato vittima d'un febbrone cagionatogli dall'eccesso del bere. Vidi poi Annibale durante la traversata delle Alpi; egli mi giurò di non aver mai portato con sé neppure una gocciola d'aceto. Vidi anche Cesare e Pompeo al comando dei rispettivi eserciti sul punto di combattere, e assistei al trionfo del primo di loro due. Volli poi contemplare, in una gran sala, il senato romano adunato da una parte, e una moderna assemblea legislativa dall'altra. Quello mi fece l'impressione d'una adunanza di eroi e di semidei; questa m'aveva tutto l'aspetto d'una accolta di facchini, di borsaiuoli, di briganti da strada e di bravacci. Domandai al governatore di poter parlare con Cesare e con Bruto: egli li fece venire avanti, e la vista di Bruto m'empì d'ammirazione, tanto ogni suo tratto esprimeva l'indomabile coraggio, la grande fermezza, il sincero amor di patria, e insieme un cuore umanissimo. M'accorsi con molto piacere che quei due grandi personaggi andavano perfettamente d'accordo; anzi Cesare disse che tutte le sue gloriose imprese erano da meno di quella che compì Bruto quando l'ammazzò. Con Bruto parlai a lungo, ed ei mi disse che passava tutto il tempo insieme col suo avo Giunio, con Socrate, Epaminonda, Catone il Censore e Tommaso Moro, formando un sestumvirato a cui tutte le epoche del mondo avrebbero difficilmente potuto aggiungere un settimo membro. Ma temo di seccare il lettore citando il nome di tutti i grandi uomini ch'io feci evocare per soddisfare l'insaziabile curiosità di vedere sfilare sotto i miei occhi tutte le antiche età, divertendomi specialmente a far la conoscenza, da una parte, dei tiranni, usurpatori e macellatori di popoli, e dall'altra dei liberatori delle nazioni oppresse. Ma sarebbe assai difficile far capire a chi legge tutta la soddisfazione da me allora provata. 162
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può essere evocato più d'una volta ogni tre mesi, tranne circostanze eccezionali.<br />
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po' di coraggio e feci a sua altezza il racconto delle mie peregrinazioni, non<br />
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da un'altra torma di spettri: però questa volta la mia paura era alquanto scemata.<br />
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suo palazzo, come mi aveva invitato a fare. Andai invece coi miei amici a<br />
dormire nella città vicina, ch'era la capitale dell'isola. Però la mattina dopo<br />
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all'albergo. M'ero così avvezzo a vedere i fantasmi, che non mi facevano più<br />
paura, o ad ogni modo questa era sempre minore della curiosità.<br />
Una volta il governatore mi s'offerse di fare apparire tutti quei morti che io<br />
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riferissero soltanto a fatti del loro tempo; e mi garantì che avrebbero risposto la<br />
pura verità, perché nell'altro mondo non si coltiva il talento della bugia.<br />
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