03.La Confraternita Del Pugnale Nero_PORPORA
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«Che grosso» sussurrò l'altro. «Non basterebbe un pozzo a contenerlo tutto.» Anche la voce della Padrona suonava sbalordita. «È enorme.» Lo schiavo alzò la testa. Sul suo ventre c'era una cosa grossa e turgida. Non aveva mai visto niente del genere. Tornò a sdraiarsi sul tavolo quando la Padrona gli montò sopra. Stavolta sentì qualcosa che lo avvolgeva, qualcosa di bagnato. Alzò di nuovo la testa. La Padrona era a cavalcioni sopra di lui e lui era... dentro il suo corpo. Lei prese a muoversi contro il suo inguine, pompando su e giù, ansante. Lo schiavo sentì vagamente che gli altri due maschi avevano ricominciato a mugolare, i gemiti gutturali sempre più forti via via che la Padrona accelerava il ritmo delle spinte. Poi ci furono delle grida, della Padrona, dei due maschi. La Padrona crollò sopra il petto dello schiavo. Ancora con il fiato grosso, disse: «Tenetegli giù la testa». Uno dei maschi mise il palmo sulla fronte dello schiavo e gli accarezzò i capelli con la mano libera. «Com'è bello. Com'è morbido. E guardate che colori.» La Padrona affondò la faccia nel collo dello schiavo e le zanne nella sua carne. Lui lanciò un urlo nel sentire il morso e poi il risucchio. Gli era già capitato di vedere maschi e femmine che si abbeveravano a vicenda e gli era sempre parsa una cosa giusta, naturale. Ma quel dolore gli aveva dato il capogiro, e più la Padrona succhiava più lui si sentiva stordito. Doveva essere svenuto, perché quando aprì gli occhi lei stava già rialzando la testa e si leccava le labbra. Scese a terra, si infilò la vestaglia e tutti e tre lo lasciarono da solo, al buio. Alcuni istanti dopo entrarono delle guardie che lui riconobbe: da sguattero aveva servito loro la birra; adesso però evitavano di guardarlo e non lo salutarono. Lui si accorse che l'unguento misterioso con cui lo avevano spalmato non aveva ancora esaurito il suo effetto, che la sua verga era ancora rigida e grossa. La sostanza lucida che la ricopriva gli dava la nausea. Sentiva il disperato bisogno di dire alle guardie che non era colpa
sua, che aveva cercato di non eccitarsi, ma era troppo mortificato per parlare mentre gli liberavano i polsi e le caviglie. Cercò di alzarsi in piedi, ma si accasciò su se stesso: era rimasto disteso sulla schiena per ore ed era passato soltanto un giorno dalla transizione. Nessuno lo aiutò quando provò di nuovo. Non volevano più toccarlo, l'aveva capito, non volevano stargli vicino. Fece per coprirsi, ma loro gli misero i ceppi bloccandogli entrambe le mani. La vergogna non fece che aumentare quando fu costretto a percorrere il corridoio. Sentiva il peso all'altezza dell'inguine sussultare a ogni passo, ballonzolando in modo osceno. Non seppe trattenere le lacrime e una delle guardie sbuffò disgustata. Venne scortato in un'altra ala del castello, in un'altra stanza dalle solide mura rinforzate da sbarre di acciaio. Qui c'erano un tavolaccio, un vaso da notte, un tappeto e torce fissate in alto alle pareti. Arrivarono anche cibo e acqua, portati da un altro sguattero che conosceva da una vita. Anche il giovane, non ancora giunto al momento della transizione, evitò di guardarlo. Gli liberarono le mani e lo chiusero dentro a chiave. Solo e tremante, andò a sedersi per terra in un angolo. Si strinse le braccia intorno al corpo, con delicatezza, perché nessun altro l'avrebbe fatto, e cercò di trattare con gentilezza la nuova forma assunta dal suo corpo in seguito alla transizione... Un corpo che era stato usato in modo tanto sbagliato. Dondolandosi avanti e indietro, pensò con timore al futuro. Non aveva mai avuto nessun diritto, nessuna istruzione, nessuna identità, ma almeno prima era libero di muoversi. E il suo corpo e il suo sangue erano soltanto suoi. Al ricordo di quelle mani estranee sulla pelle fu sopraffatto da un'ondata di nausea. Abbassò lo sguardo sui genitali; sentiva ancora l'odore della Padrona su di sé. Si chiese per quanto ancora sarebbe durata l'erezione. E cosa sarebbe accaduto al ritorno della Padrona. Zsadist si sfregò la faccia voltandosi dall'altra parte. La Padrona era tornata, altro che. E non era mai sola.
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«Che grosso» sussurrò l'altro. «Non basterebbe un pozzo a<br />
contenerlo tutto.»<br />
Anche la voce della Padrona suonava sbalordita. «È enorme.»<br />
Lo schiavo alzò la testa. Sul suo ventre c'era una cosa grossa e<br />
turgida. Non aveva mai visto niente del genere.<br />
Tornò a sdraiarsi sul tavolo quando la Padrona gli montò sopra.<br />
Stavolta sentì qualcosa che lo avvolgeva, qualcosa di bagnato. Alzò di<br />
nuovo la testa. La Padrona era a cavalcioni sopra di lui e lui era...<br />
dentro il suo corpo. Lei prese a muoversi contro il suo inguine,<br />
pompando su e giù, ansante. Lo schiavo sentì vagamente che gli altri<br />
due maschi avevano ricominciato a mugolare, i gemiti gutturali<br />
sempre più forti via via che la Padrona accelerava il ritmo delle spinte.<br />
Poi ci furono delle grida, della Padrona, dei due maschi.<br />
La Padrona crollò sopra il petto dello schiavo. Ancora con il fiato<br />
grosso, disse: «Tenetegli giù la testa».<br />
Uno dei maschi mise il palmo sulla fronte dello schiavo e gli<br />
accarezzò i capelli con la mano libera. «Com'è bello. Com'è morbido.<br />
E guardate che colori.»<br />
La Padrona affondò la faccia nel collo dello schiavo e le zanne nella<br />
sua carne. Lui lanciò un urlo nel sentire il morso e poi il risucchio. Gli<br />
era già capitato di vedere maschi e femmine che si abbeveravano a<br />
vicenda e gli era sempre parsa una cosa giusta, naturale. Ma quel<br />
dolore gli aveva dato il capogiro, e più la Padrona succhiava più lui si<br />
sentiva stordito.<br />
Doveva essere svenuto, perché quando aprì gli occhi lei stava già<br />
rialzando la testa e si leccava le labbra. Scese a terra, si infilò la<br />
vestaglia e tutti e tre lo lasciarono da solo, al buio. Alcuni istanti dopo<br />
entrarono delle guardie che lui riconobbe: da sguattero aveva servito<br />
loro la birra; adesso però evitavano di guardarlo e non lo salutarono.<br />
Lui si accorse che l'unguento misterioso con cui lo avevano<br />
spalmato non aveva ancora esaurito il suo effetto, che la sua verga era<br />
ancora rigida e grossa.<br />
La sostanza lucida che la ricopriva gli dava la nausea.<br />
Sentiva il disperato bisogno di dire alle guardie che non era colpa