di verduno - Rivista IDEA

Secondo
Sergio Rossi, oltre al
valore venale, «chi dedica
la propria vita alla promozione
della cultura del tartufo e dei
luoghi in cui nasce e prolifera
regala passione e amore
al proprio territorio e questo
è un chiaro beneficio
comune».
mo de e
delle so vra espo -
sizioni odierne, talvolta tornando
al valore intrinseco di ciò che è
buo no da mangiare».
L’enoteca regionale piemontese
“Ca vour” di Grinzane ha ospitato
la presentazione alla stampa dell’opera
dedicata ai «frutti della ter -
ra, figli degli dei», «un volume mai
scritto sul tartufo che non dovrebbe
mancare nella biblioteca dei
cul tori, degli amanti del territorio e
della nostra tradizione enogastronomica».
Se questa è la descrizione
promozionale, l’entusiasmo dei
relatori è apparso genuino.
A elogiare il volume e il suo realizzatore
sono stati, all’unisono, il se -
natore Tomaso Zanoletti, presidente
dell’Enoteca regionale, Al -
berto Cirio, assessore regionale al
tu rismo, Antonio Degiacomi, presidente
dell’Ente Fiera internazionale
del tartufo bianco d’Alba, Gia -
como Oddero, uno dei padri del -
l’at tività di promozione del territorio
attraverso la pubblicizzazione
dei suoi prodotti d’eccellenza, ad
esempio (ma è solo una piccola
sfac cettatura della sua opera ultradecennale)
in qualità di ideatore
del Centro nazionale studi tartufo
di Alba, e, a nome della ca sa editrice,
l’esperta di comunicazione
Maria Rosaria Gualco.
Il libro non è consacrato solo al Tu -
ber magnatum Pico, bensì al tartufo
nelle sue
varie specie ed espressioni
territoriali in tutta la penisola,
an che se le pa gine
de dicate ad Alba e al suo
“bianco”, diciamocelo,
fanno doverosamente la
parte del leo ne.
Va segnalato come, accanto al -
le virtù connesse al consumo del
fungo ipogeo, durante l’incontro a
Grinzane Cavour sia stato più
volte ribadito come dove c’è il tartufo
ci sia anche un ambiente sano,
inteso in senso ecologico, ma, chissà,
ma gari pure etico.
Secondo il “cucinosofo” (da non
confodere con il “gastronauta” di
Radio 24, Da vide Paolini, di casa
Grinzane), «co me frutto della ter -
ra, il tartufo nasce u mile e nascosto,
sfruttando poi il suo irresistibile
profumo per farsi trovare garantendosi
la propagazione. È il fiuto
degli animali a scovarlo e a loro è
affidata la responsabilità di diffonderne
le spore. L’uomo sta nel
mez zo fra il tartufo e l’animale che
lo scoverà: lo addestra, lo guida, lo
porta nei posti giusti al momento
giusto e, infine, condivide con lui,
il suo cane, le gioie o le delusioni.
Osservare la campagna italiana
attraverso la mediazione del tartufo
significa capire più a fondo il
mondo rurale attuale, i rischi che
corre, le potenzialità che sa ancora
esprimere e le prospettive che su
queste basi si delineano per il futuro.
Occorre guardare ol tre il valore
venale del tartufo, provando a
indagare più a fondo gli scenari che
lo vedono protagonista, facendo e -
mergere il valore di chi lavora correttamente
e, con il suo operato,
restituisce dignità e benefìci collettivi
alle comunità in cui vive. Così,
chi rispetta la terra e si batte per
tramandare le proprie tartufaie ad
altri, fa qualcosa per sé, ma
restituisce comunque
a tutti un valore co -
mune evidente».