Ippogrifo 1-2003:Ippogrifo 1/2003 - Comune di Jesi
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... C’ERA UNA VOLTA ITALIA ...<br />
C’era una volta Italia. Guardava il<br />
riflesso della sua pelle, che aveva<br />
toccato la guerra, attraverso la<br />
finestra.<br />
Ora guardava il suo volto, ora quel<br />
che le offriva quella citta<strong>di</strong>na marchigiana<br />
fatta <strong>di</strong> tante vie.<br />
Io ero lì, per strada.Lei mi guardava<br />
crescere mentre giocavo con le<br />
altre bambine del vicinato.Guardava<br />
le mie manine raccogliere una palla<br />
e le mie gambette leggere correre<br />
ovunque.<br />
Guardava i miei sorrisi, assaporandoli<br />
profondamente.<br />
Sapeva che un giorno sia io sia lei<br />
li avremmo rimpianti.<br />
Lei mi guardava, ma io non mi<br />
accorgevo <strong>di</strong> niente. Continuava a<br />
riflettere sul tempo, sul presente sul<br />
passato e il futuro, su ciò che io<br />
avevo e che lei non aveva avuto,sul<br />
sentiero che un giorno avrei intrapreso<br />
sperando per me il minor<br />
numero <strong>di</strong> sofferenze e ostacoli.<br />
Ascoltava la mia allegra vocina che<br />
pian piano si allontanava.<br />
Italia osservava <strong>di</strong> nuovo la sua pelle<br />
riflessa sul vetro della finestra.<br />
Pensava.<br />
Pensava <strong>di</strong> nuovo.<br />
Contava le rughe: sapeva che non<br />
erano state sempre lì e comunque<br />
non riusciva a capire perché non si<br />
era mai accorta <strong>di</strong> averne accumulate<br />
così tante.<br />
Le rughe del suo volto erano il risultato<br />
della sua vita, come un premio<br />
per il coraggio <strong>di</strong>mostrato nel compiere<br />
imprese e prendere decisioni.<br />
Tornava ad osservare le mura delle<br />
case,non erano state sempre così.Per<br />
un motivo o per l’altro il tempo le<br />
aveva corrose, le aveva cambiate,<br />
rovinate, erano state abbattute e<br />
nuovamente costruite.<br />
Italia se ne ricordava:quei muri che<br />
lei vedeva quoti<strong>di</strong>anamente l’avevano<br />
vista ridere,piangere,innamorarsi<br />
e arrabbiarsi.<br />
Italia poteva scappare ma quelle<br />
mura, ovunque lei fosse e qualunque<br />
cosa facesse, erano lì.<br />
Erano lì anche per me che giocavo<br />
con la palla e che un giorno molto<br />
lungo mi misi ad osservare.<br />
Li osservai a lungo immaginandoci<br />
storie fantastiche, cercando <strong>di</strong><br />
ipotizzare quel che avevano passato,<br />
sentendole nel cuore come se<br />
fossero state loro a generarmi, amandole<br />
con tutta l’anima per quel che<br />
mi avevano dato, come si ama una<br />
madre.<br />
Ed ogni giorno che passava le idee<br />
nella mia testa si evolvevano come<br />
il paesaggio.<br />
L’amore per quelle mura che mi avevano<br />
protetta colava giù attraverso<br />
le lacrime; le manine non vollero<br />
più saperne <strong>di</strong> raccogliere la palla<br />
e si racchiusero in pugni. Battevano<br />
incessantemente sulle mura,quasi<br />
volessero abbatterle.<br />
La vocina allegra ora singhiozzava;<br />
ne aveva abbastanza della protezione<br />
e ora voleva uscire e cercare<br />
la libertà.<br />
Questa parola quando veniva pronunciata,<br />
creava una sensazione<br />
mai provata prima.<br />
Rendeva potenti,invincibili.<br />
Italia osservava il paesaggio come<br />
al solito: ormai sapeva che la sua<br />
nipotina un giorno l’avrebbe ripu<strong>di</strong>ato,<br />
anche sua figlia a suo tempo<br />
l’aveva fatto.<br />
Ora però Italia era preparata: sapeva<br />
che è una ruota che gira.<br />
Lei in primis era stata bambina,era<br />
stata innaffiata con pesanti dolori e<br />
velate gioie, aveva provato l’amarezza<br />
del <strong>di</strong>vieto, aveva richiesto<br />
<strong>di</strong>ritti non svolgendo i doveri, poi<br />
era stata madre, aveva dato alla<br />
luce, aveva <strong>di</strong>menticato commettendo<br />
errori.<br />
Ora sapeva tutto.<br />
Io ero ancora lì ad osservare. A<br />
volte mi stancavo e cercavo <strong>di</strong> igno-<br />
rare le mura, altre volte tentavo <strong>di</strong><br />
apprezzarle. La libertà inevitabilmente<br />
attira troppo ed io, ancora<br />
incapace <strong>di</strong> razionalizzare mi viziavo<br />
