Ippogrifo 1-2003:Ippogrifo 1/2003 - Comune di Jesi
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5/03<br />
Qual è il significato<br />
d e l l a p a r o l a<br />
“Comunica-zione ”<br />
?Il termine stes-so ci rimanda<br />
all’aggettivo “comune“,<br />
usato quando si vuole in<strong>di</strong>care<br />
con<strong>di</strong>visione, partecipazione<br />
ad un’identica realtà.<br />
La base della comunicazione<br />
consiste proprio in questo:<br />
nel vivere un’esperienza<br />
insieme ad un’altra persona.<br />
Solo se tale premessa è verificata,<br />
la comunicazione può<br />
avere luogo.<br />
Comunicare significa essere<br />
capaci <strong>di</strong> ascoltarsi vicendevolmente<br />
e <strong>di</strong> scambiarsi consigli e<br />
suggerimenti. La comunicazione<br />
<strong>di</strong>venta molto <strong>di</strong>fficile se avviene<br />
tra due interlocutori che non<br />
con<strong>di</strong>vidono una medesima<br />
realtà economica e sociale.<br />
Purtroppo, però, è un contesto<br />
<strong>di</strong> questo genere quello in cui<br />
dovrebbe avvenire la comunicazione<br />
fra i giovani <strong>di</strong> oggi, i<br />
loro genitori e i genitori dei loro<br />
genitori: assistiamo a continue e<br />
rapide trasformazioni. I nostri<br />
nonni hanno vissuto in un contesto<br />
completamente <strong>di</strong>verso da<br />
quello in cui noi siamo nati e cresciuti:<br />
da questa constatazione<br />
nasce la <strong>di</strong>ffusissima espressione:<br />
“Ai miei tempi …” Di solito<br />
è così che iniziano lunghi <strong>di</strong>scorsi<br />
con i quali essi intendono<br />
esternare il loro <strong>di</strong>sappunto circa<br />
il comportamento degli amatissimi<br />
“ nipotini “. Questi monologhi<br />
segnalano, però, anche il<br />
senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sorientamento che gli<br />
anziani avvertono <strong>di</strong> fronte ad<br />
una società che non riconoscono<br />
più. Questa sensazione è<br />
stata descritta da Pietro Citati<br />
ed Eugenio Scalfari in due articoli<br />
<strong>di</strong> opinione <strong>di</strong> qualche anno<br />
fa. Su “La Repubblica “ del 2<br />
Agosto 1999 è comparso un<br />
pezzo <strong>di</strong> Citati dal titolo “ Questa<br />
generazione che non vuol essere<br />
mai “. Citati si sofferma a<br />
lungo sui caratteri peculiari che<br />
contrad<strong>di</strong>stinguono i giovani <strong>di</strong><br />
oggi. Afferma che essi “guardano<br />
le cose, attraversano il<br />
mondo, contemplano se stessi<br />
con una curiosità ed una tener<br />
e z z a i n f i n i t e . G i o c a n o .<br />
Rallentano il tempo della crescita<br />
(…) tardando a laurearsi, tar-<br />
CHI C’È IN ASCOLTO?<br />
dando ad uscire dalla casa paterna<br />
, rinviando o aggirando il<br />
matrimonio, proiettando sempre<br />
più lontano il momento del<br />
lavoro. (…) Si chiedono sempre<br />
quale sia il loro IO, e non<br />
lo identificano in un carattere<br />
stabilito, ma in un complesso<br />
quasi inesauribile <strong>di</strong> possibilità.<br />
(…) Forse ciò che pre<strong>di</strong>ligono<br />
non è l’esperienza. (…) Non<br />
hanno volontà (…) Preferiscono<br />
restare passivi, comportandosi<br />
in modo sinuoso ed informe<br />
come l’acqua, trasformandosi in<br />
tutto ciò che viene loro proposto<br />
(…). Non amano il tempo.<br />
L’unico loro tempo è una serie<br />
<strong>di</strong> attimi, che non vengono legati<br />
in una catena od organizzati<br />
in una storia”. Gli spunti <strong>di</strong> riflessione<br />
