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Luglio/Agosto - Fondazione Europea Dragan

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Poste italiane Spa - Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano - Poste Italiane - PP - Economy - Aut. DCO/DC/Milano N. 0032 du 28/3/2002<br />

Anno 61 EDIZIONE ITALIANA LUGLIO - AGOSTO 2010 nn. 722-723<br />

TRIBUNA LIBERA FONDATA NEL 1950 DA J. CONSTANTIN DRAGAN<br />

Per una cultura della biodiversità<br />

La biodiversità è un complesso dinamico<br />

di comunità di piante, animali, microrganismi<br />

e il loro ambiente che interagiscono<br />

come un’unità funzionale, che include<br />

la diversità all’interno delle specie, tra le<br />

specie e degli ecosistemi.<br />

La biodiversità ci assicura la vita e il<br />

benessere, fornisce cibo, acqua, medicine,<br />

energia, materie prime e tanti altri servizi<br />

vitali per l’umanità, grazie all’energia<br />

proveniente dal sole e, utilizzando gli elementi<br />

chimici fondamentali, garantisce la<br />

produzione primaria di materia organica<br />

che permette agli organismi di vivere ed<br />

evolversi.<br />

Il genere umano deve la propria sopravvivenza<br />

e il proprio benessere ai servizi che<br />

vengono forniti dagli ecosistemi naturali.<br />

Eppure molteplici attività economiche<br />

insostenibili, speculative e dissipatrici di<br />

risorse (agricoltura, industria, urbanizzazione,<br />

trasporti, turismo, pesca ecc.) stanno<br />

compromettendo gli habitat naturali<br />

causando così la scomparsa di molte spe-<br />

a cura del Centro Unesco Milano*<br />

cie o mettendone a rischio la sopravvivenza.<br />

Il progressivo impoverimento della<br />

biodiversità determina una sequenza di<br />

reazioni a catena tale per cui l’impoverimento<br />

della biodiversità non riguarda<br />

solamente la scomparsa delle specie, che<br />

vengono trasformate in materie prime per<br />

il sistema industriale e il loro sistema di<br />

arricchimento, ma è soprattutto un impoverimento<br />

dei sistemi di vita su cui si basa<br />

la sopravvivenza di milioni di persone e<br />

provoca danni quali la frammentazione<br />

e il degrado degli ecosistemi, soprattutto<br />

foreste, zone umide, barriere coralline, bacini<br />

idrici.<br />

La conservazione della biodiversità è<br />

un problema complesso ma essa è l’unica<br />

strada percorribile per garantire la persistenza<br />

della vita sul nostro pianeta: la conservazione<br />

della biodiversità è quindi un<br />

imperativo etico perché rappresenta non<br />

solo un bene da difendere e da trasmettere<br />

alle generazioni future per il miglioramento<br />

della qualità della vita, ma anche


un bene in se stesso, che ha diritto alla propria<br />

esistenza. Pertanto non possiamo che<br />

esprimere preoccupazione per l’allarmante<br />

tasso di perdita di biodiversità agricola,<br />

compresi i suoi servizi ecosistemici, per<br />

la fauna selvatica e degli habitat e preoccupazione<br />

per la sfida in atto a garantire<br />

una produzione alimentare sufficiente e<br />

sostenibile a livello globale nel contesto di<br />

un aumento della domanda per i prodotti<br />

alimentari e un largo e crescente uso di<br />

prodotti alimentari e non alimentari delle<br />

colture per la produzione di biocarburanti,<br />

bioenergia e altri usi.<br />

La biodiversità interagisce con i saperi<br />

e le tecniche tradizionali e le identità dei<br />

popoli, contribuendo così a proteggere e valorizzare<br />

le diversità culturali.<br />

L’educazione alla biodiversità è parte integrante<br />

dell’educazione allo sviluppo sostenibile,<br />

nelle sue numerose declinazioni;<br />

ha come finalità educativa complessiva la<br />

formazione alla cittadinanza consapevole,<br />

nell’ambito della quale sia possibile, anche<br />

attraverso l’adozione di comportamenti –<br />

individuali e collettivi – più responsabili,<br />

promuovere strategie e strumenti che soddisfino<br />

le esigenze di una migliore qualità<br />

della vita senza compromettere gli equilibri<br />

ecosistemici.<br />

Le dichiarazioni internazionali sono ormai<br />

numerose (la Cbd, i Mdg, il Piano di Johannesburg,<br />

la Carta di Siracusa), è giunto<br />

adesso il momento di fare un ulteriore<br />

passo in avanti, impegnandoci a costruire<br />

azioni concrete a partire dai governi e dalle<br />

autonomie locali: ognuno deve fare la sua<br />

parte per assicurare un’educazione alla<br />

biodiversità intesa come processo culturale<br />

e formativo che dura lungo tutto l’arco<br />

della vita, che riguarda i giovani come gli<br />

adulti, i singoli come le collettività, e che<br />

fornisce competenze e conoscenze, ma anche<br />

valori e sensibilità, dunque elementi<br />

capaci di orientare le scelte professionali,<br />

politiche, imprenditoriali, della ricerca ma<br />

anche quelle quotidiane: i consumi, il turi-<br />

2<br />

smo, l’alimentazione ecc., e che coinvolge<br />

tutti i settori della società.<br />

Una strategia educativa efficace per la<br />

biodiversità dovrebbe prevedere i seguenti<br />

obiettivi specifici: ripensare noi stessi nella<br />

natura; rafforzare il ruolo dell’educazione<br />

e dell’informazione ambientale; migliorare<br />

la formazione specifica per gli educatori;<br />

favorire il confronto, la condivisione<br />

e lo scambio di buone pratiche fra i soggetti<br />

operanti nell’ambito dell’educazione<br />

alla sostenibilità; incentivare l’adozione<br />

di comportamenti responsabili; facilitare<br />

l’attivazione di processi partecipativi e il<br />

maggiore coinvolgimento delle comunità<br />

locali per la costruzione di un futuro durevole,<br />

basato sulla consapevolezza e la<br />

partecipazione.<br />

I programmi didattici, nella scuola<br />

come nell’università, devono essere in questa<br />

prospettiva interdisciplinari e multidisciplinari,<br />

perché la perdita di biodiversità<br />

deriva da comportamenti inconsapevoli e<br />

da attività economiche speculative, non<br />

devono pertanto limitarsi a lezioni teoriche<br />

ma prevedere il coinvolgimento attivo<br />

degli studenti, azioni pratiche, visite,<br />

escursioni, campionamenti ecc. I parchi,<br />

le aree protette sono già oggi i migliori laboratori<br />

di cui disponiamo per imparare a<br />

capire i sistemi naturali dai quali dipendiamo,<br />

i benefici che questi ci assicurano e<br />

la condotta da seguire per proteggerli.<br />

È necessario, inoltre, costruire nel territorio<br />

una rete che metta insieme amministrazioni,<br />

imprese, associazionismo,<br />

operatori culturali, media ecc., in modo<br />

da rendere efficace un processo di “alfabetizzazione”<br />

alla cultura della difesa della<br />

biodiversità e al suo utilizzo in modo sostenibile.<br />

* Dichiarazione “Per una cultura della biodiversità”.<br />

Fonte: sito della Commissione Nazionale<br />

Italiana per l’Unesco: www.unesco.it.


