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I VIAGGI DI GULLIVER.pdf

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Il 5 agosto 1706 salpammo le ancore, e l'11 aprile 1707 arrivammo al forte<br />

di San Giorgio, dove ci trattenemmo tre settimane per dare un po' di riposo alla<br />

nostra gente, quasi tutta malata. Di là andammo al Tonchino, e il capitano<br />

dovette trattenersi colà qualche tempo, già che la maggior parte delle merci che<br />

intendeva comprare non sarebbe stata pronta prima di alcuni mesi. Intanto, per<br />

rivalersi un po' delle perdite di questo ritardo, comprò un bastimentino, lo empì<br />

di quelle mercanzie di cui i Tonchinesi sogliono fare traffico con le isole vicine,<br />

vi mise quaranta uomini d'equipaggio, fra i quali tre indigeni, e me ne nominò<br />

capitano con l'incarico di navigare per suo conto durante la sua obbligatoria<br />

permanenza al Tonchino.<br />

Dopo tre giorni ch'eravamo in alto mare, una gran tempesta ci fece<br />

allontanare per altri cinque giorni verso nord-nord-est, e quindi verso est: poi il<br />

mare s'abbonì, ma il vento d'ovest seguitò a soffiare gagliardamente. Dopo dieci<br />

giorni, due navi pirata ci diedero la caccia e presto ci raggiunsero, poiché il mio<br />

bastimentino, sovraccarico, si moveva appena, né avevamo armi per difenderci.<br />

I pirati vennero all'arrembaggio e invasero il bastimento, ma siccome,<br />

secondo il mio consiglio, eravamo tutti distesi pancia a terra non ci fecero male,<br />

e si contentarono di legarci; quindi, tenendoci guardati a vista, cominciarono a<br />

frugare nella stiva.<br />

Fra costoro era un olandese che, pur non comandando nessuno dei loro<br />

navigli, sembrava godere molta autorità. Quando egli si accorse che eravamo<br />

inglesi, disse che, sarebbe stato per lui un vero godimento legarci a due a due,<br />

schiena contro schiena, e gettarci in mare. Io, che parlavo bene l'olandese, gli<br />

risposi confessando il nostro vero essere, ma supplicandolo, per la nostra<br />

comune qualità di cristiani protestanti, di vicini, d'alleati, d'intercedere in nostro<br />

favore presso il suo comandante. Ma il mio discorso lo fece andare in bestia;<br />

egli ci minacciò ancor più aspramente, e voltandosi verso i suoi compagni li<br />

arringò con violenza in giapponese, ripetendo spesso la parola Christianos.<br />

Il più grosso dei due vascelli pirati era comandato da un giapponese che<br />

parlava alla meglio l'olandese; egli m'interrogò, e quando gli ebbi risposto con<br />

molta umiltà, mi garantì salva la vita. M'inchinai fino a terra, e voltatomi poi<br />

verso l'olandese, gli dissi che ero spiacente di dover notare presso quell'idolatra<br />

maggior compassione che presso un fratello cristiano. Dovetti però presto<br />

pentirmi di queste imprudenti parole, perché codesto furfante rinnegato, non<br />

potendo ottenere dai due comandanti che fossi gettato in mare – e ciò in<br />

omaggio alla promessa fattami – riuscì però a farmi trattar in modo sì crudele,<br />

sotto un'apparenza generosa, da preferirgli quasi la morte.<br />

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