03.La Confraternita Del Pugnale Nero_PORPORA
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Capitolo 43 Nel labirinto dei vicoli del centro, Zsadist tallonava il solitario lesser dai capelli scoloriti. L'assassino si muoveva rapido sotto la nevicata, vigile, attento, a caccia di prede tra i pochi frequentatori di locali usciti nonostante il freddo nei loro abiti da discoteca. Dietro di lui il vampiro si muoveva leggero, correndo in punta di piedi, standogli vicino, ma non troppo. L'alba era alle porte, ma lui voleva ammazzarlo. Gli bastava sorprenderlo in un angolo lontano da occhi indiscreti. Il momento buono arrivò quando il lesser rallentò pensieroso all'incrocio tra l'Ottava e Trade Street. Era solo una pausa, un breve dibattito interiore per decidere se svoltare a destra o a sinistra. Zsadist colpì veloce come il lampo, materializzandosi alle sue spalle; strinse un braccio intorno al collo del bastardo e lo trascinò nelle tenebre. Il lesser reagì con violenza. I rumori della lotta erano quelli di due bandiere che sbattono al vento: mentre gli avversari si prendevano a botte, giacche e pantaloni sventolavano nell'aria gelida. Nel giro di pochi secondi il lesser si ritrovò a terra; Z lo guardò negli occhi nell'atto di alzare il pugnale, poi gli affondò la lama nera nel petto muscoloso. Lo schiocco sordo e il lampo luminoso che seguì furono questione di un attimo. Il vampiro si raddrizzò; non provava la benché minima soddisfazione. Aveva inserito il pilota automatico e andava avanti come un automa addestrato alla violenza. Era pronto e determinato a uccidere, ma si muoveva come in sogno. Nella sua mente c'era solo Bella. In realtà era una sensazione ancora più profonda. L'assenza di Bella era una specie di zavorra tangibile, opprimente: sentiva disperatamente la sua mancanza e ne era come paralizzato. Eh, sì. Allora era vero quello che si diceva. Un maschio innamorato senza la sua femmina era morto. Tempo prima aveva sentito quella scemenza e non ci aveva creduto, adesso stava vivendo la dura realtà. Il cellulare suonò e lui rispose, perché era così che si faceva. Non gli interessava chi c'era all'altro capo della linea. «Ehi, Z» disse Vishous. «Hanno lasciato un messaggio stranissimo
nella casella vocale comune. Un tizio che vuole parlare con te.» «Ha fatto il mio nome?» «Per la verità non era facilissimo da capire perché era parecchio agitato, ma ha accennato alla tua cicatrice.» Il fratello di Bella? si chiese Z. Ma cosa aveva ancora da rompergli le palle, adesso che lei era tornata a casa? Be', a parte il fatto che sua sorella era andata in calore, che lui l'aveva montata e che non c'era in programma nessuna cerimonia nuziale. Sì, questa era una cosa capace di mandare fuori dai gangheri un fratello. «Che numero ha lasciato?» Vishous elencò la serie di cifre. «Ha detto di chiamarsi Ormond.» Allora non poteva essere il fratellone cattivo di Bella. «Ormond? È un nome umano.» «Non lo so di preciso. Comunque farai meglio a stare molto attento.» Z chiuse la telefonata, compose lentamente il numero che Vishous gli aveva dato e restò in attesa, sperando di aver premuto i tasti giusti. Quando risposero non ci fu nessun «pronto», solo una bassa voce maschile che disse: «Non sei in memoria e chiami da un numero riservato. Quindi devi essere tu, fratello». «E tu chi sei?» «Voglio incontrarti di persona.» «Scusa, ma non vado matto per gli appuntamenti.» «Già, posso immaginare che con quella faccia tu non abbia molta fortuna in quel campo. Ma non ti cerco per fare sesso.» «Che sollievo. Adesso mi dici chi cazzo sei?» «Mi chiamo David. Ti dice niente?» Accecato dalla rabbia, Z non vedeva altro che i segni sul ventre di Bella. Strinse il cellulare fin quasi a spaccarlo. Sforzandosi di parlare con calma disse: «Temo di no, Davy. Ma rinfrescami la memoria».
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Capitolo 43<br />
Nel labirinto dei vicoli del centro, Zsadist tallonava il solitario lesser<br />
dai capelli scoloriti. L'assassino si muoveva rapido sotto la nevicata,<br />
vigile, attento, a caccia di prede tra i pochi frequentatori di locali usciti<br />
nonostante il freddo nei loro abiti da discoteca.<br />
Dietro di lui il vampiro si muoveva leggero, correndo in punta di<br />
piedi, standogli vicino, ma non troppo. L'alba era alle porte, ma lui<br />
voleva ammazzarlo. Gli bastava sorprenderlo in un angolo lontano da<br />
occhi indiscreti.<br />
Il momento buono arrivò quando il lesser rallentò pensieroso<br />
all'incrocio tra l'Ottava e Trade Street. Era solo una pausa, un breve<br />
dibattito interiore per decidere se svoltare a destra o a sinistra.<br />
Zsadist colpì veloce come il lampo, materializzandosi alle sue<br />
spalle; strinse un braccio intorno al collo del bastardo e lo trascinò<br />
nelle tenebre. Il lesser reagì con violenza. I rumori della lotta erano<br />
quelli di due bandiere che sbattono al vento: mentre gli avversari si<br />
prendevano a botte, giacche e pantaloni sventolavano nell'aria gelida.<br />
Nel giro di pochi secondi il lesser si ritrovò a terra; Z lo guardò negli<br />
occhi nell'atto di alzare il pugnale, poi gli affondò la lama nera nel<br />
petto muscoloso. Lo schiocco sordo e il lampo luminoso che seguì<br />
furono questione di un attimo.<br />
Il vampiro si raddrizzò; non provava la benché minima<br />
soddisfazione. Aveva inserito il pilota automatico e andava avanti<br />
come un automa addestrato alla violenza. Era pronto e determinato a<br />
uccidere, ma si muoveva come in sogno. Nella sua mente c'era solo<br />
Bella. In realtà era una sensazione ancora più profonda. L'assenza di<br />
Bella era una specie di zavorra tangibile, opprimente: sentiva<br />
disperatamente la sua mancanza e ne era come paralizzato.<br />
Eh, sì. Allora era vero quello che si diceva. Un maschio innamorato<br />
senza la sua femmina era morto. Tempo prima aveva sentito quella<br />
scemenza e non ci aveva creduto, adesso stava vivendo la dura realtà.<br />
Il cellulare suonò e lui rispose, perché era così che si faceva. Non gli<br />
interessava chi c'era all'altro capo della linea.<br />
«Ehi, Z» disse Vishous. «Hanno lasciato un messaggio stranissimo