Politica ed economia in Russia.<br />

Politica di potenza, deficit democratico<br />

e risorse energetiche<br />

Dal collasso dell’Urss<br />

al fallimento della democratizzazione (III)<br />

L’esposizione della Russia<br />

alle influenze internazionali<br />

Uno degli aspetti teoricamente più interessanti<br />

delle democratizzazioni della “terza<br />

ondata” (1974-2004) è il ruolo assunto<br />

dalle spinte esterne: Ue, Nato, Onu, Fondo<br />

monetario, Banca mondiale, ma anche organizzazioni<br />

private come partiti politici,<br />

sindacati, fondazioni, strutture umanitarie<br />

hanno svolto un ruolo importantissimo<br />

nel contribuire alla crisi di regimi autoritari<br />

e nel fornire aiuti di vario genere alle<br />

élite favorevoli alla democrazia (Pridham,<br />

1991; Whitehead, 1996; Schmitter e Brouwer,<br />

2000; Mattina, 2004; Morlino e Magen,<br />

2008).<br />

Il contributo può assumere una varietà<br />

di caratteri: dai classici aiuti economici<br />

e interventi militari, fino a contributi che<br />

potremmo definire come un vero e proprio<br />

know how democratico (quale disegno costituzionale,<br />

quale sistema elettorale, quale<br />

riforma della pubblica amministrazione,<br />

come combattere la corruzione ecc.).<br />

Il fenomeno non è nuovo e già con la fine<br />

della seconda guerra mondiale si assiste a<br />

forze internazionali che impongono, o favoriscono<br />

attivamente, lo sviluppo della<br />

democrazia in una serie di Paesi (Germa-<br />

Pietro Grilli di Cortona*<br />

Università “Roma Tre”<br />

nia, Giappone, Italia, Austria). Tuttavia,<br />

nel corso della terza ondata il ruolo della<br />

variabile internazionale assume una consistenza<br />

assai più marcata e diffusa, grazie<br />

soprattutto (ma non solo) ai cambiamenti<br />

nella politica estera americana e alla<br />

condizionalità europea (Grilli di Cortona,<br />

2009, cap. IV).<br />

Ciò che è evidente fin dagli inizi della<br />

trasformazione russa è che questo grande<br />

Paese appare assai meno sensibile alle influenze<br />

internazionali anche rispetto a Pae<br />

si vicini o con una esperienza analoga alle<br />

spalle (si pensi agli altri Stati dell’Europa<br />

centro-orientale).<br />

La tesi che qui sostengo è che la collocazione<br />

nell’ambiente internazionale può<br />

costituire un’ulteriore circostanza a favore<br />

o contro lo sviluppo democratico. La rilevanza<br />

di questa variabile si è affermata<br />

soprattutto guardando a quanto avvenuto<br />

nel mondo post-sovietico dopo il 1989,<br />

conteso e diviso tra un orientamento filooccidentale<br />

e uno filo-russo.<br />

Mentre quasi tutti gli Stati dell’Europa<br />

centrale e sud-orientale, desiderosi di essere<br />

ammessi nell’Unione europea e nella<br />

Nato (dalle quali hanno accettato e ricevuto<br />

aiuti, consigli e assistenza), sono diventati<br />

democratici (con vari gradi di con-<br />

3


solidamento delle rispettive istituzioni),<br />

la maggior parte degli Stati dell’ex Urss<br />

(prevalentemente filo-russi, fatta eccezione<br />

per i baltici) ha visto ristagnare o fallire<br />

del tutto il loro processo di democratizzazione.<br />

La linea di divisione attraversa anche<br />

alcuni singoli Paesi: Ucraina e Moldova<br />

sono divise tra voglia di Occidente e condizionamento<br />

russo, tra le pressioni incrociate<br />

delle democrazie occidentali e quelle<br />

della Russia, che continua a coltivare un<br />

disegno di egemonia nella regione; inevitabilmente<br />

questo conflitto si riflette anche<br />

sull’adesione ai princìpi democratici e<br />

sulla loro reale attuazione all’interno.<br />

In altre parole, la particolare dislocazione<br />

geopolitica, la sua enorme estensione<br />

territoriale a cavallo tra due continenti e<br />

la sua tradizionale condizione e vocazione<br />

di grande potenza planetaria sono condizioni<br />

che fanno della Russia, certamente<br />

a partire dal XX secolo in poi, un naturale<br />

produttore di influenze verso l’esterno<br />

piuttosto che un oggetto di influenze<br />

dall’esterno. Nel tentativo di conferire una<br />

veste teorica a questa dimensione (Levitsky<br />

e Way Cross, 2005 e 2007) hanno definito<br />

le influenze internazionali a favore<br />

della democratizzazione come “influenza<br />

occidentale” (Western leverage) e “legami<br />

con l’Occidente” (linkage to the West).<br />

La prima definisce il grado di vulnerabilità<br />

e permeabilità del singolo Paese alle<br />

pressioni esterne ed è determinata dalle<br />

dimensioni e dalla forza militare ed economica<br />

dello Stato oggetto della pressione,<br />

dalla natura degli interessi strategici ed<br />

economici dell’Occidente e dall’esistenza<br />

o meno di possibili pressioni alternative:<br />

grandi potenze come Russia e Cina, regioni<br />

in cui vi è un articolato intreccio di<br />

interessi internazionali in competizione<br />

come nel Medio Oriente e Stati soggetti a<br />

pressioni alternative rispetto a quelle occidentali,<br />

come Armenia, Bielorussia, Georgia<br />

e Ucraina, risultano alla fine meno<br />

4<br />

permeabili alle spinte democratizzanti<br />

dell’Occidente.<br />

Il concetto di linkage to the West fa invece<br />

riferimento alla forza e alla densità<br />

dei legami di un Paese con Stati Uniti,<br />

Unione europea e altre istituzioni multilaterali<br />

a guida occidentale. Sempre secondo<br />

Levitsky e Way p. 22, 2005, tali legami si<br />

costituiscono lungo cinque dimensioni: di<br />

natura economica (credito, investimenti,<br />

assistenza); geopolitica (accordi e alleanze<br />

con organizzazioni e Stati occidentali);<br />

sociale (turismo, migrazioni, istruzione e<br />

formazione occidentali delle élite interne);<br />

sviluppo di comunicazioni (internet, penetrazione<br />

dei media occidentali); società civile<br />

transnazionale (chiese, Ong, organizzazioni<br />

partitiche sovranazionali ecc.).<br />

Quanto più questi legami sono forti e<br />

radicati, tanto più diventano alti i “costi<br />

dell’autoritarismo”, rendendo più probabili<br />

ed efficaci gli interventi occidentali di<br />

denuncia e di condanna, aumentando le<br />

probabilità di una crescita della protesta e<br />

Tab. 2 – Russi rimasti negli Stati ex sovietici (1994)<br />

Nuovo Stato % Numero<br />

Kazakistan 37,0 6.253.000<br />

Lettonia 33,8 912.600<br />

Estonia 30,3 480.000<br />

Ucraina 22,0 11.462.000<br />

Kirghizistan 21,5 967.500<br />

Bielorussia 13,2 1.372.800<br />

Moldova 13,0 572.000<br />

Turkmenistan 9,8 431.200<br />

Lituania 8,6 326.800<br />

Uzbekistan 8,3 1.850.900<br />

Georgia 6,3 340.200<br />

Azerbaigian 5,6 414.400<br />

Tagikistan 3,5 199.500<br />

Armenia 2,0 74.000<br />

Totale 25.656.900<br />

Note: i dati includono solo russi etnici e non tutti i russofoni.<br />

Fonte: rielaborazione da Taras (1997).


