da F.R.D. Goodyear 115 : il commentatore ritiene che si sia al cospetto <strong>di</strong> una storia <strong>in</strong>ventata, fondata sul più semplice aneddoto <strong>in</strong> base al quale Augusto desiderava rivedere Agrippa negli ultimi anni della propria vita, non a caso poi ricordando che «M. P. Charlesworth, AJPh 44 (1923), 148 ff., demonstrates that the whole th<strong>in</strong>g is a farrago of improbabilities». In anni assai recenti, anche la Strocchio 116 ha ritenuto che fu Tiberio, secondo Tacito, a volere l’uccisione <strong>di</strong> Agrippa Postumo, facendo poi ricorso alla pratica della <strong>di</strong>ssimulatio nel parlare con il centurione-sicario e nel pensare <strong>di</strong> rimandare la questione al senato. Un’<strong>in</strong>terpretazione sfavorevole al v<strong>in</strong>citore <strong>di</strong> Azio, <strong>in</strong>vece, è quella <strong>di</strong> J.D. Lewis 117 : nell’uccisione dovette essere co<strong>in</strong>volto Sallustio Crispo, non Tiberio, e tale uccisione rappresentò l’ultimum fac<strong>in</strong>us del pr<strong>in</strong>cipato augusteo. Interessanti mi sembrano poi le argomentazioni con cui A.J. Woodman 118 supporta la propria tesi che «<strong>in</strong> Tacitus’ version of the events we are given every reason to suppose that Tiberius’ reply (la risposta data al centurione assass<strong>in</strong>o, al quale Tiberio <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> non aver egli impartito nessun or<strong>di</strong>ne omicida) was <strong>in</strong>deed genu<strong>in</strong>e». Woodman sostiene che, se Tiberio fosse stato il mandante della caedes, Sallustio Crispo non avrebbe dovuto entrare nel panico, ciò che <strong>in</strong>vece Tacito riferisce essere accaduto, davanti alla volontà dell’imperatore <strong>di</strong> riferire <strong>in</strong> senato sull’evento: questo amicus del pr<strong>in</strong>ceps, questo particeps secretorum, <strong>di</strong>fatti, avrebbe ben potuto farsi scudo, <strong>in</strong> ogni evenienza, per salvar la propria pelle, appunto <strong>di</strong> un or<strong>di</strong>ne provenuto dall’alto, dal nuovo detentore del potere assoluto; ed anzi, aggiunge il Woodman, forse Tacito <strong>in</strong>troduce la figura <strong>di</strong> Sallustio, assente dai ren<strong>di</strong>conti che della vicenda forniscono Svetonio e Cassio Dione, proprio per avvalorare la tesi della s<strong>in</strong>cerità della risposta data da Tiberio al centurione. In fondo, non parrebbe improponibile che Livia, da tempo <strong>in</strong>vestita <strong>di</strong> un potere smisurato, potesse aver pensato <strong>di</strong> dare un ulteriore sostegno a quel figlio per il quale aveva già fatto tanto, liberandolo da un potenziale aemulus, e che poté anche far ciò senza nulla comunicare preventivamente al figlio stesso, sicura che questi non la avrebbe certo biasimata una volta appreso della azione “epurativa” posta <strong>in</strong> atto, a suo vantaggio, dalla propria madre, grazie anche alla fattiva collaborazione <strong>di</strong> Sallustio. Non si può però tacere che tale analisi (a mio avviso, ripeto, <strong>in</strong>teressante) deve fare i conti con quanto leggiamo a III 30, 3: parlando <strong>di</strong> Sallustio Crispo, Tacito <strong>di</strong>ce che questi, praecipuus, cui secreta imperatorum <strong>in</strong>niterentur, et <strong>in</strong>terficien<strong>di</strong> Postumi Agrippae conscius, aetate provecta, speciem magis <strong>in</strong> amicitia pr<strong>in</strong>cipis quam vim tenuit. Certo, nulla vieta <strong>di</strong> pensare che Tiberio potesse essere "freddo" nei confronti <strong>di</strong> un uomo colpevole, o complice, <strong>di</strong> un omici<strong>di</strong>o del quale egli stesso aveva rischiato <strong>di</strong> essere accusato all'exor<strong>di</strong>um del proprio regno senza averne avuta alcuna responsabilità. Eppure, credo sia possibile ipotizzare anche che lo storico volesse qui def<strong>in</strong>ire Sallustio <strong>in</strong>viso a Tiberio perché, appunto, conscius <strong>di</strong> un suo secretum, e qu<strong>in</strong><strong>di</strong> sempre potenzialmente pericoloso: <strong>in</strong> tal caso, allora, si dovrebbe <strong>di</strong> necessità postulare che Tacito ritenesse ci fosse stato anche il pr<strong>in</strong>ceps <strong>di</strong>etro il primum fac<strong>in</strong>us novi pr<strong>in</strong>cipatus. La breve rassegna delle posizioni assunte da alcuni <strong>stu<strong>di</strong></strong>osi <strong>in</strong> merito al resoconto tacitiano <strong>di</strong> questo momento fondamentale della storia del pr<strong>in</strong>cipato si chiude tornando all’articolo del Charlesworth da cui aveva preso le mosse, <strong>in</strong> quanto ad esso si richiama, <strong>in</strong> assoluta contrapposizione, G. Marasco 119 : poiché le argomentazioni del Charlesworth non gli sembrano conv<strong>in</strong>centi, Marasco tenta <strong>di</strong> <strong>in</strong><strong>di</strong>viduarne i punti <strong>di</strong> debolezza. Il confronto tra le fonti consentirebbe <strong>di</strong> affermare che Augusto dovette effettivamente pentirsi <strong>di</strong> aver relegato Agrippa Postumo, organizzare il viaggio, affrontarlo; nessuna testimonianza, <strong>in</strong>oltre, tranne quella <strong>di</strong> Tacito, autorizzerebbe a pensare ad un Agrippa Postumo dalla <strong>in</strong>dole folle. Marasco conclude la sua confutazione delle tesi <strong>di</strong> Charlesworth sostenendo che anche la stessa figura e personalità <strong>di</strong> Paolo Fabio Massimo contribuirebbero a far ritenere che l’episo<strong>di</strong>o dovette, o comunque potè, essere accaduto. L’accompagnatore <strong>di</strong> Augusto ebbe nobile orig<strong>in</strong>e, fu console nell’11 d. C., era <strong>in</strong>timo del pr<strong>in</strong>cipe, viene ricordato da Orazio ed Ovi<strong>di</strong>o come ottimo avvocato <strong>di</strong>fensore, essendo <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e profondamente legato, per v<strong>in</strong>coli parentali acquisiti, alla famiglia <strong>di</strong> Augusto. In base a tutto ciò, per Marasco è cre<strong>di</strong>bile che Paolo Fabio Massimo potè voler parlare <strong>in</strong> <strong>di</strong>fesa del relegato, così ostacolando Tiberio che, per Augusto, era un figlio adottivo, dunque estraneo a quella famiglia del v<strong>in</strong>citore <strong>di</strong> Azio <strong>di</strong> cui, <strong>in</strong>vece, Paolo Fabio Massimo sentiva che a pieno <strong>di</strong>ritto facesse parte Agrippa Postumo. L’unico punto, <strong>in</strong>somma, su cui Marasco concorda con Charlesworth è la non necessità <strong>di</strong> ritenere, nonostante il 115 F.R.D. GOODYEAR, The Annals of Tacitus, cit., vol. I, p. 131. 116 Roberta STROCCHIO, Simulatio e <strong>di</strong>ssimulatio…, cit., pp. 44-46. 117 J.D. LEWIS, Primum fac<strong>in</strong>us novi pr<strong>in</strong>cipatus?, Auckland 1970, pp. 165-84. 118 A.J. WOODMAN, A death…, cit., pp. 30 s. 119 G. MARASCO, Augusto, Agrippa Postumo e la morte <strong>di</strong> Paolo Fabio Massimo, «GIF» 47, 1995, pp. 131-39. 43
