03.La Confraternita Del Pugnale Nero_PORPORA
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«Ehilà, fratello.» Doveva aver fatto una pausa un po' troppo lunga, perché Rhage lo guardò con sospetto. «Che succede, Phury?» «Niente» disse lasciando cadere la mano. «Passavo di qua e volevo farti un saluto. Prenditi cura della tua femmina, intesi? Fortunato, fortunato... sei proprio un ragazzo fortunato. Ci si vede.» Poi andò in camera sua. Avrebbe voluto che Tohr fosse lì con loro... avrebbe voluto sapere dov'era finito. Compiangendolo per il suo lutto, prese le armi e controllò il corridoio. Sentiva i fratelli discutere nello studio di Wrath. Per evitarli, si smaterializzò, ricomparve nella galleria delle statue e si infilò nella stanza accanto a quella di Zsadist. Dopo aver chiuso la porta, andò in bagno e accese la luce. Rimase a guardare il proprio riflesso allo specchio. Sfoderò uno dei pugnali, afferrò una grossa ciocca di capelli e vi avvicinò la lama, tagliandola di netto. Ripeté il gesto decine di volte, lasciando cadere per terra, sugli stivali, le lunghe onde rosse, bionde, castane. Con i capelli a spazzola lunghi non più di un paio di centimetri prese una bomboletta spray di crema da barba dall'armadietto, se la spalmò sulla testa e tirò fuori un rasoio da sotto il lavandino. Completamente calvo, si pulì il cranio con cura e si spazzolò la camicia. I capelli caduti dentro il colletto gli facevano prudere il collo, si sentiva la testa leggerissima. Si protese in avanti e si guardò allo specchio. Poi afferrò il pugnale e lo puntò sulla fronte. Con mano tremante scavò un taglio proprio in mezzo alla faccia, chiudendolo con una curva a S all'altezza del labbro superiore. Il sangue sgorgò copioso, gocciolando giù. Lui lo pulì con un asciugamano bianco pulito. Zsadist si armò con cura. Quando fu pronto, uscì dalla cabina armadio. La camera da letto era immersa nell'oscurità e lui la attraversò affidandosi alla memoria più che alla vista, diretto alla pozza di luce che usciva dal bagno. Andò al lavandino, lo aprì e si
chinò sopra il getto d'acqua corrente, prendendo nelle mani a coppa quel torrente gelido. Se lo spruzzò in faccia, lavandosi bene gli occhi, e bevve un po' dell'acqua rimasta tra i palmi. Mentre si asciugava, si accorse che Phury era entrato in camera e si muoveva per la stanza, anche se non riusciva a vederlo. «Phury... sarei passato da te prima di uscire.» Con l'asciugamano sotto il mento si guardò allo specchio, osservando i suoi nuovi occhi gialli. Ripensò all'arco della sua vita e concluse che era quasi tutta da buttare. A parte due cose: una femmina e un maschio. «Ti voglio bene» disse con voce roca. Era la prima volta che diceva quelle parole al suo gemello. «Volevo che lo sapessi.» Phury gli si avvicinò da dietro. Lo vide nello specchio e trasalì. Niente capelli. Una cicatrice che gli tagliava la faccia in due. Occhi spenti e senza vita. «Oh, Vergine santa» esclamò con un filo di voce. «Ma cosa cazzo ti sei fatto...?» «Anch'io ti voglio bene, fratello.» Phury alzò il braccio e in mano stringeva una siringa ipodermica. Una delle due che Havers aveva lasciato per Bella. «E tu devi vivere.» Zsadist si voltò di scatto proprio mentre il braccio del suo gemello calava con forza. L'ago gli affondò nel collo; sentì il fiotto di morfina dritto nella giugulare. Urlando, si aggrappò alla spalla di Phury. Mentre la droga cominciava a fare effetto, si accasciò su se stesso; sentì che veniva adagiato con delicatezza sul pavimento. Phury si inginocchiò accanto a lui e gli accarezzò il volto. «Sei sempre stato la mia unica ragione di vita. Se muori tu a me non resta più niente. Senza di te sono perso. E qui c'è bisogno di te.» Zsadist fece per allungare le braccia, ma non ci riuscì. Phury si alzò in piedi. «Dio, Z, continuo a pensare che prima o poi questa nostra tragedia finirà. Invece non finisce mai, eh?» Zsadist perse i sensi ascoltando il suono degli stivali del suo gemello
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Poi andò in camera sua. Avrebbe voluto che Tohr fosse lì con loro...<br />
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Per evitarli, si smaterializzò, ricomparve nella galleria delle statue e<br />
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porta, andò in bagno e accese la luce. Rimase a guardare il proprio<br />
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Sfoderò uno dei pugnali, afferrò una grossa ciocca di capelli e vi<br />
avvicinò la lama, tagliandola di netto. Ripeté il gesto decine di volte,<br />
lasciando cadere per terra, sugli stivali, le lunghe onde rosse, bionde,<br />
castane. Con i capelli a spazzola lunghi non più di un paio di centimetri<br />
prese una bomboletta spray di crema da barba dall'armadietto, se la<br />
spalmò sulla testa e tirò fuori un rasoio da sotto il lavandino.<br />
Completamente calvo, si pulì il cranio con cura e si spazzolò la<br />
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si sentiva la testa leggerissima. Si protese in avanti e si guardò allo<br />
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Poi afferrò il pugnale e lo puntò sulla fronte.<br />
Con mano tremante scavò un taglio proprio in mezzo alla faccia,<br />
chiudendolo con una curva a S all'altezza del labbro superiore. Il<br />
sangue sgorgò copioso, gocciolando giù. Lui lo pulì con un<br />
asciugamano bianco pulito.<br />
Zsadist si armò con cura. Quando fu pronto, uscì dalla cabina<br />
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attraversò affidandosi alla memoria più che alla vista, diretto alla<br />
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