del dissenso all’interno del Paese interessato<br />

e contribuendo al suo avvicinamento<br />

alle democrazie occidentali.<br />

Un’ulteriore causa di immobilismo:<br />

un’economia fondata<br />

su risorse energetiche<br />

La Russia è una potenza energetica, uno<br />

dei massimi produttori di petrolio e gas<br />

(tab. 2). Come mostra una vasta letteratura<br />

emersa in questi ultimi anni, il possesso<br />

di fonti energetiche e la dipendenza per la<br />

propria ricchezza interna soprattutto da<br />

esse costituisce una condizione favorevole<br />

alla stabilità del regime.<br />

Se questo è autoritario, ciò significa<br />

maggiori difficoltà per il cambiamento e<br />

l’evoluzione democratica, centralizzazione<br />

politica, scarsa domanda di rappresentanza<br />

perché le fonti della ricchezza interna si<br />

basano prevalentemente sui redditi da petrolio<br />

e gas più che sulla tassazione, grandi<br />

disponibilità di ricchezza con cui finanziare<br />

gli apparati repressivi interni e blocco<br />

del cambiamento.<br />

Relativamente al tema della relazione<br />

tra possesso di fonti energetiche in grande<br />

quantità e regime autoritario M.L. Ross,<br />

(2001) ha svolto una ricerca su un gruppo<br />

molto ampio di Paesi (113) tra il 1971<br />

e il 1997. Le conclusioni della ricerca, confermate<br />

anche da analisi successive (Karl<br />

2004, 2007), sono esposte qui di seguito.<br />

Anzitutto la relazione negativa tra la<br />

condizione di Paese produttore di petrolio<br />

e democrazia è confermata: i redditi da<br />

esportazione di petrolio e gas impediscono<br />

e ostacolano le democratizzazioni. Inoltre,<br />

la democratizzazione risulta danneggiata<br />

anche dalla ricchezza generata dalla produzione<br />

di minerali non combustibili. Una<br />

prima causa che spiega questa correlazione<br />

positiva tra produzione di petrolio e regime<br />

autoritario è quella che Ross definisce<br />

come “effetto rendita”.<br />

Uno Stato che percepisce grandi rendi-<br />

Tab. 3 – Livelli di profitto ed esportazione di petrolio<br />

espressi in pil<br />

Paese<br />

Esportazione<br />

in percentuale<br />

di pil<br />

Profitto in<br />

percentuale<br />

di pil<br />

Algeria 36.2 26.4<br />

Angola 65.3 28.3<br />

Arabia Saudita 38.3 28.1<br />

Argentina 4.3 1.7<br />

Azerbaijan 31.5 15.2<br />

Bahrain 53.9 24.4<br />

Bolivia 6.1 4.6<br />

Brunei 80 29.1<br />

Camerun 7.6 4.5<br />

Ciad 8.3 0.5<br />

Congo Brazzaville 59.1 20.4<br />

Congo Kinshasa 4.4 1.4<br />

Costa d’Avorio 4.9 1.3<br />

Ecuador 9.7 13.2<br />

Egitto 3.9 0.8<br />

Emirati Arabi 36.8 35.8<br />

Gabon 42.6 16.2<br />

Guinea Equatoriale 96.6 23.7<br />

Indonesia 6.3 4.5<br />

Iran 19.8 16.3<br />

Iraq 38.4 n.d.<br />

Kazakistan 23.6 6.2<br />

Kuwait 44.8 48.1<br />

Libia 47.6 40.5<br />

Malesia 7.4 4.3<br />

Messico 3 7.9<br />

Nigeria 46.1 28<br />

Norvegia 60 13<br />

Oman 43.1 35.4<br />

Qatar 47 24.9<br />

Russia 54 7.3<br />

Siria 19.3 14.4<br />

Sudan 12.3 9.5<br />

Turkmenistan 26.6 9.3<br />

Uzbekistan 3.8 5.2<br />

Venezuela 24.6 23<br />

Vietnam 9.8 5.3<br />

Yemen 30.5 23.6<br />

Fonte: Fondo monetario internazionale (Fmi):<br />

http://www.imf.org/external/index.htm.<br />

5


te dallo sfruttamento del petrolio (anziché<br />

dall’estrazione di risorse dalla popolazione)<br />

è uno Stato rentier, in grado di accrescere<br />

il suo potere senza bisogno di far<br />

leva sulle entrate fiscali. E, come messo<br />

in rilievo dallo stesso Huntington (1991,<br />

tr. it., 1995), quanto minore è il livello di<br />

tassazione, tanto minori sono le ragioni del<br />

pubblico di chiedere rappresentanza.<br />

Se al tempo della rivoluzione americana<br />

valeva il detto no taxation without representation,<br />

oggi vale l’opposto: no representation<br />

without taxation. Senza pressione<br />

fiscale, la ricerca del consenso da parte del<br />

governo e la domanda di partecipazione e<br />

rappresentanza da parte dei cittadini si<br />

riducono.<br />

Le ingenti ricchezze petrolifere favoriscono<br />

una centralizzazione dello Stato,<br />

un’espansione del suo ruolo nella società,<br />

il che pone le leadership al potere nella posizione<br />

di spendere molto, di sostenere ampie<br />

reti clientelari per impedire la formazione<br />

nella società di gruppi indipendenti,<br />

frenando così la crescita del dissenso e di<br />

movimenti di opposizione, ed allo stesso<br />

tempo di cooptare con tale meccanismo<br />

soggetti sociali che potrebbero prima o poi<br />

organizzarsi in opposizione e sfidare il regime.<br />

La ricchezza da petrolio ha bisogno<br />

di un forte Stato autoritario e questo ha<br />

bisogno del petrolio.<br />

La corruzione è un esito altamente probabile<br />

e lo sviluppo della rule of law diviene<br />

più improbabile.<br />

Una seconda causa viene definita da<br />

Ross come “effetto repressione”. Come<br />

hanno dimostrato varie esperienze, per<br />

esempio quella del regime iraniano nato<br />

dalla rivoluzione del 1979 (Skocpol, 1982),<br />

le rendite a disposizione dello Stato sono<br />

usate per finanziare gli apparati di sicurezza<br />

e le strutture repressive.<br />

Il rafforzamento della politica di potenza<br />

all’esterno e la conservazione dell’ordine<br />

interno mirano alla costruzione di<br />

uno Stato forte e impermeabile alle spin-<br />

6<br />

te verso la democrazia. Sia Ross che Karl,<br />

inoltre, notano che gli Stati redditieri sono<br />

in genere soggetti a situazioni di tensione<br />

interna e rischi di guerre civili, soprattutto<br />

quando gli Stati sono multietnici o multiconfessionali<br />

o quando i giacimenti petroliferi<br />

sono concentrati solo in alcune aree<br />

(Ross, 2001, 335-6; Karl, 2004, 670-1).<br />

Una terza causa, infine, è definita da<br />

Ross (2001, 336-7) “effetto modernizzante”.<br />

Uno sviluppo economico fondato sulle<br />

rendite e sul lavoro effettivo di pochi produce<br />

una modernizzazione di cui beneficia<br />

soprattutto lo status quo perché non crea<br />

le condizioni sociali necessarie per la democratizzazione.<br />

In breve, un regime non democratico<br />

che dispone di rendite petrolifere può prolungare<br />

la sua vita fintanto che è possibile<br />

sfruttare tali rendite per “comprare”,<br />

attraverso meccanismi politici e sociali e<br />

l’elargizione di benefici materiali, la passività<br />

e la smobilitazione politica dei propri<br />

sudditi.<br />

Le tre cause spiegano perché la popolazione<br />

di questi Stati tenda all’inattività<br />

politica, ad una relativa obbedienza e lealtà<br />

al potere: c’è una generale tendenza<br />

all’assopimento, se non ad una vera e propria<br />

neutralizzazione, della società civile.<br />

Nel caso della Russia tale funzione è<br />

preventiva: 70 anni di comunismo hanno<br />

impedito la formazione di una società civile<br />

articolata e dinamica e la gestione della<br />

produzione di petrolio e gas da parte del<br />

potere è in grado di perpetuare tale situazione.<br />

Un simile scenario non favorisce, infatti,<br />

la nascita di un ceto imprenditoriale<br />

indipendente, limita lo sviluppo di un ceto<br />

operaio e di una classe media e la ricchezza<br />

che si forma è frutto di privilegi più che di<br />

lavoro e di merito, una ricchezza da rendita<br />

e non una ricchezza frutto di attività<br />

imprenditoriali fatte di iniziativa individuale,<br />

amore per il rischio e voglia di salire<br />

la scala sociale: non c’è alcuna “etica prote-


stante” in questo genere di arricchimento.<br />

I confini tra pubblico e privato sono difficili<br />

da cogliere, poco percepiti e assai confusi.<br />

Il possesso di rilevanti risorse energetiche<br />

è dunque una condizione di forte<br />

conservazione e stabilità del regime. Gli<br />

Stati redditieri risultano essere retti per<br />

la maggior parte da regimi autoritari che,<br />

per quanto corrotti ed inefficienti, riescono<br />

a sostentarsi attraverso una serie di<br />

meccanismi politici e sociali resi possibili<br />

grazie alle rendite petrolifere e a durare<br />

nel tempo (si pensi alla durata di regimi<br />

come quello di Saddam Hussein in Iraq,<br />

al regime militare nigeriano, all’Indonesia<br />

di Suharto, all’Iran dei Reza Palhevi o<br />

all’Arabia della dinastia saudita).<br />

Laddove deboli democrazie riescono<br />

poi a formarsi (come in Venezuela dopo il<br />

1958 o in Russia dopo il 1993), le difficoltà<br />

di consolidamento democratico rimangono<br />

fortissime. Ovviamente la ricchezza da<br />

petrolio non può essere la sola spiegazione<br />

(per i Paesi islamici entra anche la spiegazione<br />

culturale-religiosa), ma la prima<br />

rimane molto efficace comunque (Karl,<br />

2007, p. 6).<br />

In una prospettiva di lungo periodo tuttavia<br />

è possibile notare che i regimi redditieri,<br />

seppur in apparenza “inespugnabili”,<br />

hanno vari elementi di fragilità: sono retti<br />

da istituzioni inefficienti e corrotte, afflitti<br />

da sprechi cronici di risorse e da tassi di<br />

crescita relativamente bassi, oltre che da<br />

evidenti sperequazioni nella distribuzione<br />

della ricchezza fra i diversi settori della società.<br />

In sostanza, risultano privi di quella<br />

legittimità che deriva dall’efficienza di un<br />

regime nel rispondere alle aspettative dei<br />

governati e ciò coincide con il quadro politico<br />

interno della Russia.<br />

La fragilità degli Stati redditieri diventa<br />

evidente poi in coincidenza di periodi di<br />

caduta dei prezzi delle risorse energetiche<br />

sui mercati mondiali, quando cioè le chiavi<br />

della stabilità di tali regimi, le rendite, si<br />

riducono a livelli tali da non garantire più<br />

il funzionamento dei meccanismi di smobilitazione<br />

politica, ponendo le leadership<br />

di fronte al dilemma di come far fronte alle<br />

incongruenze associate allo sfruttamento<br />

e alla distribuzione della ricchezza petrolifera.<br />

Conclusioni<br />

In queste pagine ho esposto sinteticamente<br />

gli aspetti più emblematici e significativi<br />

dell’evoluzione politica russa<br />

e messo in evidenza come essi, una volta<br />

crollati il regime comunista e l’assetto statale<br />

precedente, vadano tutti in direzione<br />

di un rafforzamento della fisionomia autoritaria<br />

del nuovo regime.<br />

Senza alcuna pretesa di esaurire e di<br />

contrarre in un breve scritto l’intera complessità<br />

del percorso che ha portato ai correnti<br />

esiti della transizione russa dal comunismo<br />

al post-comunismo, le cause alle<br />

quali credo vadano attribuite le maggiori<br />

responsabilità in ordine a tali esiti riguardano<br />

la particolare conformazione dello<br />

Stato russo e la presenza di forti spinte<br />

centrifughe nel corso degli anni ’90; le forti<br />

tradizioni centralistiche ed imperiali della<br />

Russia, frutto della sua peculiare collocazione<br />

geopolitica e del suo tradizionale<br />

ruolo dominante in una vasta area che<br />

comprende parti consistenti dell’Europa e<br />

dell’Asia; una struttura economica e produttiva<br />

del Paese poco favorevole allo sviluppo<br />

di una classe media e di una società<br />

civile capaci di alimentare un pluralismo<br />

sociale e politico tale da spingere verso<br />

una crescente responsabilità democratica<br />

delle istituzioni politiche russe.<br />

Queste condizioni che ho appena descritto,<br />

unite all’assenza di un qualsiasi<br />

precedente di democrazia in Russia e a<br />

un apparato statale del tutto estraneo a<br />

qualsiasi criterio di responsabilità verso il<br />

cittadino, lasciano prevedere tempi assai<br />

lunghi per un eventuale futuro completamento<br />

della democratizzazione russa.<br />

7


* Il presente scritto costituisce l’ultima parte<br />

della versione aggiornata nella bibliografia della<br />

conferenza Testimoni e protagonisti credibili<br />

per il futuro dell’Europa: il contributo di Vic-<br />

Bosco A., Da Franco a Zapatero. La Spagna<br />

dalla periferia al cuore dell’Europa, Bologna, Il<br />

Mulino, 2005.<br />

Clementi M., L’Egemonia e i suoi limiti, in “Rivista<br />

italiana di Scienza politica”, 35, 1, 2005,<br />

pp. 29-53.<br />

Dahl R.A., Poliarchia. Partecipazione e opposizione<br />

nei sistemi politici, Milano, Angeli, 1981.<br />

Flikke G., Patriotic Left-Centrism: The Zigzags<br />

of the Communist Party of the Russian<br />

Federation, in “Europe-Asia Studies”, 2, 1999,<br />

pp. 275-298.<br />

Ganino M., Dallo Zar al Presidente. Ricostruzione<br />

del modello di governo della Russia fra<br />

trasformazioni costituzionali e continuità, Milano,<br />

Cuesp, 1999.<br />

Gel’man V., Regime Transition, Uncertainty<br />

and Prospects for Democratization: The Politics<br />

of Russian Regions in a Comparative Perspective,<br />

in “Europe-Asia Studies”, 51, 6, 1999,<br />

pp. 939-956.<br />

Gorbacëv M., Perestrojka. Il nuovo pensiero per<br />

il nostro Paese e per il mondo, Milano, Mondadori,<br />

1987.<br />

Grilli di Cortona P., Le crisi politiche nei regimi<br />

comunisti. Ungheria, Cecoslovacchia e Polonia<br />

da Stalin agli anni Ottanta, Milano, Angeli,<br />

1989.<br />

Riferimenti bibliografici<br />

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dell’Urss al fallimento della democratizzazione<br />

russa, tenuta a Roma presso la <strong>Fondazione</strong> <strong>Europea</strong><br />

