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università degli studi di napoli federico ii dottorato di ricerca in ...

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momento come “omici<strong>di</strong>o”, o comunque come “morte”, quello che avesse <strong>in</strong> prima<br />

istanza eventualmente def<strong>in</strong>ito semplicemente “atto”: questo <strong>in</strong>vece, a mio avviso<br />

tutt’altro che casualmente, è quanto accade a I 6, 1.<br />

Come a proposito <strong>di</strong> quella che si potrebbe forse ad<strong>di</strong>rittura def<strong>in</strong>ire una<br />

“struttura-tipo” cui l’ordo verborum <strong>degli</strong> Annales fa tendenzialmente ricorso<br />

quando si debba affrontare lo scabroso e scottante tema delle “morti <strong>di</strong> palazzo”,<br />

anche per ciò che concerne il piano del lessico, dunque, a I 6, 1 possiamo <strong>di</strong>re <strong>di</strong><br />

aver riscontrato una “anomalia”. Non già la prassi tacitiana che sarà poi normale,<br />

vale a <strong>di</strong>re la <strong>di</strong>retta ed imme<strong>di</strong>ata presentazione <strong>di</strong> un omici<strong>di</strong>o, <strong>di</strong> una morte,<br />

nelle “vesti” appunto <strong>di</strong> omici<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> morte, bensì una sorta <strong>di</strong> effetto ritardato, un<br />

<strong>di</strong>fferimento, l’adozione <strong>di</strong> una parola-ponte, <strong>di</strong> un term<strong>in</strong>e <strong>di</strong> collegamento la cui<br />

presenza potrà essere ritenuta <strong>di</strong> scarsa rilevanza “ideologica”, soltanto se non si<br />

tiene conto del rigore con cui Tacito operava le proprie scelte lessicali. Anche da<br />

questa sezione della mia <strong>di</strong>scussione, dunque, pare tragga sostegno l’idea che forse<br />

quel fac<strong>in</strong>us <strong>di</strong> I 6, 1 sia portatore <strong>di</strong> un senso, <strong>di</strong> un significato, <strong>di</strong> un valore<br />

<strong>in</strong>formativo, assai preziosi, tali da rendere <strong>di</strong>fficilmente con<strong>di</strong>visibile l’ipotesi che<br />

esso rappresenti qui una semplice vox me<strong>di</strong>a.<br />

Torniamo, f<strong>in</strong>almente, a I 6, 1 e a XIII 1, 1. Alla luce <strong>di</strong> quanto detto s<strong>in</strong>ora,<br />

relativamente, prima, alla “struttura espressiva-tipo” quasi sempre utilizzata da<br />

Tacito per parlare delle morti imposte dall’alto, e, poi, alla scelta lessicale<br />

tendenzialmente fatta per riferire delle uccisioni decretate dai titolari del potere, al<br />

f<strong>in</strong>e <strong>di</strong> conservarlo; alla luce <strong>di</strong> tutto ciò, dunque, possiamo procedere nell’analisi<br />

ponendone l’argomentazione su <strong>di</strong> un duplice livello, corrispondente <strong>in</strong> estrema<br />

istanza al duplice or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> <strong>in</strong>terrogativi già precedentemente sollevato, ma su cui<br />

ora si può tornare con maggiore consapevolezza. Innanzitutto, bisogna chiedersi<br />

perché Tacito, fra due luoghi la cui reciproca correlazione credo sia <strong>in</strong>dubitabile,<br />

realizzi nel primo <strong>di</strong> essi (I 6, 1) l’unico caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>vergenza, certamente voluto,<br />

rispetto a quello che sarà quasi un suo “schema organizzativo abituale”. Anzi, lo<br />

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