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università degli studi di napoli federico ii dottorato di ricerca in ...

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sua caritas nei confronti della propria figlia, è <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>e a sospettare del genero L.<br />

Silano 204 ; anche per costui, non vi sarà dest<strong>in</strong>o <strong>di</strong>verso dalla morte.<br />

A XII 51, 1 troviamo un’altra occorrenza <strong>di</strong> caritas assai <strong>in</strong>teressante: è<br />

appunto <strong>in</strong> forza della mariti caritas (congiunta, <strong>in</strong> un f<strong>in</strong>e chiasmo cum variatione<br />

alla menzione precedente del metus hostilis) che Zenobia segue, <strong>in</strong>c<strong>in</strong>ta, il proprio<br />

sposo Radamisto nella fuga 205 ; poi però, onde evitare le contumeliae captivitatis, la<br />

donna si farà uccidere dallo stesso coniuge.<br />

E’ opportuno a questo punto tentare <strong>di</strong> ricavare dai numerosi esempi appena<br />

presentati una deduzione <strong>di</strong> carattere più ampio e generale, un criterio utile per<br />

stabilire, come preannunciato, se si possa affermare che l’uso <strong>di</strong> caritas avvenga <strong>in</strong><br />

Tacito seguendo una strategia lessicale precisa, correlata alla volontà <strong>di</strong> sottendere<br />

un dato costante, <strong>di</strong>rei un comune denom<strong>in</strong>atore, alle svariate situazioni relazionali<br />

che dall’autore risultano poste appunto sotto la luce e nella prospettiva <strong>di</strong> un<br />

sentimento <strong>di</strong> caritas, solitamente (ma non sempre!) s<strong>in</strong>cero. Come possiamo<br />

ragionevolmente desumere dalla lettura del testo tacitiano, quasi tutti i rapporti 206<br />

nei quali <strong>in</strong>tercorrano relazioni variamente rapportabili alla caritas registrano<br />

prima o poi la f<strong>in</strong>e violenta, la morte, o comunque la rov<strong>in</strong>a e la sventura <strong>di</strong> una<br />

delle due figure che <strong>di</strong> volta <strong>in</strong> volta si trovano ad <strong>in</strong>teragire all’<strong>in</strong>terno dei suddetti<br />

rapporti: la caritas dunque sembra sempre dest<strong>in</strong>ata, negli Annales, a legare sì tra<br />

loro due persone, ma anche, <strong>di</strong>remo a questo punto, a prefigurare la sfortuna che<br />

attende una <strong>di</strong> esse. Alla luce <strong>di</strong> quanto ora affermato si potrebbe dunque<br />

ipotizzare, pur sempre con la dovuta cautela, che a IV 11, 2 Tacito, attraverso l’uso<br />

del term<strong>in</strong>e caritas, abbia voluto caricare la propria affermazione <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong><br />

sovrasenso, quasi esprimendosi, lo ripeto ancora, secondo una modalità <strong>in</strong> un certo<br />

qual modo rapportabile all’ironia tragica: lo storico potrebbe aver voluto<br />

preannunziare, prefigurare, la vera conclusione <strong>di</strong> questo rapporto a due, <strong>in</strong> fondo<br />

204 (…) accipien<strong>di</strong>s adversus generum suspicionibus caritate filiae promptior.<br />

205 Sed coniunx gravida primam utcumque fugam ob metum hostilem et mariti caritatem toleravit (…).<br />

206 Caso particolare è costituito da Ann. XVI 28, 3, laddove, nelle parole <strong>di</strong> uno dei suoi accusatori, il nobilissimo<br />

Trasea Peto è legato nel nome <strong>di</strong> una r<strong>in</strong>negata caritas all’<strong>in</strong>tera Urbs; eppure, come è noto, Trasea Peto morirà, e<br />

ciò rende l’episo<strong>di</strong>o <strong>in</strong> questione congruente, almeno <strong>in</strong> parte, con gli altri che ho analizzato. Ancora, a XIII 16, 4 –<br />

Ottavia vede morire sotto i propri occhi suo fratello Britannico – si parla della caritas <strong>in</strong> senso più generale, al <strong>di</strong><br />

fuori <strong>di</strong> un rapporto <strong>in</strong><strong>di</strong>viduale, ma anche qui si dà una situazione luttuosa analoga alle altre passate <strong>in</strong> rassegna.<br />

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