<strong>Dragan</strong> il 23 febbraio 2010.<br />

Grilli di Cortona P., Come gli Stati diventano<br />

democratici, Roma-Bari, Laterza, 2009.<br />

Hanson S.E., The Uncertain Future of Russia’s<br />

Weak State Authoritarianism, in “East<br />

<strong>Europea</strong>n Politics and Societies”, 21, 1, 2007,<br />

pp. 67-81.<br />

Hashim S.M., KPRF Ideology and Its Implications<br />

for the Democratization in Russia, in<br />

“Communist and Post-Communist Studies”,<br />

32, 1999, pp. 77-89.<br />

Hassner P., Russia’s Transition to Autocracy, in<br />

“Journal of Democracy”, 19, 2, 2008, pp. 5-15.<br />

Huntington S.P., The Third Wave, University of<br />

Oklahoma Press, Norman and Londo, 1991; tr.<br />

it. La terza ondata, Bologna, Il Mulino, 1995.<br />

Karl T.L., Oil-Led Development: Social, Political,<br />

and Economic Consequences, in “Encyclopedia<br />

of Energy”, 4, 2004, pp. 661-672.<br />

Karl T.L., Democracy Over a Barrel: Oil, Regime<br />

Change and War, The Eckstein Lecture on<br />

Democracy, University of California, January,<br />

2007.<br />

Levitsky S. – Way L.A., International Linkage<br />

and Democratization, in “Journal of Democracy”,<br />

16, 3, 2005, pp. 20-34.<br />

Linz J.J. – Stepan A., L’Europa postcomunista<br />

(edizione italiana a cura di Pietro Grilli di Cortona),<br />

Bologna, Il Mulino, 2000.<br />

8


Aspirazioni personali e progetti di vita.<br />

Educazione e Società<br />

Fondamenti dei piani razionali di vita<br />

Gli interessi spontanei delle persone, se<br />

documentati e perseguiti e se non contaminati<br />

da egocentrismo e da esibizionismo<br />

(che sono fattori regressivi, sintomi di involuzione)<br />

dovrebbero essere sempre incoraggiati.<br />

Non solo per ragioni di simpatia personale<br />

o di sincera solidarietà. Dovrebbero<br />

essere incoraggiati perché in questo modo<br />

si apre un mondo di possibilità. Più specificatamente<br />

si aumentano le probabilità che<br />

questi interessi spontanei delle persone<br />

si traducano in un piano razionale di vita<br />

che, a sua volta, possa risultare costruttivo<br />

per il bene comune. In questo senso l’incoraggiamento<br />

può costituire un innesco,<br />

un’azione non fine a se stessa, ma mediata.<br />

Qualcosa di molto di più che puntare sulla<br />

fortuna.<br />

Un piano razionale di vita si fonda su<br />

una sintesi di esperienze che prendono<br />

la forma di aspirazioni personali. E deve<br />

appunto esserci rispondenza tra piano razionale<br />

di vita ed aspirazioni personali, tra<br />

esso e la scala dei valori personali, con il<br />

rispetto della persona e dell’ambiente circostante.<br />

A proposito degli interessi spontanei,<br />

essi verranno ad assumere in seguito la<br />

forma di saperi, di conoscenze, di capacità<br />

idonee e necessarie, tra le quali la capacità<br />

decisionale.<br />

Come osserva Rawls, tutto ciò è corre-<br />

Paolo Calegari<br />

Già Ordinario di Psicologia sociale<br />

Università di Padova, Verona e Milano Bicocca<br />

lato con l’urgenza relativa dei desideri e<br />

delle aspettative della persona, del loro<br />

sviluppo, con precise circostanze fisiologiche<br />

e psicologiche, con eventuali pressioni<br />

esterne di vario tipo e di varia intensità.<br />

Vi devono essere corrispondenze e congruità<br />

fra i vari contenuti di un piano razionale<br />

di vita e le capacità oggettive, reali<br />

della persona.<br />

Si tratta inoltre di essere coerenti con<br />

le proprie motivazioni per tutto l’arco di<br />

tempo necessario ad elaborare ed eseguire<br />

il piano razionale di vita. La tenuta delle<br />

motivazioni dipende in parte dal livello<br />

di autostima oltre che dal proprio autocontrollo.<br />

In parte essa dipende dal fatto<br />

di poter esercitare liberamente le proprie<br />

capacità naturali e acquisite.<br />

Lo scenario esterno è costituito dalle relazioni<br />

sociali, dallo scambio con persone,<br />

enti, istituzioni. Se capacità e circostanze<br />

favoriscono la realizzazione di un piano razionale<br />

di vita, anche una riuscita parziale<br />

può agire quale rinforzo, quale stimolo a<br />

proseguire.<br />

Può accadere in questo modo che le capacità<br />

si accrescano in complessità, si differenzino,<br />

si affinino, si ristrutturino, si<br />

rinnovino. In altre parole, la gratificazione<br />

che l’individuo riceve nel constatare l’accrescimento<br />

delle proprie capacità si fonda<br />

non solo su riconoscimenti esterni ma anche<br />

su una rappresentazione autoreferenziale:<br />

quanto più constato che le mie capacità<br />

hanno successo, tanto più sono indotto<br />

9


a coltivarle, a migliorale, a differenziarle.<br />

Il riconoscimento da parte degli altri,<br />

quello che proviene dal contesto sociale,<br />

ricopre una funzione polivalente. Esso<br />

conferisce, da un lato, un’identità precisa<br />

alla persona, la identifica riconoscendone i<br />

meriti. Nel contempo il rinforzo ottenuto a<br />

seguito di tale riconoscimento stabilizza il<br />

livello di autostima, fornisce all’individuo<br />

una sorta di corazza 1 .<br />

Sarebbe infatti la stessa struttura sociale<br />

a sostenere certi piani razionali di<br />

vita piuttosto che altri.<br />

In un regime democratico, la società rimunera<br />

coloro che, attraverso la realizzazione<br />

dei loro piani razionali di vita, contribuiscono<br />

a formare il bene comune “in<br />

modi conformi alla giustizia”.<br />

Ora per definire quali siano i bisogni e le<br />

capacità umane è forse sufficiente fare appello<br />

al senso comune. Invece non è affatto<br />

scontato quali siano i beni che entrano<br />

nei piani razionali di vita di una persona.<br />

Quali sono dunque i beni principali per attuare<br />

un piano razionale di vita?<br />

La bontà di un piano – dice Rawls – deve<br />

essere considerata in termini di desiderio<br />

di libertà e di opportunità maggiori e di<br />

più ampi mezzi per raggiungere tali opportunità.<br />

Libertà di operare, di agire e, nel medesimo<br />

tempo, disponibilità di opzioni a<br />

disposizione qualitativamente e quantitativamente<br />

maggiori. Si tratta dunque di<br />

potersi collocare in una situazione che possa<br />

attivare processi decisionali, di andare<br />

incontro a delle scelte che siano in linea<br />

con le proprie aspirazioni. La libertà non è,<br />

in questa prospettiva, un fine ma un mezzo<br />

per accedere ad ulteriori livelli di scelta.<br />

È un sentiero da percorrere in salita per<br />

giungere ad ottenere una prospettiva più<br />

ampia.<br />

La bontà di un piano – aggiunge Rawls<br />

– si unisce ai fatti generali riguardanti<br />

la necessità e le capacità umane, le fasi<br />

del loro sviluppo, i loro cambiamenti e le<br />

10<br />

necessità di interdipendenza sociale. Una<br />

serie di vincoli, di tappe obbligate costellate<br />

da imprevisti, improntata alla gestione<br />

della dialettica tra autonomia e dipendenza<br />

nelle dinamiche sociali, nelle relazioni<br />

interpersonali.<br />

Si tratta di un punto critico. Il concetto<br />

di bene riferito alla persona è livellatore.<br />

Esso implica infatti l’identificazione<br />

dell’altro come equivalente a se stessi.<br />

Tale identificazione, che non è data ma<br />

che è acquisita, questo riconoscimento, viene<br />

a fare parte di un fenomeno più ampio.<br />

Un fenomeno che, nell’ambito della teoria<br />

generale dei sistemi, viene denominato<br />

“tendenza all’unità del sistema” e che si<br />

identifica con l’apertura all’altro, con un<br />

maggior scambio fra le componenti del<br />

sistema (sociale) stesso. L’identificazione<br />

dell’equivalenza risulta essere, in questo<br />

quadro, un punto di partenza, non un punto<br />

di arrivo.<br />

Questa possibile realtà disegna lo sfondo<br />

di ciascun piano di vita razionale.<br />

Rawls osserva che gli individui hanno<br />

molto a cuore le loro capacità complesse. Si<br />

tratta di un tema antico del quale si sono<br />

occupati sia Aristotele che Platone traendone<br />

conseguenze sul piano teoretico e filosofico.<br />

Questo “attaccamento” si accompagna<br />

spesso alla consapevolezza che delle nuove<br />

esperienze possono incrementare e differenziare<br />

queste capacità dando spazio alla<br />

creatività e all’inventiva.<br />

C’è il piacere di vedere rappresentata in<br />

una sintesi integrata, in una Gestalt, l’attività<br />

prediletta nelle sue parti più significative<br />

e nel suo sviluppo. C’è la rappresentazione<br />

del progredire delle abilità, di come<br />

esse richiedano l’attivarsi e la mobilitazione<br />

di comportamenti complementari.<br />

C’è l’idea di sfidare se stessi, del mettersi<br />

alla prova, di voler vedere l’esito dei propri<br />

sforzi e tentativi, di toccare con mano i<br />

risultati, c’ è la ricerca di approvazione e di<br />

incoraggiamento.


Per Aristotele l’uomo è un animale che<br />

desidera conoscere 2 . Questa sarebbe la<br />

spinta maggiore.<br />

La motivazione – nel quadro di un piano<br />

razionale di vita – non è certamente solo<br />

di tipo estrinseco, legata all’approvazione<br />

della riuscita. Essa è fortemente intrinseca,<br />

legata all’apprendimento, all’acquisizione.<br />

Si apprende per conoscere. È questo<br />

tipo di atteggiamento che da consistenza<br />

alla motivazione in un piano razionale di<br />

vita.<br />

Rawls attira l’attenzione sul fatto che<br />

ha luogo una selezione dei bisogni e dei<br />

desideri della persona, una serie di scelte<br />

per la quale essi vengono conglobati in un<br />

piano. Nell’ambito di tale selezione sono<br />

aspetti fondamentali l’urgenza relativa<br />

dei bisogni e dei desideri, la loro ciclicità,<br />

le loro fasi di sviluppo in concomitanza con<br />

circostanze fisiologiche e di altro genere<br />

(scadenze temporali, obblighi nei confronti<br />

di terzi, coerenza morale).<br />

1 Le capacità di una persona possono essere<br />

inquadrate nelle categorie del comportamento<br />

manifesto così come le ha elencate e descritte<br />

uno dei fondatori della Psicologia sociale, Kurt<br />

Lewin, Field Theories in Social Sciences, New<br />

York, Harper & Row, 1951, trad. it., Teoria dinamica<br />

della personalità, Firenze, Giunti e<br />

Barbera, 1965. Esse riguardano la varietà del<br />

comportamento, la sua organizzazione, la sua<br />

estensione, la sua interdipendenza, vale a dire<br />

In questo modo viene a crearsi una complessa<br />

dimensione cognitiva caratterizzata<br />

dalla presenza di un certo numero di<br />

alternative, di sinergie, di concomitanze,<br />

di adattamenti personali.<br />

Un’agenzia educativa non può non tenere<br />

in considerazione questi aspetti legati a<br />

piani razionali di vita degli individui, giovani<br />

adulti che siano.<br />

Così come è auspicabile che si disponga<br />

delle opportune competenze per spiegare<br />

ai discenti quale sia la natura della relazione<br />

che intercorre tra la realizzazione<br />

delle proprie capacità e la realizzazione<br />

del bene comune, per analizzare insieme<br />

la possibilità di questa interdipendenza.<br />

Ciò che è bene per un individuo può confluire<br />

nella realizzazione del bene comune.<br />

A questo proposito Rawls richiama il<br />

principio aristotelico secondo il quale le<br />

attività incoraggiate sono buone anche per<br />

le altre persone nella misura in cui si desidera<br />

la stima da parte degli altri.<br />

il suo coordinamento (categoria strettamente<br />

connessa a quella della sua organizzazione).<br />

Altra cosa è la interdipendenza sociale di cui<br />

ci parla Rawls a proposito dei piani razionali di<br />

vita.<br />

2 Per Stephen Jay Gould “l’uomo è un animale<br />

che desidera apprendere”, The Mismeasure of<br />

Man, New York, Norton, 1981, trad. it., Intelligenza<br />

e pregiudizio, Roma, Editori Riuniti,<br />

1985.<br />

11


Giuseppe Vedovato (a cura di), L’Europa e la <strong>Fondazione</strong> <strong>Europea</strong> <strong>Dragan</strong>, Milano, Nagard, 2010, pp. 401,<br />