sono tantissimi. Anche se<br />
non bisogna mai generalizzare,<br />
alcuni dei fenomeni osservati<br />
da Citati sono molto <strong>di</strong>ffusi.<br />
Sono numerosissimi i ragazzi<br />
che s’iscrivono all’università e<br />
che si laureano molto tar<strong>di</strong>,<br />
oppure, ad<strong>di</strong>rittura, che non arrivano<br />
affatto alla laurea. Anche<br />
l’amore per l’esperienza, per<br />
qualsiasi tipo d’esperienza, è<br />
molto comune. Molti ragazzi,<br />
proprio perché “il loro tempo è<br />
una serie <strong>di</strong> attimi”, vogliono<br />
sperimentare tutto e subito, non<br />
sanno più aspettare e questa<br />
fretta <strong>di</strong> vivere la vita come se<br />
ogni giorno fosse l’ultimo li porta<br />
a compiere azioni le cui conseguenze,<br />
poi, sfuggono loro <strong>di</strong><br />
mano. E’ <strong>di</strong> pochi giorni fa la<br />
notizia <strong>di</strong> un adolescente che si<br />
è ucciso perché la sua “fidanzatina“<br />
aveva scoperto <strong>di</strong> aspettare<br />
un bambino: lei non voleva<br />
comunicarlo ai genitori e, dopo<br />
un primo contatto con gli assistenti<br />
sociali, lui, sopraffatto dalla<br />
paura <strong>di</strong> affrontare una situazione<br />
<strong>di</strong>fficilissima da gestire a<br />
soli se<strong>di</strong>ci anni, si è tolto la vita.<br />
Leggevo ieri, su un settimanale,<br />
le dure parole <strong>di</strong> Don Mazzi<br />
riguardo a questo fatto <strong>di</strong> cronaca:<br />
le sue critiche nascevano,<br />
soprattutto, dalla preoccupazione<br />
per il futuro <strong>di</strong> quella creaturina<br />
che si sta sviluppando nel<br />
grembo <strong>di</strong> una “ donna ” <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>ci<br />
anni. Questa è senza dubbio<br />
una situazione estrema, ma<br />
che, comunque, non dovrebbe<br />
lasciarci in<strong>di</strong>fferenti. Ci sono,<br />
infatti, degli aspetti contrad<strong>di</strong>tori<br />
nell’atteggiamento dei giovani<br />
<strong>di</strong> oggi: da una parte essi<br />
indugiano <strong>di</strong> fronte alle <strong>di</strong>fficoltà<br />
e alle responsabilità che<br />
devono assumersi; dall’altra vivono<br />
giorno per giorno, preoccupandosi<br />
molto poco delle ripercussioni<br />
che le azioni che<br />
compiono oggi potrebbero avere<br />
sul domani. Citati, però, coglie<br />
alcuni aspetti positivi in questo<br />
modo <strong>di</strong> vivere: “ Quanto a me,<br />
questi eterni adolescenti mi piacciono:<br />
mi piacciono i loro indugi,<br />
le loro lentezze, la loro passività<br />
e d i lunghi sguar<strong>di</strong><br />
contemplativi. Continuare a serbare<br />
nell’occhio la freschezza<br />
dello sguardo giovanile; <strong>di</strong>ventare<br />
maturi e poi vecchi quasi<br />
per caso; non <strong>di</strong>segnare mai il<br />
proprio IO; concepire la vita<br />
come un gioco indefinito <strong>di</strong> possibilità,<br />
che può portare a moltissimi<br />
volti; rallentare, rallentare,<br />
non costruirsi e non irrigi<strong>di</strong>rsi<br />
mai <strong>di</strong>etro mura …”. In risposta<br />
a questo articolo, il 5 Agosto<br />
1999 “ La Repubblica ” ha pubblicato<br />
un pezzo <strong>di</strong> Eugenio<br />
Scalfari, dal titolo “ Quel vuoto<br />
<strong>di</strong> plastica che soffoca i giovani<br />
”. Citati aveva sottolineato l’eterna<br />
indecisione dei giovani <strong>di</strong><br />
oggi; Scalfari legge fra le righe<br />
l’intenzione del suo collega <strong>di</strong><br />
voler mettere in risalto la maggiore<br />
