(pp. 0-80).pdf - Dipartimento di Matematica
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Gianni Gilar<strong>di</strong> Elementi <strong>di</strong> Topologia e <strong>di</strong> Analisi Funzionale<br />
funzionale che compaiono nella (IV.2.5) sono quelli dati dalle formule<br />
<br />
v = ∇v2 e 〈L, v〉 =<br />
Ω<br />
fv dx. (1.3)<br />
Si noti che la norma considerata è effettivamente una norma in un qualunque spazio V<br />
ragionevole <strong>di</strong> funzioni nulle sul bordo Γ . Infatti l’unico problema lo potrebbe offrire<br />
la (I.3.2), ma la con<strong>di</strong>zione v = 0 implica (ragionevolmente) che v sia costante<br />
su ciascuna delle componenti connesse <strong>di</strong> Ω e la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> annullamento al bordo<br />
garantisce allora che v = 0 . Tale norma, inoltre, è indotta dal prodotto scalare<br />
<br />
(u, v) =<br />
Ω<br />
∇u · ∇v dx. (1.4)<br />
D’altra parte la <strong>di</strong>suguaglianza (I.3.19) <strong>di</strong> Schwarz in L 2 (Ω) , che coincide con la <strong>di</strong>suguaglianza<br />
(IV.2.2) <strong>di</strong> Hölder con p = 2 , garantisce che<br />
| 〈L, v〉 | ≤ f 2 v 2<br />
non a<strong>pp</strong>ena su<strong>pp</strong>oniamo f ∈ L 2 (Ω) , e la con<strong>di</strong>zione (IV.1.1) (con W = R ) è sod<strong>di</strong>sfatta<br />
con M = c f 2 se lo spazio V che dobbiamo scegliere e la sua norma verificano<br />
V ⊆ L 2 (Ω) e v 2 ≤ c v per ogni v ∈ V.<br />
Allora tutto sembra andare nella giusta <strong>di</strong>rezione, purché riusciamo a sod<strong>di</strong>sfare l’ipotesi<br />
fondamentale del Teorema IV.2.4 che inten<strong>di</strong>amo a<strong>pp</strong>licare: la completezza.<br />
Ecco dunque l’esigenza <strong>di</strong> costruire uno sottospazio V <strong>di</strong> L 2 (Ω) che sia uno spazio<br />
<strong>di</strong> Hilbert rispetto al prodotto scalare (1.4). Ora il problema vero è quello <strong>di</strong> definire<br />
rigorosamente la regolarità delle funzioni che dovranno a<strong>pp</strong>artenere a V e la regolarità<br />
C 1 non funziona perché non garantisce la completezza.<br />
Più in generale, se si vuole che i risultati del Capitolo 5 siano a<strong>pp</strong>licabili a problemi<br />
<strong>di</strong> minimizzazione <strong>di</strong> funzionali <strong>di</strong> tipo (1.1), occorre costruire spazi la cui definizione fa<br />
intervenire le derivate e che siano riflessivi, e ancora gli spazi <strong>di</strong> tipo C 1 sono inadeguati:<br />
occorre imitare, per quanto possibile, la costruzione <strong>di</strong> C 1 ma a partire da L p con<br />
p ∈ (1, ∞) anziché da C 0 .<br />
2. Spazi <strong>di</strong> Sobolev<br />
Questi sono gli spazi che rispondono allo scopo. La loro definizione che <strong>di</strong>amo ha senso<br />
per p ∈ [1, ∞] ma le proprietà migliori dal punto <strong>di</strong> vista dell’analisi funzionale si<br />
hanno se p ∈ (1, ∞) o ad<strong>di</strong>rittura nel caso p = 2 , che è quello hilbertiano.<br />
La definizione <strong>di</strong> spazio <strong>di</strong> Sobolev si basa su <strong>di</strong> una nuova definizione <strong>di</strong> derivata<br />
parziale, detta derivata debole o anche derivata nel senso delle <strong>di</strong>stribuzioni e adatta<br />
a funzioni definite solo q.o., come quelle dello spazio L1 loc (Ω) introdotto nell’Esempio<br />
III.3.14. Osserviamo infatti che la definizione classica <strong>di</strong> derivata <strong>di</strong> una funzione u<br />
Capitolo VI: Primi problemi ellittici variazionali 65