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università degli studi di napoli federico ii dottorato di ricerca in ...

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posizione si rafforzano 387 . La mia idea è che Tacito, riferendosi agli uom<strong>in</strong>i che<br />

valutano sicure le notizie arrivate s<strong>in</strong>o a loro, <strong>in</strong> qualsiasi modo, attraverso il canale<br />

dell’oralità, possa volere richiamare quanto precedentemente detto <strong>in</strong> relazione a<br />

sé, ed alle voci da lui sentite 388 sulla presunta colpevolezza <strong>di</strong> Tiberio; <strong>in</strong> questa<br />

sorta <strong>di</strong> autocitazione, dunque, Tacito <strong>in</strong>tenderebbe a mio parere lasciare la<br />

posizione <strong>di</strong> moderato dubbio precedentemente assunta (…neque adseveraverim),<br />

affermando che lui, celato <strong>di</strong>etro il paravento dei “primi” al<strong>ii</strong> <strong>di</strong> III 19, 2, prende<br />

per buone le notizie ascoltate. Ma quel che più mi preme osservare, ora, è come lo<br />

storico, alla posizione sua e <strong>di</strong> chi fa come lui, ne opponga una la quale, nei fatti,<br />

consiste nel sostenere il falso, nel mentire: al<strong>ii</strong> vera <strong>in</strong> contrarium vertunt. Tacito<br />

dunque non parla, come forse sarebbe stato lecito attendersi, <strong>di</strong> chi consideri falso<br />

quanto appreso da altri, alla stessa stregua <strong>di</strong> chi lo ritenga vero: l’autore, piuttosto,<br />

fa riferimento a persone che stravolgono, ribaltano, cancellano la verità,<br />

sostenendo la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> <strong>in</strong>terpretazioni e ricostruzioni del passato fondate sulla<br />

menzogna. Attraverso il contrasto tra i due atteggiamenti, sarei <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>e a pensare,<br />

Tacito ha compiuto una decisiva, conclusiva, forte <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> quella che – ora<br />

soltanto, giunti al “capol<strong>in</strong>ea” della ricostruzione dell’affaire Germanico, lo si<br />

comprende appieno – è la “sua” versione dei fatti, quella <strong>in</strong> cui lui crede, e <strong>in</strong> cui<br />

vuole che creda il lettore, una versione decisamente contrapposta – ecco il<br />

messaggio implicito – a quanto sostenuto dagli altri, da chi <strong>di</strong>ce il falso 389 . Anche<br />

stavolta, però, Tacito è stato velato ed allusivo, come velata è sempre stata, e resta,<br />

la proposizione della “sua” verità: <strong>di</strong>etro l’<strong>in</strong>gannevole apparenza <strong>di</strong> un’<strong>in</strong>nocua<br />

riflessione su come gli uom<strong>in</strong>i si pongano, anche a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> anni, rispetto alle<br />

387 Ibid. Anche <strong>in</strong> questo caso mi sembra opportuno riportare <strong>in</strong>tegralmente le parole dello storico: adeo maxima<br />

quaeque ambigua sunt, dum al<strong>ii</strong> quoquo modo au<strong>di</strong>ta pro compertis habent, al<strong>ii</strong> vera <strong>in</strong> contrarium vertunt, et<br />

gliscit utrumque posteritate.<br />

388 Au<strong>di</strong>re me mem<strong>in</strong>i, lo sappiamo, aveva esor<strong>di</strong>to Tacito a III 16, 1, e proprio questa espressione potrebbe essere il<br />

referente del successivo quoquo modo au<strong>di</strong>ta. Un parallelo tra i due luoghi si legge anche <strong>in</strong> A.J. WOODMAN – R.H.<br />

MARTIN, The Annals of Tacitus. Book 3, cit., p. 118.<br />

389 Non mi sento <strong>di</strong> concordare, dunque, con quanto sostiene D.C.A. SHOTTER, Tacitus, Tiberius and…, cit., p. 209:<br />

a proposito del testo <strong>di</strong> Ann. III 19, 2 lo <strong>stu<strong>di</strong></strong>oso afferma che «(…) the only comment he (Tacito) makes is one<br />

concern<strong>in</strong>g the confusion <strong>in</strong> the evidence»; neppure ritengo che a III 19, 2 Tacito semplicemente «peraphs shows his<br />

own uneas<strong>in</strong>ess», come pare a R. MARTIN, Tacitus, cit., p. 124: nel luogo <strong>in</strong> esame, spero <strong>di</strong> averlo <strong>di</strong>mostrato, c’è<br />

molto <strong>di</strong> più. Non con<strong>di</strong>vido, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, l’op<strong>in</strong>ione <strong>di</strong> A.J. WOODMAN – R.H. MARTIN, The Annals of Tacitus. Book 3,<br />

cit., p. 118, i quali sostengono che la verità con cui Tacito mette la parola f<strong>in</strong>e al proprio resoconto sia rappresentata<br />

dall’espressione <strong>di</strong> III 19, 2, adeo maxima quaeque ambigua sunt.<br />

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