con essa…ne volevo sempre <strong>di</strong><br />
più pur rendendomi conto <strong>di</strong> quanto<br />
io ne avessi.<br />
Ma non ero io a comandare: i pensieri<br />
erano talmente accalcati l’uno<br />
sopra l’altro che non sapevo domarli.<br />
Non esisteva criterio per cui uno<br />
prevaleva sull’altro.<br />
Accadeva e basta. Io mi facevo<br />
1000 domande.<br />
Io non raggiungevo mezza risposta.<br />
Io volevo sempre <strong>di</strong> più.<br />
Io se ottenevo, non ero comunque<br />
saziata.<br />
Sapevo <strong>di</strong> sapere, ma non potevo<br />
credere <strong>di</strong> essere un caso tra tanti<br />
altri casi così plasmavo un’identità,<br />
la mia identità , che era solo mia e<br />
<strong>di</strong> nessun altro.<br />
La ruota continuava a girare sopra<br />
la testa della vita,per qualcuno finiva<br />
e per qualcuno stava solo cominciando.<br />
Tutto è accaduto, accade e accadrà…basta<br />
avere il fegato <strong>di</strong> passarci<br />
in mezzo.<br />
Un giorno qualcuno scriverà:<br />
c’era una volta Margherita….<br />
Margherita Civerchia<br />
L.S.S., II A<br />
E TUTTO QUESTO È PER VOI<br />
Un brivido pungente<br />
mi intrappola, mi<br />
stringe e immagini,<br />
seppur <strong>di</strong> un impalpabile<br />
spessore, riempiono il pensiero<br />
e lo inebriano.<br />
Tutto è emozione; tutto è,<br />
paradossalmente, concentrato<br />
nell’assoluta inestensione <strong>di</strong><br />
un attimo sfuggente.<br />
Nella fatica del volgersi in<strong>di</strong>etro,<br />
ci si riconosce lontani,<br />
indefiniti, incompleti, nella<br />
<strong>di</strong>ssolvenza <strong>di</strong> una luce che si<br />
fa,ora, sempre più viva, brillante.<br />
Ci si ferma ad ammirare la<br />
propria forma, illuminata e<br />
apparentemente contornata<br />
da un tratto sicuro e deciso,<br />
Saremo lontani, ed è ancora <strong>di</strong>fficile crederlo ...<br />
e si tenta <strong>di</strong> ricondurla ai fragili<br />
frammenti <strong>di</strong> memoria che<br />
ci proteggono, ci rassicurano,<br />
fissati e custo<strong>di</strong>ti nella più<br />
dolce cura.<br />
Un semplice sussurro s’insinua<br />
sommessamente, assumendo<br />
sembianze <strong>di</strong> sogno.<br />
Ed è proprio nella percezione<br />
<strong>di</strong> tale intima associazione <strong>di</strong><br />
suoni (e pause) e trasparenze<br />
che si prende coscienza <strong>di</strong> ciò<br />
che si è stati, delle parole e dei<br />
<strong>di</strong>scorsi urlati o taciuti.<br />
Ci si proietta, sfiorati da un flebile<br />
timore, all’inizio dell’avventura<br />
<strong>di</strong> cui ora, stremati,<br />
ma pur colmi <strong>di</strong> una strepitante<br />
contentezza, ci si sente<br />
parte in<strong>di</strong>spensabile, cui, ora,<br />
si sente <strong>di</strong> appartenere.<br />
Profumi e sapori <strong>di</strong> paesi<br />
<strong>di</strong>stanti hanno offerto un sottile<br />
filo su cui rimanere attentamente<br />
in equilibrio, da cui,<br />
senza le tracce invisibili, ma<br />
indelebili, <strong>di</strong> un vissuto quoti<strong>di</strong>ano<br />
e forgiatore <strong>di</strong> essenza,<br />
si sarebbe <strong>di</strong>strattamente<br />
precipitati.<br />
Colori cangianti <strong>di</strong> gessetti<br />
variopinti o <strong>di</strong> vernici, faticosa<br />
sistemazione <strong>di</strong> sillabe in<br />
spazi talvolta scomo<strong>di</strong> da<br />
riempire, l’eco e l’odore del<br />
mare, del più bel mare inventato;<br />
e lacrime e sorrisi e.<br />
Ogni tassello ha assunto, giorno<br />
dopo giorno, un ineguagliabile<br />
spessore, un aspetto<br />
inconfon<strong>di</strong>bile.<br />
Si è costruito, <strong>di</strong>strutto, riparato.<br />
Si è cambiati.<br />
Ma basterà un’attenta interruzione<br />
dell’interminabile<br />
corsa per riscoprirsi un tutto,<br />
un unico elemento (e si avrà<br />
<strong>di</strong> nuovo la forza).<br />
Che siate rosa o grano, vi<br />
custo<strong>di</strong>rò nel segreto profondo<br />
<strong>di</strong> me e, voltandomi,<br />
<strong>di</strong>verrò ubriaca <strong>di</strong> gioia nel<br />
percepire quell’assordante sussurro<br />
che la vostra appartenenza<br />
mi regalerà.<br />
Francesca Scaturro<br />
L.C., III A<br />
13<br />
5/03