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Giorgio Lambri L’osteria del c<strong>in</strong>ghiale nero<br />
L’OSTERIA DEL CINGHIALE NERO<br />
“Il silenzio che par<strong>la</strong>,<br />
figlio del<strong>la</strong> montagna e del vento.<br />
Rantolo disperato per abbandonarsi nel vuoto.<br />
Ho ascoltato il silenzio che par<strong>la</strong>,<br />
un pomeriggio di luglio,<br />
sul<strong>la</strong> montagna del<strong>la</strong> forza e del<strong>la</strong> paura.<br />
Piangendo, ho ascoltato il sole.<br />
Raccontava storie dannate<br />
e illum<strong>in</strong>ava <strong>la</strong> mia tristezza.<br />
Ho sentito il tempo.<br />
Ho visto mio padre.<br />
Ho capito che <strong>la</strong> mia libertà<br />
vive nel silenzio che par<strong>la</strong>.<br />
E sono morto lentamente,<br />
pensando al<strong>la</strong> vita”.<br />
Tutti i clienti che si gustavano gli ammazza-caffè del<strong>la</strong> casa, davanti al<br />
cam<strong>in</strong>etto acceso, quel<strong>la</strong> sera di gennaio, all’Osteria del C<strong>in</strong>ghiale Nero<br />
- una vecchia trattoria-bar che negli anni era stata ritrovo di briganti e<br />
partigiani, contad<strong>in</strong>i e cacciatori, ma che era poi diventata (grazie ai mitici<br />
tortelli alle ortiche del<strong>la</strong> signora Piera) una delle mete gastronomiche più<br />
ambite del<strong>la</strong> Val Nure - credevano di essere <strong>in</strong> proc<strong>in</strong>to di assistere ad uno<br />
dei soliti show del colonnello Balsamo.<br />
Si scherniva il vecchio militare, mentre raccontava del<strong>la</strong> sua ultima preda,<br />
uno splendido c<strong>in</strong>ghiale di tre qu<strong>in</strong>tali. «Ho avuto so<strong>la</strong>mente fortuna cari<br />
amici - diceva il colonnello - se come voi all’<strong>in</strong>gresso del bosco avessi<br />
imboccato <strong>la</strong> mu<strong>la</strong>ttiera che sale verso il <strong>la</strong>go non avrei mai <strong>in</strong>contrato il<br />
c<strong>in</strong>ghiale. Invece, chissà perché, ho deciso di scendere al ruscello per<br />
risalire poi dal sentiero che porta al<strong>la</strong> Croce».<br />
La sua era una modestia volutamente teatrale. E lo sapevano bene i suoi<br />
ascoltatori, che f<strong>in</strong>gevano grande attenzione per le sue parole, ma <strong>in</strong> realtà<br />
non lo stavano nemmeno a sentire.<br />
«Ho puntato il fucile all’ultimo momento, quando quel<strong>la</strong> bestia <strong>in</strong>furiata<br />
era a non più di c<strong>in</strong>que metri. Un colpo solo, al<strong>la</strong> testa».<br />
E accompagnò quest’ultima frase con un p<strong>la</strong>teale gesto del<strong>la</strong> mano, per<br />
mostrare dove esattamente aveva colpito il c<strong>in</strong>ghiale.<br />
«Perché avete atteso così tanto - mi <strong>in</strong>tromisi io, che nemmeno conoscevo<br />
il colonnello e che ascoltavo appoggiato allo stipite del<strong>la</strong> porta - poteva<br />
essere rischioso?».<br />
«Volete sapere perché ho aspettato f<strong>in</strong>o all’ultimo? Non è semplice da<br />
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