€ 12,00. Versamento sul ccp n. 38608204 o bonifico bancario presso il Credito Artigiano, Agenzia 1 di Milano<br />

(IBAN IT 31 C0351201602 000000033031), intestati a: Edizioni Nagard, Via Larga 9, 20122 Milano.<br />

12<br />

“L’obiettivo della <strong>Fondazione</strong> <strong>Europea</strong> <strong>Dragan</strong><br />

è il nostro obiettivo: è necessario unire l’Europa, unire gli europei,<br />

ma questo non sarà possibile senza una base culturale […].”<br />

Denis de Rougemont<br />

“Io e Giuseppe Costantino <strong>Dragan</strong> coglievamo la trasformazione e la leggevamo<br />

con una visione del futuro che la realtà avrebbe ampiamente confermato.<br />

Per questo fummo più rapidi di quelle miopie nazionalistiche e burocratiche che<br />

ritardarono un grande progetto […] ma non poterono arrestare il diffondersi di un<br />

vero spirito europeo destinato inesorabilmente a crescere e affermarsi.”<br />

Giuseppe Vedovato


L’Europa<br />

e la <strong>Fondazione</strong> <strong>Europea</strong> <strong>Dragan</strong><br />

Il volume L’Europa e la <strong>Fondazione</strong> <strong>Europea</strong><br />

<strong>Dragan</strong> è uno dei più recenti edito<br />

per i tipi della casa editrice Nagard e consta<br />

di una raccolta di atti di convegni e di<br />

documenti della <strong>Fondazione</strong> <strong>Europea</strong> <strong>Dragan</strong>.<br />

È curato dal prof. Giuseppe Vedovato,<br />

che lo definisce “un volume particolarmente<br />

importante e ricco, tanto che lo si può<br />

considerare irrinunciabile per qualsiasi<br />

biblioteca, pubblica o privata, che intenda<br />

fornire, da un lato, non solo una riflessione<br />

sulle tematiche europee di attualità ma,<br />

soprattutto, su una delle istituzioni altamente<br />

meritorie nel campo della cultura<br />

e degli studi europei, la <strong>Fondazione</strong> <strong>Europea</strong><br />

<strong>Dragan</strong>”.<br />

Nelle sue quattro sezioni si possono rintracciare<br />

praticamente tutti i tratti salienti<br />

degli ormai oltre 40 anni di lavoro e ricerca<br />

della fondazione. Proprio prendendo<br />

spunto dal testo si capisce che non si può<br />

parlare della <strong>Fondazione</strong> <strong>Europea</strong> <strong>Dragan</strong><br />

senza dedicare un meritato spazio al suo<br />

fondatore Giuseppe Costantino <strong>Dragan</strong> e<br />

al suo pensiero fieramente europeista ed<br />

ecumenico. Personaggio difficile da incastonare<br />

in una semplice descrizione che<br />

non sia essa stessa una cro nologia di fatti,<br />

la vita del magnate romeno, italiano<br />

d’adozione, ma europeo nell’animo, è un<br />

elenco variegato di spunti che spaziano<br />

dalla passione per l’arte a quella per l’economia<br />

sino all’ecumenismo, che ha sempre<br />

contraddistinto la base su cui ha costruito<br />

le sue fortune ed il suo pensiero. La <strong>Fondazione</strong><br />

da lui creata ne è una delle prove<br />

Giuliano Cenci<br />

viventi, una prova dello sforzo propulsivo<br />

di una personalità dedita alla scienza,<br />

alla filan tropia e all’Europa. Sforzo ancora<br />

ben aldilà da essersi com piuto. Nelle appendici<br />

agli interventi fa sfoggio una ricca<br />

do cumentazione concernente i convegni<br />

inaugurali della <strong>Fondazione</strong>, che nasce a<br />

Roma il 29 aprile 1967, ma formalmente<br />

e giuridicamente solo un anno più tardi, il<br />

19 giugno 1968 a Palma di Maiorca. Negli<br />

interventi della sessione “<strong>Fondazione</strong><br />

<strong>Europea</strong> <strong>Dragan</strong>: 40 anni al servizio della<br />

cultura, della scienza e dell’Europa” è possibile<br />

ravvisare la molteplicità della proposta<br />

culturale e della sua profondità, che<br />

– come detto – spazia da interessi di stretta<br />

attualità politica agli ultimi sviluppi in<br />

campi scientifici come quello medico, dalla<br />

geo-archeologia al diritto e alla conservazione<br />

dei beni culturali. Uno tra i progetti<br />

ormai datato, nati in seno a questa istituzione<br />

che ha sedi sparse in tutta Europa<br />

ed oltre, è stato quello di istituire una teleuniversità.<br />

Un ateneo particolarmente<br />

avanzato sul piano tecnologico (siamo nei<br />

primi anni Settanta) con il chiaro intento<br />

di mettere in rete i ricercatori di tutta Europa<br />

e di facilitare così il dialogo, gli studi e<br />

l’integrazione tra i cittadini e in primis gli<br />

studiosi. Proprio ad un incontro organizzato<br />

dalla <strong>Fondazione</strong> nel settembre del<br />

1972 a Roma, con titolo Pour la creation<br />

d’une tele-université européenne, parteciparono<br />

anche la Rai, la Radio vaticana e<br />

la Radio della Svizzera italiana, a testimonianza<br />

dell’interesse che questo progetto<br />

13


aveva suscitato nei media. Nell’ambito<br />

della continua spinta verso una più ampia<br />

comprensione del concetto europeista, insito<br />

nella natura stessa della <strong>Fondazione</strong><br />

<strong>Europea</strong> <strong>Dragan</strong>, i convegni e gli incontri<br />

più rappresentativi, non soltanto sotto il<br />

punto di vista del numero, sono da sempre<br />

proprio quelli riguardanti la ricerca<br />

in ambito europeo. Dagli approfondimenti<br />

a tematiche attualissime come il Trattato<br />

di Lisbona o l’euroscetticismo, o ancora le<br />

problematiche e le sfide avanzate dall’allargamento<br />

dell’Unione europea fino a<br />

considerare il complicato e fragile sistema<br />

di pesi e contrappesi esercitati dai Paesi<br />

membri per influenzare la politica unitaria.<br />

Non solo l’Europa intesa come Unione<br />

europea è interesse della <strong>Fondazione</strong> <strong>Dragan</strong>,<br />

ma anche la storia d’Europa nel suo<br />

senso più ampio. Un concreto esempio è il<br />

convegno internazionale tenutosi a Roma<br />

nel 2008, orga nizzato congiuntamente al<br />

Collegio promotore Sunrise ’05, fondato in<br />

Ticino per rievocare la Operation Sunrise.<br />

Una straordinaria mediazio ne di pace<br />

segretamente condotta con coraggio sa<br />

14<br />

intelligence in territorio elvetico da Max<br />

Waibel, alto ufficiale dell’esercito svizzero.<br />

Intervento assunto a proprio rischio<br />

con segretissimi incontri e sapienti trattative<br />

tra Alleati e capi nazisti, accelerò la<br />

capitolazione del fronte sud tedesco con la<br />

firma della resa incondizionata a Caserta<br />

il 29 aprile 1945, prodromo della fine anticipata<br />

della seconda guerra mondiale nel<br />

Norditalia ed in Europa. Non è immediato<br />

capire il filo conduttore delle immense attività<br />

della <strong>Fondazione</strong> <strong>Europea</strong> <strong>Dragan</strong>,<br />

un’associazione che opera nell’assoluta<br />

convinzione che una reale unità europea<br />

non sia soltanto un evento economico, ma<br />

debba necessariamente attuarsi oltre che<br />

con una integrazione politica, con lo sviluppo<br />

di una comunità culturale europea.<br />

Un’opera libraria autorevolmente curata<br />

dal prof. Giuseppe Vedovato, uno dei padri<br />

europei, unico vivente il cui busto bronzeo<br />

figura nella Galleria del Palazzo d’Europa<br />

di Strasburgo, fra Churchill e De Gasperi,<br />

con le 10 massime personalità eccellenti<br />

europee (Corriere del Ticino, 27 maggio<br />

2010).