viaggio a Pianosa, che Livia fu colpevole dell’avvelenamento <strong>di</strong> Augusto: la malevola allusione dovette costituire un elemento portante della denigrazione <strong>di</strong> Livia che Tacito, su questo pare non possano sussistere dubbi, pone <strong>in</strong> essere f<strong>in</strong> da subito. Ora, tra la “lettura” <strong>di</strong> Charlesworth e quella <strong>di</strong> Marasco, alle quali bene si può ricondurre <strong>in</strong> ultima istanza il <strong>di</strong>battito, non mi sentirei <strong>di</strong> prendere una decisa posizione, ma vorrei pur fare un’osservazione. Ritengo <strong>in</strong>nanzitutto opportuno accogliere quanto giustamente sostiene C. Formicola 120 , e cioè che Tacito, riportando a I 5, 1 la <strong>di</strong>ceria sul presunto <strong>in</strong>contro riappacificatore, avvenuto a Pianosa, tra Augusto e Agrippa Postumo, sembrerebbe voler <strong>in</strong><strong>di</strong>rettamente avvalorare la voce sulla colpevolezza <strong>di</strong> Livia nella morte del marito. Penso si debba <strong>in</strong>fatti concordare con quanto lo stesso Formicola afferma a p. 48, n. 62 del medesimo articolo: non conta quanto <strong>di</strong> vero vi fosse <strong>di</strong>etro il racconto dell’episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Pianosa, bensì il fatto che emerga «(…) l’<strong>in</strong>tenzione <strong>di</strong> Tacito <strong>di</strong> far comprendere che senza gli opportuni <strong>in</strong>terventi <strong>di</strong> Livia Tiberio non sarebbe mai <strong>di</strong>ventato imperatore, e che qu<strong>in</strong><strong>di</strong> il figlio contraeva un pesante debito nei confronti della madre, un motivo che sarà poi piuttosto ricorrente nella narrazione tacitiana». Come osserva R. Mart<strong>in</strong> 121 , Tacito, partendo da dati <strong>di</strong> fatto, spesso arricchisce la propria narrazione con «non factual material» (l’espressione è <strong>di</strong> Bessie WALKER, The Annals of Tacitus, cit., pp. 33 s. e p. 158, dove si sostiene che tali materiali per Tacito sono «part of his more elaborate narrative technique»), con cui stabilisce il tono morale ed emotivo che vuole evocare nel lettore. Ove si convenga che, nei capitoli d’apertura del I libro, lo storico ha, tra gli altri, l’<strong>in</strong>tento <strong>di</strong> denigrare pesantemente Livia, si potrebbe scorgere qui appunto un caso <strong>di</strong> “materiale non fattuale” (i rumores sulle colpe dell’Augusta nella morte dello sposo e poi <strong>di</strong> Agrippa Postumo) <strong>in</strong>serito su un sostrato <strong>di</strong> dati sicuri e certi: se davvero le cose stessero così, la mia osservazione <strong>in</strong> materia <strong>di</strong> prassi narrativa potrebbe fornire alla lettura proposta da Marasco un altro punto d’appoggio, oltre a quelli <strong>di</strong> cui la aveva già dotata lo <strong>stu<strong>di</strong></strong>oso nel suo <strong>in</strong>teressante contributo. 120 C. FORMICOLA, I rumores nell’esade…, cit., p. 47. 121 R. MARTIN, Tacitus and the Death of Augustus, «CQ» 5, 1955, pp. 123-28 (part., p. 127). 44
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Saggi ed articoli F. ARNALDI, Tacit
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