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università degli studi di napoli federico ii dottorato di ricerca in ...

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pr<strong>in</strong>ceps nella Curia. Non è qui importante, io credo, <strong>di</strong>scutere della s<strong>in</strong>cerità o<br />

meno del gesto, o anche dei contenuti del carmen; ciò che conta, è che esiste la<br />

prova <strong>di</strong> un fatto assolutamente importante e a suo modo clamoroso, viste le<br />

circostanze della morte <strong>di</strong> Germanico e l’<strong>in</strong>trico <strong>di</strong> sospetti a cui aveva dato<br />

orig<strong>in</strong>e. E’ ovvio che <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea assolutamente teorica, Tacito, Svetonio e Dione<br />

poterono non saper nulla del carmen, o anche della <strong>di</strong>ffusione epigrafica del suo<br />

testo; ma mi sembra davvero <strong>in</strong>verosimile che una materia <strong>di</strong> tale rilievo, anche per<br />

le sue implicazioni <strong>di</strong> tipo politico, non fosse nota ai tre autori, ciascuno, secondo i<br />

propri mezzi e le proprie tendenze, attento a documentarsi e documentare al<br />

meglio. Quanto a Tacito, crederemo che lo storico senatore, l’attento <strong>in</strong>dagatore<br />

dei documenti ufficiali, non avesse almeno notizia <strong>di</strong> quell’elogio funebre? Sulla<br />

base <strong>di</strong> queste considerazioni si può forse affermare che, mentre Svetonio e Dione<br />

glissano, son reticenti, ad<strong>di</strong>rittura Tacito mente. Non si potrebbe <strong>in</strong>fatti a questo<br />

punto ritenere che lo storico dell’impero, relativamente a Germanico, abbia voluto<br />

<strong>in</strong>sistere, f<strong>in</strong>o forse anche a crearlo, su un <strong>di</strong>s<strong>in</strong>teresse <strong>di</strong> Tiberio che poi, si è visto,<br />

non riceve conferme, bensì anzi smentite, da una importante ed atten<strong>di</strong>bile fonte<br />

epigrafica? Ciò era naturalmente funzionale alla narrazione <strong>degli</strong> Annales, <strong>in</strong><br />

quanto <strong>in</strong>troduceva un’ulteriore <strong>in</strong>formazione da cui il lettore potesse ricavare,<br />

forte e nitida, l’impressione che Tiberio o<strong>di</strong>asse ed avversasse <strong>in</strong> ogni maniera,<br />

pers<strong>in</strong>o dopo la morte, il povero Germanico. Non escluderei, però, che il narratore<br />

potesse voler sfruttare questa sorta <strong>di</strong> toépov della negligenza <strong>di</strong> Tiberio davanti<br />

alle onoranze funebri da tributarsi ad un defunto ed a lui <strong>in</strong>viso parente, e che<br />

volesse farlo per istituire una sorta <strong>di</strong> richiamo a <strong>di</strong>stanza tra i “negletti”<br />

Germanico e Livia. Insomma la pag<strong>in</strong>a tacitiana, benché primariamente<br />

con<strong>di</strong>zionata da altre sp<strong>in</strong>te, autorizza forse, <strong>in</strong> modo pienamente consapevole, a<br />

vedere <strong>in</strong> Germanico ed <strong>in</strong> Livia due figure a loro modo parallele, <strong>in</strong> quanto<br />

esponenti “tipici” <strong>di</strong> quella corte potenzialmente assai m<strong>in</strong>acciosa per la stabilità<br />

del potere <strong>di</strong> Tiberio, e perciò stesso <strong>in</strong>visi al sovrano; e lo fa, dato questo<br />

fondamentale, appaiandole <strong>in</strong> un momento ritenuto capitale per la narrazione della<br />

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