in<strong>di</strong>pendenza e sicurezza<br />
della propria generazione e afferma<br />
“ A me non sembra che noi<br />
fossimo così padroni del nostro<br />
IO ed autonomi nel costruircelo<br />
(…), Di molle cera eravamo<br />
fatti e assumevamo la forma con<br />
cui le <strong>di</strong>ta altrui, a volte affettuose<br />
a volte imperiose, ci plasmavano.<br />
I figli dei conta<strong>di</strong>ni<br />
erano destinati a restare conta<strong>di</strong>ni<br />
(…), i figli degli operai restavano<br />
operai e così i figli dei professionisti<br />
venivano avviati alle<br />
libere professioni ”. La conclusione<br />
alla quale Scalfari giunge<br />
mi ha stupito: “ Ciò che intendo<br />
<strong>di</strong>re è che la nostra adolescenza<br />
era per questo priva d’incertezza<br />
e <strong>di</strong> nevrosi: sapevamo<br />
quale era la nostra strada ed<br />
eravamo docili nell’imboccarla ”.<br />
Un atteggiamento <strong>di</strong> questo tipo,<br />
dal mio punto <strong>di</strong> vista, è sinto-<br />
mo d’immaturità ancor più dell’eterna<br />
indecisione posta sotto<br />
accusa dallo stesso Scalfari. Non<br />
si cresce facendosi guidare passivamente<br />
dagli altri; è molto<br />
più <strong>di</strong>fficile ma anche molto più<br />
costruttivo vivere per un po’ nell’incertezza,<br />
riflettere a lungo,<br />
ponderare ogni possibilità <strong>di</strong><br />
scelta, lasciarsi aperte più strade.<br />
A patto, però, che questo non<br />
si trasformi in un pretesto per<br />
rimandare qualunque decisione.<br />
Trovo molto interessanti,<br />
d’altra parte le cause che Scalfari<br />
ha in<strong>di</strong>viduato per spiegare il<br />
cambiamento nel modo <strong>di</strong> vivere<br />
dei ragazzi. “La ferita, credo<br />
io, è stata la per<strong>di</strong>ta d’identità e<br />
della memoria; la ferita è stata<br />
anche l’abbondanza per i molti<br />
che ne fruiscono, ed è stata la<br />
frustrazione perché hanno creduto<br />
che tutto quello che c’era<br />
da fare fosse stato già fatto, sicché<br />
al già fatto null’altro c’era da<br />
aggiungere, mentre il malfatto<br />
era irrime<strong>di</strong>abilmente e comunque<br />
richiedeva un impegno<br />
impari alle loro forze. La ferita<br />
è stata il silenzio dei padri troppo<br />
impegnati nella conquista del<br />
successo e del potere, la velocità<br />
del vivere, la morte da sfidare<br />
con le sfide più inutilmente estreme,<br />
l’anonimato da vincere con<br />
ogni mezzo, anche il più effimero,<br />
… La ferita è stata la noia,<br />
l’invincibile noia, la noia esistenziale<br />
che ha ucciso il tempo<br />
e la storia, le passioni e le speranze<br />
”. Per curare queste ferite<br />
i giovani hanno bisogno <strong>di</strong><br />
qualcuno che comprenda il loro<br />
<strong>di</strong>sorientamento <strong>di</strong> fronte agli<br />
stimoli, non sempre positivi, che<br />
il mondo moderno offre; hanno<br />
bisogno d’avere dei valori che<br />
<strong>di</strong>ventino sal<strong>di</strong> punti <strong>di</strong> riferimento;<br />
hanno, però, anche bisogno<br />
d’essere lasciati liberi <strong>di</strong> scegliere<br />
e <strong>di</strong> essere posti <strong>di</strong> fronte<br />
alle proprie responsabilità. Per<br />
tutti questi motivi è importante<br />
che fin da piccoli si sia abituati<br />
a <strong>di</strong>alogare serenamente con i<br />
propri genitori: nonostante le<br />
<strong>di</strong>fferenze generazionali, comunicare<br />
è ancora possibile ed è<br />
necessario che continui ad esserlo.<br />
Valentina Giacometti<br />
L.C., III A