Allarme orfani bianchi:<br />

350 mila bimbi a rischio<br />

in Romania<br />

Il 2010 è dedicato dall’Unione europea<br />

alla lotta alla povertà e all’esclusione sociale.<br />

Il tema non riguarda soltanto le persone<br />

colpite direttamente da questi fenomeni,<br />

ma tutti i cittadini di tutti i Paesi<br />

europei.<br />

Da tempo le istituzioni, e in particolare<br />

la Commissione europea e il Parlamento,<br />

sono in prima linea per sensibilizzare tutti<br />

gli attori a livello nazionale e locale, pubblici<br />

e privati, nella lotta contro ogni tipo<br />

di esclusione.<br />

La Carta dei diritti fondamentali, che<br />

con il nuovo trattato di Lisbona diventa<br />

vincolante, ribadisce in forma solenne<br />

quest’impegno dell’Europa.<br />

La crisi economica e finanziaria ha<br />

acuito alcuni aspetti della questione, e la<br />

necessità di un’azione comune a livello<br />

europeo è ormai ineluttabile. Il rischio è<br />

la marginalizzazione di interi territori o<br />

gruppi di persone.<br />

Per questo, tra le priorità d’azione<br />

dell’Ue, evidenziate nella strategia “Europa<br />

2020”, la lotta alla povertà e all’esclusione<br />

sociale riveste un ruolo centrale e<br />

fondamentale. Il fenomeno è in continua<br />

crescita a causa di una situazione sociopolitica<br />

ed economica complessa: i bambini<br />

sono le vittime involontarie di quest’emigrazione<br />

poiché subiscono traumi emotivi<br />

e psicologici derivanti dall’assenza dei genitori<br />

oltre ad essere i più esposti a violenze<br />

e abusi. Il fenomeno degli orfani bianchi<br />

romeni coinvolge oltre 350 mila bambini<br />

che hanno attualmente uno o tutti e due i<br />

a cura de L’Albero della Vita onlus<br />

genitori migrati in un altro Paese, alla ricerca<br />

di lavoro e di una condizione di vita<br />

migliore. In Italia i romeni rappresentano<br />

la prima collettività straniera e anche per<br />

questo il fenomeno richiede la massima attenzione.<br />

La denuncia è de L’Albero della Vita<br />

Onlus impegnata da oltre 13 anni ad aiutare<br />

i più piccoli vittime di gravi forme di<br />

disagio. Gli orfani bianchi, “Left Behind”,<br />

sarebbero il 7% dei minori romeni.<br />

Questi sono solo alcuni dei dati raccolti<br />

nel dossier della Onlus (realizzato rielaborando<br />

dati Istat, Unicef e Alternative<br />

Sociale) e presentati al convegno Left<br />

Behind. La famiglia transnazionale e gli<br />

orfani bianchi nella Moldavia romena, organizzato<br />

a Milano nel maggio scorso.<br />

Oltre ai 350 mila già citati, sarebbero<br />

altri 400 mila i minori che avrebbero sperimentato,<br />

per un periodo della loro vita,<br />

quella particolare forma di deprivazione<br />

genitoriale. Su 5 milioni di bimbi romeni<br />

sarebbero quindi 750 mila quelli colpiti<br />

più o meno violentemente dalla partenza<br />

dei loro genitori in questi anni.<br />

Da queste dolorose premesse ha preso<br />

avvio il citato convegno promosso dalla<br />

<strong>Fondazione</strong> L’Albero della Vita che ha<br />

incrociato dati, studi ed esperienze per<br />

sottoporre all’attenzione delle istituzioni<br />

questo fenomeno sociale in aumento e per<br />

poter affrontare e raccontare un’emergenza<br />

silenziosa che coinvolge un’intera generazione<br />

di un Paese culturalmente a noi<br />

vicino: la Romania.<br />

15


16<br />

La condizione dei romeni migranti.<br />

Genitori e figli, insieme<br />

al di là della distanza<br />

La famiglia transnazionale<br />

e gli orfani bianchi nella Moldavia romena.<br />

Anno europeo 2010<br />

per la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale *<br />

1. I romeni e l’Anno europeo della lotta<br />

alla povertà e all’esclusione sociale<br />

Sono fermamente convinta che questo<br />

2010 – Anno europeo della lotta alla<br />

povertà e all’esclusione sociale – rappresenta<br />

una importante occasione di riflessione<br />

anche sul fenomeno della povertà<br />

causata dalla mobilità del lavoro e può<br />

contribuire ad una presa di coscienza pubblica<br />

sull’importanza del dialogo interculturale<br />

e delle azioni da intraprendere per<br />

affrontare insieme la lotta alla povertà,<br />

in particolare il fenomeno dei cosiddetti<br />

orfani bianchi in Romania, generato<br />

dall’emigrazione, o meglio, mobilità internazionale<br />

per motivi di lavoro.<br />

Un segnale d’allarme è stato lanciato<br />

anche dall’Autoritatea naţională pentru<br />

protecţia familiei şi a drepturilor copilului<br />

(Anpdc), l’organismo per la protezione<br />

dell’infanzia, che nel 2009 ha rilevato 1077<br />

neonati abbandonati nei reparti maternità<br />

degli ospedali, mentre i minori sotto<br />

protezione statale sono 70 mila.<br />

Se nel 2006 i romeni in età da lavoro localizzati<br />

nell’Unione europea dei 15 erano<br />

circa un milione, dopo l’ingresso della Ro-<br />

Simona C. Farcas **<br />

mania nell’Ue, avvenuta il primo gennaio<br />

2007, sono quasi raddoppiati, arrivando<br />

nel 2010 a superare i 3 milioni, con i maggiori<br />

stanziamenti in Spagna e Italia 1 .<br />

A tuttoggi, i genitori romeni che si trovano<br />

in difficoltà economiche preferiscono<br />

spostarsi verso Paesi come l’Italia e la Spagna,<br />

principalmente per la grande affinità<br />

linguistica e culturale.<br />

2. La condizione<br />

dei romeni migranti in Italia<br />

La diversità, l’incontro tra romeni ed<br />

italiani e lo scambio culturale e di esperienze<br />

sono validi strumenti di evoluzione<br />

e di crescita.<br />

Per approffondire questo aspetto, rinvio<br />

al prezioso contributo dato dal Rapporto<br />

dell’Osservatorio Itro sulla percezione reciproca<br />

d’immagine tra italiani e romeni<br />

di Milano e da un project work dal titolo Il<br />

valore aggiunto nella cooperazione tra italiani<br />

e romeni 2 , realizzato da Unimpresa<br />

Romania – Osservatorio Itro – <strong>Fondazione</strong><br />

Università Iulm di Milano.<br />

I romeni in Italia, da 8000 residenti nel<br />

1990 sono arrivati a superare il milione


nel 2010; nell’arco di 20 anni la comunità<br />

romena è diventata la più numerosa e, al<br />

contrario di quello che si dice, la meglio integrata<br />

nella penisola.<br />

Un notevole contributo all’orientamento<br />

nei servizi e all’inserimento lavorativo<br />

e alloggiativo è stato dato ai nuovi arrivati,<br />

oltre che da parenti e amici precedentemente<br />

stanziati in Italia, soprattutto<br />

dalle parrocchie, dalle Caritas diocesane,<br />

ma anche dalle associazioni dei romeni in<br />

Italia.<br />

Attualmente sul territorio italiano sono<br />

attive 136 parrocchie cristiano-ortodosse e<br />

35 parrocchie cattoliche romene che svolgono<br />

un ruolo rilevante nella conservazione<br />

del patrimonio spirituale, linguistico e<br />

culturale, fondamentale per la conservazione<br />

delle proprie radici.<br />

Allo stesso modo, anche se in forme diverse,<br />

hanno contribuito le associazioni<br />

socio-culturali dei e per i romeni, presenti<br />

quasi in ogni comunità.<br />

Nel 2008 alcune associazioni hanno fondato<br />

la Federazione delle associazioni dei<br />

romeni in Italia, Fari, di cui ho l’onore di<br />

essere presidente del Consiglio federale,<br />

con l’obiettivo di offrire maggiore rappresentatività<br />

delle Associazioni presso le<br />

istituzioni, aiutando e favorendo inoltre la<br />

costituzione di nuove strutture associazionistiche,<br />

per una migliore visibilità e un<br />

autentico progresso sociale.<br />

Residenti in Italia, sono – secondo le stime<br />

Caritas – circa un milione e 110 mila 3 :<br />

è romeno il 24,5% degli immigrati nella<br />

penisola.<br />

Il fenomeno della mobilità fra Italia e<br />

Romania è il più importante numericamente<br />

all’interno della Ue ed è una realtà<br />

divenuta oggetto di studio ormai da tempo.<br />

Una presenza così consistente porta<br />

con sé un bagaglio di conseguenze ed effetti<br />

rilevanti. Ma ciò che più preoccupa è<br />

la percezione negativa – diffusa dai media<br />

capillarmente a tutti i livelli della società<br />

italiana – che l’immigrazione, in genere,<br />

sia un problema per l’ordine pubblico, una<br />

sorta di invasione non voluta a cui si è costretti.<br />

Questa percezione va rovesciata. Guardiamo<br />

il bicchiere mezzo pieno e, dunque,<br />

valutiamo in termini positivi la mobilità<br />

(non è corretto usare il termine “migrazione”<br />

quando ci riferiamo a cittadini dell’Ue),<br />

cioè, consideriamo i romeni in Europa non<br />

un problema, ma una risorsa a cui attingere.<br />

E le cose stanno così, in effetti: i dati<br />

sulla comunità romena in Italia ci parlano<br />

di una comunità onesta, laboriosa, intraprendente,<br />

socialmente integrata nelle<br />

famiglie e nelle imprese italiane.<br />

Solo nel 2008 sono stati assunti ben 175<br />

mila lavoratori romeni, questo dato rappresenta<br />

il 40% dei nuovi contratti stipulati<br />

con immigrati.<br />

I miei connazionali sono anche imprenditori:<br />

mettono in piedi 9 mila aziende<br />

all’anno, per un totale, a maggio del 2009,<br />

di 28 mila. Assicurano inoltre un notevole<br />

apporto di contributi previdenziali (1 miliardo<br />

e 700 milioni di euro l’anno) e pagano<br />

circa 1 miliardo di tasse.<br />

Per non dire che fra i matrimoni misti,<br />

la nazionalità femminile più frequente per<br />

uno sposo italiano è quella romena (2506<br />

casi nel 2008 su un totale di 18 mila). Lo ha<br />

appena diffuso l’Ismu, Istituto milanese di<br />

ricerca sull’immigrazione 4 .<br />

Una condizione avvantaggiata è l’integrazione<br />

nella pubblica istruzione: sono<br />

105 mila i ragazzi che frequentano le scuole<br />

italiane e 50 mila i bimbi romeni nati in<br />

Italia a partire dal 2000.<br />

L’interscambio tra Italia e Romania supera<br />

gli 11,5 miliardi di euro con un avanzo<br />

per l’Italia di oltre un miliardo.<br />

Si tratta del doppio di quanto l’Italia<br />

ha con il Giappone, una volta e mezzo di<br />

quanto ha con l’India e la metà rispetto a<br />

colossi come la Cina e la Russia 5 .<br />

Ci sentiamo dunque di affermare che la<br />

mobilità dalla Romania verso l’Italia rap-<br />

17


presenta l’elemento che contraddistingue<br />

in generale i cosiddetti “emigranti per intraprendenza”<br />

dagli “emigranti per disperazione”.<br />

I romeni portano con sé non solo i<br />

valori e la voglia di lavorare, di scoprire, di<br />

creare nuovo benessere, per riprendere un<br />

concetto del sociologo Domenico De Masi,<br />

ma anche il desiderio di concretizzare piani<br />

irrealizzabili nella terra di origine, ve-<br />

18<br />

nendo a contatto con persone e luoghi inconsueti,<br />

capaci di alimentare la creatività<br />

con punti di vista differenti.<br />

Un “romeno intraprendente” in Italia<br />

è stato, per fare un solo esempio, il dott.<br />

Giuseppe Costantino <strong>Dragan</strong>, fondatore<br />

della ButanGas SpA che nel corso di oltre<br />

60 anni ha dato lavoro a diverse migliaia<br />

di italiani, oltre che creare la <strong>Fondazione</strong>


<strong>Europea</strong> <strong>Dragan</strong>, ente culturale benemerito<br />

