I VIAGGI DI GULLIVER.pdf

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29.05.2013 Views

infine, uno di essi mi diresse la parola in una lingua chiara, elegante e dolce, dall'accento vagamente simile all'italiano; sicché io risposi loro appunto in italiano, sperando che il suono ne sarebbe più gradito ai loro orecchi. Ma non ci intendevamo affatto. Comunque essi compresero il disagio della mia posizione, sicché, fattomi segno di scendere dalla roccia e di andare verso la riva del mare, fecero abbassare un altro poco l'isola, finché poterono calare dalla galleria inferiore una catena, con uno sgabelletto attaccato. Sedutomi su questo arnese, in pochi istanti fui tirato su per mezzo d'un arganello. 133

CAPITOLO II. I laputiani e loro costumi, idee e conoscenze – Il re e la sua corte: accoglienza che vi trova l'autore – Timori di quegli abitanti, e carattere delle loro donne. Una folla di gente assisteva al mio arrivo; i personaggi che sembravano di maggiore autorità furono i primi a venirmi incontro. Essi mi guardavano con meraviglia, che era perfettamente ricambiata, perché non avevo mai visto una razza di mortali così straordinaria per l'aspetto, i vestiti e il contegno. Alcuni di loro avevano la testa inclinata a destra, altri a sinistra, e i loro occhi erano voltati l'uno verso il naso, l'altro verso il cielo; sui vestiti portavano ricamate le figure del sole, della luna e delle stelle, mescolate con quelle di vari strumenti musicali, come violini, arpe, trombe, chitarre, clavicembali e altri strumenti sconosciuti fra noi. Alcuni di loro erano seguiti da persone che sembravano al loro servizio, ciascuna delle quali portava una vescica attaccata alla punta di una bacchetta, dentro a cui stavano, come seppi dipoi, molti fagioli secchi o sassolini; con queste vesciche picchiavano ogni tanto la bocca o gli orecchi del loro padrone, né da prima potei indovinarne la ragione. Sembra che codesta gente sia tanto immersa nelle sue profonde meditazioni da trovarsi in uno stato di perpetua distrazione, dimodoché nessuno può parlare né udire i discorsi altrui se qualche impressione esterna non viene a scuotere i suoi organi vocali o uditivi. Perciò le persone benestanti hanno sempre seco un domestico battitore (o climénole, come essi lo chiamano) il quale ne risveglia l'attenzione: né escono mai di casa senza di lui. Il battitore ha l'incarico, quando due o tre persone si trovano insieme, di colpire via via con la vescica la bocca di colui che deve parlare, quindi l'orecchia destra di colui o di coloro a cui è diretto il discorso. Né riesce meno utile il battitore al proprio padrone durante le sue passeggiate, col dargli dei piccoli colpi sugli occhi quando quegli sta per cadere in un precipizio o per batter la testa in un palo, o per urtare qualcuno o per essere spinto in un fossato. Questa spiegazione era opportuna per non lasciare il lettore nella perplessità in cui io stesso mi trovai nell'osservare il contegno di codesta gente, mentre venivo condotto alla sommità dell'isola dove era il palazzo reale. Mentre vi salivamo, costoro si scordarono parecchie volte di ciò che dovevano fare e mi 134

infine, uno di essi mi diresse la parola in una lingua chiara, elegante e dolce,<br />

dall'accento vagamente simile all'italiano; sicché io risposi loro appunto in<br />

italiano, sperando che il suono ne sarebbe più gradito ai loro orecchi. Ma non ci<br />

intendevamo affatto.<br />

Comunque essi compresero il disagio della mia posizione, sicché, fattomi<br />

segno di scendere dalla roccia e di andare verso la riva del mare, fecero<br />

abbassare un altro poco l'isola, finché poterono calare dalla galleria inferiore<br />

una catena, con uno sgabelletto attaccato. Sedutomi su questo arnese, in pochi<br />

istanti fui tirato su per mezzo d'un arganello.<br />

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