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Giorgio Lambri L’osteria del c<strong>in</strong>ghiale nero<br />
«Una volta ho creduto di aver f<strong>in</strong>almente trovato quel che cercavo. Accadde<br />
molti anni fa, al fronte, quando <strong>la</strong> maggior parte di voi non era ancora<br />
nata. Dal<strong>la</strong> nostra postazione crepitavano le raffiche dei colpi di<br />
sbarramento. Ma ad un certo punto il capitano Corsi ord<strong>in</strong>ò il cessate il<br />
fuoco e restammo per qualche m<strong>in</strong>uto immobili, <strong>in</strong> un silenzio <strong>in</strong>naturale,<br />
per capire se i guerriglieri rispondevano al<strong>la</strong> nostra offensiva oppure si<br />
ritiravano. Proprio <strong>in</strong> quel momento dal cielo arrivò una granata. La f<strong>in</strong>e<br />
del mondo. Fui salvato dal caporale Angelo Salvi, grand’uomo, che si<br />
beccò le schegge nello stomaco e mi cadde addosso riparandomi. Ricordo<br />
che lo sollevai, per cercare di soccorrerlo. Ma era già morto. Allora lo<br />
guardai dritto negli occhi. Sorrideva. Sembrava felice. Come se quelle<br />
maledette schegge fossero state il suo più agognato desiderio. Ma allora<br />
<strong>la</strong> morte ha il volto del<strong>la</strong> serenità - pensai - e non vi è ragione di temer<strong>la</strong>.<br />
Ma un m<strong>in</strong>uto dopo ero già ripiombato nel dubbio. Mentre a braccia<br />
trasportavo il corpo del mio povero amico qualcosa gli cadde da una mano.<br />
Era un foglio. Una lettera di sua moglie Ade<strong>la</strong>ide, che egli stava leggendo<br />
proprio nel momento <strong>in</strong> cui era stato colpito. Poche righe che gli<br />
annunciavano che sarebbe presto diventato padre. Ecco perché il mio<br />
sventurato amico sorrideva. Forse non si era neppure accorto del<strong>la</strong><br />
granata. Nemmeno il suo, dunque, era il vero volto del<strong>la</strong> morte».<br />
Nel locale regnava una strana atmosfera. Come se quel racconto avesse<br />
paralizzato tutti. Il colonnello era sempre più pensieroso. Seduto <strong>in</strong><br />
poltrona, di fronte al cam<strong>in</strong>etto, scrutava un punto <strong>in</strong>def<strong>in</strong>ito, senza<br />
par<strong>la</strong>re.<br />
Era morto. Il massaggio cardiaco, <strong>la</strong> respirazione artificiale, una puntura<br />
di adrenal<strong>in</strong>a. Fu tutto <strong>in</strong>utile.<br />
Se n’era andato. E sul volto aveva disegnato uno sguardo strano ed <strong>in</strong>quietante.<br />
Vi si leggevano stupore e rassegnazione. Forse anche un po’ di<br />
paura. Era proprio quello sguardo che aveva così a lungo cercato.<br />
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