attivo nel campo della formazione di<br />

una reale coscienza europea.<br />

19<br />

3. La condizione dei romeni migranti<br />

e gli orfani da migrazione<br />

Oltre all’intraprendenza e al desiderio<br />

consapevole di compiere il proprio destino<br />

altrove, c’è un’altro motivo che spinge<br />

tanti romeni, in particolare i genitori, ad<br />

emigrare, lasciando a casa marito/moglie<br />

e figli, ed è il bisogno.<br />

È la necessità economica ciò che provoca<br />

il disagio per le famiglie e soprattutto per<br />

l’infanzia, determinando il fenomeno dei<br />

cosiddetti orfani da migrazione. Questa<br />

condizione è un grave svantaggio non solo<br />

per i romeni migranti, ma anche per l’intera<br />

società civile.<br />

Da uno studio pubblicato dalla <strong>Fondazione</strong><br />

Soros Romania 6 , emerge che ci sono<br />

all’incirca 350 mila bambini in Romania,<br />

i cui genitori (uno o entrambi) si sono trasferti<br />

per motivi di lavoro all’estero. I dati,<br />

confermati da Unicef, vedono un’intera generazione<br />

di bambini affidata alle cure di<br />

parenti e vicini di casa.<br />

Ma appena il 7% dei genitori che vanno<br />

all’estero per motivi di lavoro lo dichiara<br />

alle autorità competenti, come vorrebbe<br />

la legge romena. In tal modo i figli restano<br />

senza tutela legale, sottoposti a rischi,<br />

abusi e quant’altro.<br />

Va detto, inoltre, che consistente è in<br />

Italia il tributo dei cittadini romeni quanto<br />

a incidenti sul lavoro: nel 2008, secondo<br />

lo studio della Caritas, ne hanno subiti<br />

21.400, dei quali 48 mortali.<br />

4. Genitori e figli, insieme,<br />

al di là della distanza<br />

Senza dubbio il contatto diretto tra<br />

genitori e figli è insostituibile e l’assenza<br />

del genitore è devastante per il bambino.<br />

Abbiamo verificato con i servizi sociali ro-<br />

meni e italiani che ciò che determina nel<br />

bambino sentimenti di frustrazione è proprio<br />

la lontananza del genitore. Questa<br />

situazione comporta nei figli persino un<br />

atteggiamento di “colpevolizzazione”.<br />

Tuttavia, non possiamo limitarci a dire<br />

alle mamme e ai papà: “tornate a casa dai<br />

vostri bambini”.<br />

L’Europa è la nostra “casa comune” e<br />

in Italia i romeni sono una popolazione<br />

richiesta per le ragioni sopra espresse.<br />

Il problema è come cercare di ricostruire<br />

questo rapporto a distanza.<br />

Oggi le nuove tecnologie, la società della<br />

comunicazione, le reti digitali, consentono<br />

di abbattere le distanze e creare ambienti,<br />

sia pure virtuali, dove le affettività possono<br />

circolare sulla base dei bisogni.<br />

Oltre a questo, vi sono i rapporti di interscambi<br />

a livello di famiglie e di mobilità<br />

adolescenziali che possono dare luogo<br />

a forme di riavvicinamento alla famiglia,<br />

le quali, se ben articolate, sono oltretutto<br />

una opportunità di ampliamento dei propri<br />

confini di conoscenza ed esperienza.<br />

Su questo le forze sociali e i rispettivi<br />

governi devono sviluppare un intenso lavoro<br />

di affiancamento ai romeni migranti<br />

e agli “stranieri” entranti, anche per dare<br />

sempre maggiori forme di organizzazione<br />

alle mobilità dei popoli, che sono il fenomeno<br />

imprescindibile che noi conosciamo del<br />

nuovo secolo nell’era della globalizzazione.<br />

In particolare, come ho accennato, le nuove<br />

tecnologie, e mi riferisco ai new-media<br />

e ai social network, come Facebook, Twitter,<br />

di facile praticabilità e di diffusione di<br />

massa, possono costituire una piattaforma<br />

di studio di altre forme organizzative di<br />

incontri in cui creare “ambienti solidali”,<br />

“stanze da gioco e di svago familiare”.<br />

Mi riferisco ad un contatto genitori-figli<br />

che non rincari la dose dell’assenza, ma<br />

quella della presenza, ludica e divertente,<br />

che vedrebbe altrimenti il bambino e l’adolescente<br />

protagonista solitario davanti al<br />

suo computer.


Non sto proponendo un tipo di famiglia<br />

virtuale a distanza. Semplicemente credo<br />

che valga la pena di fare lo sforzo per limitare<br />

le occasioni di spersonalizzazione<br />

che la rete come insidia ci tende e utilizzarla<br />

invece come forma di contatto tra i<br />

familiari. Ipotizzo momenti di contatto<br />

accrescitivi di conoscenza, di attività, di<br />

svago per superare i sentimenti negativi e<br />

di mancanza, e stabilire momenti felici di<br />

co-partecipazione.<br />

Tra gli altri, come ha notato proprio<br />

questi giorni anche Giorgio Bocca 7 , uno dei<br />

massimi giornalisti e conoscitori italiani<br />

della comunicazione: “Il computer è il gioco<br />

preferito dei bambini, la loro droga, la<br />

loro quotidiana dipendenza.<br />

Mi ricordano gli anni della fanciullezza<br />

e del mio infantile bisogno di giocare:<br />

la famiglia, nonni e genitori, gli anziani,<br />

erano a tavola per terminare in santa pace<br />

* Testo dell’intervento svolto al Convengo Left<br />

Behind. La famiglia transnazionale e gli orfani<br />

bianchi nella Moldavia Romena. Anno europeo<br />

2010 per la lotta contro la povertà e l’esclusione<br />

sociale, Uffici della Commissione europea, Rappresentanza<br />

a Milano, 26 maggio 2010.<br />

** L’Autrice è ideatrice e fondatrice dell’Associazione<br />

Irfi onlus, Italia Romania Futuro Insieme<br />

(2006) www.irfionlus.org, e co-fondatrice<br />

della Fari, Federazione delle Associazioni dei<br />

Romeni in Italia (2008) www.faritalia.org. Si<br />

è formata presso il Collegio Teutonico di Santa<br />

Maria dell’Anima e alla Lumsa Università di<br />

Roma dove si è laureata con una tesi sul pensiero<br />

linguistico di Eugenio Coseriu, ha inoltre<br />

compiuto studi tecnici e commerciali e si è occupata<br />

di formazione manageriale applicata ai<br />

servizi. Svolge attività di consulenza e progettazione<br />

a Enti pubblici e associazioni. È attiva<br />

nel mondo del volontariato da diversi anni. Si è<br />

occupata dell’organizzazione e gestione di programmi<br />

culturali, sociali, educativi e informativi<br />

per la comunità romena in Italia, tra cui:<br />

varie sezioni di Libri in lingua romena nelle<br />

biblioteche di Roma (2008); organizzazione di<br />

tavole rotonde sul tema Le comunità romene<br />

20<br />

i pasti, e noi ragazzi già con l’orecchio teso<br />

a raccogliere le voci e i colpi del pallone<br />

dei nostri amici che giocavano nel cortile.<br />

Adesso – continua Bocca – vedo figli e nipoti<br />

tesi, come noi allora, sempre per un<br />

gioco, ma diverso, tecnologico, il gioco del<br />

computer”. Insomma, si tratta di unire<br />

l’utile al dilettevole.<br />

Tutto questo, può essere applicato anche<br />

alle necessità oggettive dei figli, dalla<br />

scuola alla sanità.<br />

Dobbiamo far sì che telefonini e computer<br />

– che ormai circolano abbastanza abitualmente<br />

– siano utilizzati per far diventare<br />

la lontananza una occasione diversa,<br />

moderna e di sviluppo.<br />

Con una battuta potrei concludere dicendo<br />

che mi piacerebbe che la Romania<br />

non fosse solo un popolo di lavoratori nel<br />

mondo, ma anche un Paese che sa mettere<br />

i propri sentimenti in rete.<br />

in Italia (vol. Romania. Immigrazione e lavoro<br />

in Italia. Statistiche, problemi e prospettive)<br />

realizzata dal Consiglio italiano per le scienze<br />

sociali (Css) – Ethnobarometer; ha promosso<br />

l’Indagine sull’inserimento lavorativo delle<br />

immigrazioni qualificate provenienti dalla Romania<br />

realizzata dal Consiglio nazionale delle<br />

ricerche (Cnr); ha organizzato gli incontri tra<br />

Italia Lavoro – l’Agenzia Tecnica del Ministero<br />

del Lavoro e l’associazionismo dei romeni in<br />

Italia nell’ambito del Programma Mobilità internazionale<br />

del lavoro (2009).<br />

1 Dossier Caritas/Migrantes 2008.<br />

2 In evidenza le imprese romene in Italia, su<br />

http://www.osservatorioitro.net/.<br />

3 Secondo l’Istat i romeni residenti in Italia<br />

sono 953 mila al 1° gennaio 2010.<br />

4 Cfr. Corrado Giustiniani, L’Italia e il boom,<br />

dei matrimoni misti, http://www.adiantum.it/.<br />

5 Fonte: Unimpresa Romania.<br />

6 Monica Şerban, Alexandru Toth, Labor Market<br />

in Romania and Immigration, Soros Foundation,<br />

2007.<br />

7 Giorgio Bocca, Il computer? Una droga per figli<br />

e nipoti, “Il Venerdì di Repubblica”, nr. 1156,<br />

14 maggio 2010, p. 13.


