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università degli studi di napoli federico ii dottorato di ricerca in ...

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faceva parte dei primores, e gli Iberi poterono combattere melius dei propri<br />

avversari.<br />

Alla luce <strong>di</strong> quanto s<strong>in</strong>ora argomentato, mi sembra non <strong>in</strong>fondato sostenere<br />

che la adozione <strong>di</strong> peritia da parte <strong>di</strong> Tacito, <strong>in</strong> un luogo – I 69, 2 – nel quale lo<br />

storico apporta la seconda, fondamentale pennellata 218 al quadro con cui illustra il<br />

rapporto esistente tra Tiberio e Seiano, non possa né debba <strong>in</strong> alcun modo ritenersi<br />

casuale. Una prima lettura del passo potrebbe forse far nascere nello <strong>stu<strong>di</strong></strong>oso l’idea<br />

<strong>di</strong> un Seiano dom<strong>in</strong>atore <strong>di</strong> Tiberio, padrone delle chiavi d’accesso all’animo <strong>di</strong><br />

costui, capace <strong>di</strong> alimentare a proprio piacimento o<strong>di</strong> e rancori nel cuore <strong>in</strong>fido del<br />

pr<strong>in</strong>ceps; né si può negare che una realtà <strong>di</strong> tal genere potesse essere presente, pur<br />

se parzialmente, alla coscienza storiografica <strong>di</strong> Tacito, il quale del resto, sempre a I<br />

69, <strong>di</strong>ce espressamente, accendebat haec onerabatque Seianus, laddove per haec<br />

bisogna <strong>in</strong>nanzitutto <strong>in</strong>tendere i rancori nutriti dall’imperatore nei confronti <strong>di</strong><br />

Agripp<strong>in</strong>a, moglie <strong>di</strong> Germanico. Eppure, proporrei anche una seconda, parallela<br />

chiave <strong>in</strong>terpretativa per il luogo <strong>in</strong> questione, secondo una prospettiva che si fon<strong>di</strong><br />

sull’ovvio presupposto che Tacito scrisse la sua opera post eventum, ben sapendo<br />

qu<strong>in</strong><strong>di</strong> f<strong>in</strong> dall’<strong>in</strong>izio quale sarebbe stata la sorte <strong>di</strong> Seiano stesso, e su quello, forse<br />

meno ovvio, che agli occhi dello storico fu Tiberio a servirsi sempre <strong>di</strong> Seiano,<br />

utilizzandolo come uno strumento assai funzionale <strong>di</strong> elim<strong>in</strong>azione <strong>di</strong> qualunque<br />

rivale o problema, salvo poi abbandonarlo, tra<strong>di</strong>rlo, «sul lungo tempo», quando<br />

cioè arrivò il momento <strong>in</strong> cui il pr<strong>in</strong>ceps comprese <strong>di</strong> non poter più sfruttare il<br />

praefectus praetor<strong>ii</strong>, ma anzi si trovò davanti alla necessità <strong>di</strong> elim<strong>in</strong>arlo<br />

crudelmente. Nell’ottica <strong>in</strong> cui mi pongo, <strong>di</strong>venta decisiva proprio la<br />

determ<strong>in</strong>azione del valore “conoscitivo” che è opportuno attribuire a quella peritia<br />

morum Tiber<strong>ii</strong> <strong>di</strong> cui parla Tacito. Essa è sostanzialmente <strong>di</strong>versa dalla<br />

“competenza” che posseggono tutti gli altri <strong>in</strong><strong>di</strong>vidui <strong>in</strong> relazione ai quali peritia è<br />

adoperato <strong>in</strong> quel che resta dei libri ab excessu <strong>di</strong>vi Augusti, e lo è perché ha come<br />

oggetto una realtà che non si presta ad alcuna conoscenza certa, a nessuno <strong>stu<strong>di</strong></strong>o<br />

218 La prima si legge al già citato Ann. I 24, 2 (…) Aelius Seianus (…) magna apud Tiberium auctoritate.<br />

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