03.La Confraternita Del Pugnale Nero_PORPORA
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che usciva dalla stanza.
Capitolo 45 Sdraiato sul letto, raggomitolato su un fianco, John fissava il buio. La stanza che gli avevano assegnato nella casa della confraternita, lussuosa e anonima a un tempo, non lo faceva sentire né meglio né peggio. Da un punto imprecisato nell'angolo sentì un orologio battere una, due, tre volte... Continuò a contare i rintocchi, bassi, ritmici, finché arrivò a sei. Rotolando sulla schiena, considerò il fatto che tra altre sei ore sarebbe iniziato un nuovo giorno. Mezzanotte. Non più martedì, ma mercoledì. Pensò ai giorni, alle settimane, ai mesi e agli anni della sua vita, tutto tempo che gli apparteneva perché lo aveva vissuto e sul cui passaggio poteva rivendicare un diritto. Che arbitrarietà in quella ripartizione del tempo. Era tipico degli umani - e dei vampiri - suddividere l'infinito in qualcosa che potevano illudersi di controllare. Che sciocchezza. Non si controllava niente nella vita. Nessuno era in grado di farlo. Dio, se solo ci fosse un modo per farlo. O se almeno ci fosse la possibilità di rifare certe cose. Non sarebbe stato meraviglioso poter premere il tasto «riavvolgi» e rimontare tutto tagliando la giornata appena trascorsa? Così non si sarebbe sentito come si sentiva in quel momento. Con un gemito si mise a pancia in giù. Il dolore era... senza confronti, una rivelazione della peggior specie. La disperazione era come una malattia, investiva il suo corpo facendolo tremare anche se non aveva freddo, rivoltandogli lo stomaco anche se era vuoto, riempiendolo di fitte alle articolazioni e al petto. Non aveva mai considerato la devastazione emotiva alla stregua di un disturbo fisico, invece era proprio così, e sapeva che ne avrebbe sofferto per parecchio tempo. Dio! Avrebbe dovuto accompagnare Wellsie invece di starsene a casa a studiare tattica. Se fosse stato in macchina con lei, forse avrebbe potuto salvarla... O invece sarebbe morto anche lui?
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che usciva dalla stanza.