Appello di Draghi<br />

Estensione<br />

del Patto di stabilità<br />

alle riforme<br />

strutturali<br />

Da Bruxelles a Strasburgo<br />

Rassegna dell’attività comunitaria<br />

a cura di Linda Paz<br />

Trenta giorni in Europa<br />

RAFFORZARE CON URGENZA IL GOVERNO ECONOMICO<br />

DELL’UNIONE EUROEPA<br />

3 maggio – Roma-Berlino – Il governatore della Banca d’Italia,<br />

Mario Draghi, in un intervento tenuto alla Pontifica Accademia<br />

delle Scienze Sociali, ha lanciato un appello per la riforma del Patto<br />

di stabilità. Per Draghi non è sufficiente affrontare la crisi greca<br />

con i crediti europei e il fondo monetario, ma “occorre con urgenza<br />

riformare il Patto di stabilità e rafforzare il governo economico<br />

dell’Unione europea”. Da Berlino Angela Merkel ha rilanciato l’argomento,<br />

evidenziando l’improrogabilità della riforma del Patto di<br />

stabilità ma aggiungendo anche la necessità di modificare i trattati<br />

sull’Ue. Ma una modifica dei trattati non appare a portata di<br />

mano, considerato anche il tortuoso iter che ha portato, dopo il fallimento<br />

del disegno costituzionale europeo, alla faticosa stesura e<br />

ratifica del trattato di Lisbona, del resto, da poco entrato in vigore.<br />

La situazione economico-finanziaria internazionale rischia di aggravarsi<br />

e di precipitare se non affrontata con strumenti adeguati<br />

e approntabili in tempi rapidi. Una modifica del Patto di stabilità<br />

deve andare nella direzione di una sua estensione all’ambito delle<br />

riforme strutturali, giacché – ha aggiunto Draghi – “la mancanza<br />

di tali riforme è il motivo alla base della mancata crescita di alcuni<br />

Paesi”.<br />

RAPPORTO OCSE: PROGRESSI PER L’ITALIA MA ANCORA<br />

INSUFFICIENTI<br />

4 maggio – Parigi – Il rapporto della Organizzazione per la cooperazione<br />

e lo sviluppo economico relativo alla regulation dell’Italia<br />

ha messo in rilievo significativi passi in avanti del Paese, tra cui<br />

la “riduzione dei costi delle procedure normative, la liberalizzazione<br />

dei mercati dei prodotti, la modernizzazione della pubblica<br />

21


Necessarie nuove<br />

liberalizzazioni<br />

22<br />

Il Parlamento<br />

preso d’assalto<br />

Londra<br />

non partecipa,<br />

ma rimane sola<br />

Attacco<br />

degli speculatori<br />

amministrazione”. Da un lato, i progressi “significativi” sono stati<br />

permessi da una inversione di tendenza rispetto allo stato di stagnazione<br />

a lungo perdurante nel Paese, ma nello stesso tempo essi<br />

sono ancora in gran parte insufficienti per far fronte alle sfide in<br />

corso. Il rapporto ha mostrato anche la buona salute del sistema<br />

bancario italiano rispetto a quello di altri Paesi. Nel prossimo decennio,<br />

secondo l’Ocse la produttività del sistema Italia può crescere<br />

del 14% se accompagnata da nuove misure di liberalizzazione<br />

mirate, in particolare nel settore delle professioni, del servizi di<br />

elettricità e gas e del commercio al dettaglio.<br />

LA CRISI GRECA DIVENTA TRAGEDIA. PAPOULIAS: “IL PAE-<br />

SE È SULL’ORLO DI UN ABISSO”<br />

6 maggio – Atene – Le drastiche misure annunciate dal governo di<br />

Atene per fronteggiare la crisi economica che ha colpito duramente<br />

il Paese hanno scatenato proteste violente. Tra le strade della<br />

capitale si sono verificati scontri sanguinosi tra forze dell’ordine e<br />

dimostranti. Numerosi edifici sono stati dati alle fiamme, lo stesso<br />

Parlamento è stato preso d’assalto per circa un’ora prima che la<br />

polizia riuscisse a respingere l’assedio. Il presidente Karolos Papoulias<br />

ha annunciato che la Grecia “è sull’orlo di un abisso”, mentre<br />

si contano le prime vittime tra le persone decedute nell’incendio<br />

di una banca. Ma non ci sono solo i violenti: è una folla oceanica<br />

quella che ha sfilato per Atene chiedendo che le misure più dure<br />

vengano ritirate mentre i giornali locali titolano: “la crisi greca è<br />

diventata tragedia”.<br />

MAXI-FONDO PER CONTRASTARE LA CRISI DELL’EURO<br />

9 maggio – Bruxelles – Per far fronte alla gravissima crisi economica<br />

che ha gettato la Grecia in ginocchio e che rischia di allargarsi<br />

ad altri Paesi mettendo a repentaglio la stessa moneta unica,<br />

ormai sempre più sotto attacco degli speculatori, i ministri economici<br />

dell’Unione europea hanno deciso la creazione di un fondo<br />

di 600 miliardi di euro. Dal fondo anticrisi si è dissociato il Regno<br />

Unito, mentre il Fondo monetario internazionale parteciperà con<br />

100 miliardi di euro (un sesto dell’importo). I Paesi in forte difficoltà<br />

(tra cui Spagna e Portogallo) si impegnano, dal canto loro, ad<br />

ulteriori riduzioni dei deficit. Mentre il cancelliere dello Scacchiere<br />

britannico, Allistair Darling, ha fatto sapere che Londra non<br />

spenderà una sterlina per aiutare l’euro, altri Paesi dell’Unione<br />

europea che non hanno ancora adottato la moneta unica (come<br />

Polonia e Svezia) hanno dichiarato che faranno la loro parte. La<br />

crisi finanziaria, che sta mettendo a dura prova anche la moneta<br />

unica, sembra porre sempre più in rilievo il carattere di scontro<br />

globale tra speculazione finanziaria e potere dei governi. Anders


Netanyahu:<br />

respinto un attacco<br />

terroristico<br />

Mentalità d’assedio<br />

del governo<br />

israeliano<br />

Borg, ministro svedese delle Finanze, ha denunciato lo “sciacallaggio”<br />

delle banche di affari e degli hedge fund nell’attacco alla Grecia<br />

e agli altri Paesi in grave difficoltà. Lo stesso presidente Usa,<br />

Barak Obama, ha preso le distanze dagli eccessi delle speculazioni<br />

di Wall Street.<br />

ISRAELE APRE IL FUOCO CONTRO GLI ATTIVISTI DELLA<br />

FREEDOM FLOTILLA. DIVAMPANO LE POLEMICHE PER<br />

L’USO SPROPOSITATO DELLA FORZA<br />

1 giugno – Una flottiglia multinazionale composta da sei navi, Freedom<br />

Flotilla, raggruppata da diverse organizzazioni non governative<br />

che lottano contro il blocco della Striscia di Gaza imposto da<br />

Israele e che portava con sé diverse tonnellate di aiuti umanitari<br />

destinati alla popolazione di Gaza, è stata fermata dalle truppe<br />

israeliane, sembra ancora in acque internazionali. A bordo vi erano<br />

700 attivisti di 40 nazionalità (anche alcuni italiani), diversi<br />

giornalisti, alcuni europarlamentari e deputati arabi. Questo folto<br />

gruppo di attivisti filo-palestinesi era partito da Cipro per forzare<br />

il blocco navale israeliano che, nel compito di fermare la flottiglia,<br />

ha aperto il fuoco uccidendo almeno una decina di attivisti (altre<br />

fonti parlano di almeno 19 morti) a bordo della turca Mavi Marmara,<br />

la più grande delle sei navi coinvolte. La dinamica dei fatti<br />

rimane ancora non chiarita, ma l’incidente ha sollevato subito un<br />

vespaio di polemiche a livello internazionale. Il premier Netanyahu,<br />

di fronte alle critiche internazionali per un uso eccessivo e<br />

spropositato della forza, ha replicato che le truppe israeliane hanno<br />

soltanto respinto un attacco terroristico. Ma le spiegazioni del<br />

premier israeliano non convincono e sembrano piuttosto mostrare<br />

che il governo di Gerusalemme si è chiuso in una mentalità di<br />

assedio nella quale è diventato sempre più difficile distinguere i<br />

pericoli reali da quelli presunti.<br />

Il Bulletin européen è una tribuna libera fondata nel 1950<br />

da J. Constantin <strong>Dragan</strong> per lo sviluppo del dibattito sull’Europa.<br />

Le opinioni, liberamente espresse dagli autori,<br />

non necessariamente corrispondono a quelle del giornale.<br />

Bulletin européen<br />

ISSN 0407-8438<br />

Edizioni Nagard s.r.l.<br />

Poste italiane Spa - Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003<br />

(conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano<br />

Direttore Responsabile: Guido Ravasi<br />

Direzione e Redazione: Via Larga 9 - 20122 Milano<br />

Tel. 02 58371400 - Fax 02 58304790 - bulletineuropeen@fondazionedragan.org<br />

Registrazione Tribunale Milano n. 390 del 3-6-1998<br />

Stampa: Litografia Solari - Peschiera Borromeo (MI)<br />

Associato all’U.S.P.I.<br />

Chiuso in redazione: 3 giugno 2010


... si la Communauté économique européenne est la base de l’unification de l’Europe,<br />

la Communauté culturelle en permettra sa réalisation durable.<br />

SOMMARIO<br />

Centro Unesco Milano: Per una cultura della biodiversità ...............................1<br />

Pietro Grilli di Cortona: Politica ed economia in Russia.<br />

Politica di potenza, deficit democratico e risorse energetiche (III) .......................3<br />

Paolo Calegari: Aspirazioni personali e progetti di vita.<br />

Educazione e Società. ..............................................................................................9<br />

Giuliano Cenci: L’Europa e la <strong>Fondazione</strong> <strong>Europea</strong> <strong>Dragan</strong>. ..........................13<br />

L’Albero della Vita onlus: Allarme orfani bianchi:<br />

350 mila bimbi a rischio in Romania ..............................................................15<br />

Simona C. Farcas: La condizione dei romeni migranti.<br />

Genitori e figli, insieme al di là della distanza ....................................................16<br />

Linda Paz: Rassegna dell’attività comunitaria .................................................21

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