03.La Confraternita Del Pugnale Nero_PORPORA
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erano vuoti, gli altri erano occupati da vetture di lusso. Ora che la corrente era saltata, girò intorno alla casa per ispezionare la facciata anteriore tenendosi rasente la siepe di bosso che correva sul davanti. Una portafinestra era l'ideale per entrare. Con un pugno mandò in frantumi un vetro, poi infilò dentro la mano guantata e fece scattare la serratura. Appena entrato, stava per richiudere la porta. Era essenziale che i contatti del sistema d'allarme fossero a posto nel caso partisse un generatore d'emergenza... Porca puttana. Sulla porta c'erano degli elettrodi al litio, il che significava che i contatti non dipendevano dalla corrente elettrica. E... merda... lui si trovava sulla traiettoria di un raggio laser. Gesù. Questa era tecnologia all'avanguardia, come in certi musei di belle arti, alla Casa Bianca o nella camera da letto del papa. Il solo motivo per cui era riuscito a introdursi in quella casa era che qualcuno aveva voluto farlo entrare. Rizzò le orecchie. Silenzio assoluto. Una trappola? Rimase perfettamente immobile ancora per qualche secondo, trattenendo il fiato; prima di attraversare in punta di piedi una serie di stanze che sembravano uscite da una rivista di arredamento, si assicurò che la pistola fosse pronta a sparare. Man mano che avanzava fu assalito dall'impulso di sfregiare i quadri alle pareti, tirare giù i lampadari di cristallo, fracassare le gambe dei tavoli e delle sedie d'antiquariato. Aveva voglia di dare fuoco alle tende, di cagare sul pavimento e di sfasciare tutto. Perché quel posto era bellissimo e perché se la sua donna aveva veramente vissuto lì significava che era di gran lunga migliore di lui. Girato l'angolo, si ritrovò in una specie di soggiorno e si fermò di colpo. Appeso a una parete, in una raffinata cornice dorata, c'era un ritratto di sua moglie; il quadro era drappeggiato di seta nera. Sotto il dipinto, su un tavolino con il piano di marmo, erano posati un calice d'oro rovesciato e un quadrato di stoffa bianca con sopra tre file di dieci piccole pietruzze. Ventinove erano rubini, l'ultima, nell'angolo in basso a sinistra, era nera.
Il rituale era diverso da quelle cazzate cristiane che aveva conosciuto ai tempi in cui era ancora un umano, ma si trattava sicuramente di un altare commemorativo in ricordo di sua moglie. Le sue viscere presero a torcersi, sibilando come tanti serpenti. Fu sul punto di dare di stomaco. La sua donna era morta. «Non guardarmi così» bofonchiò Phury zoppicando per la stanza. Malgrado il fianco gli facesse un male del diavolo, stava cercando di rimettersi in sesto per tornare sul campo e l'espressione da chioccia di Butch non gli era di nessun aiuto. Lo sbirro scosse la testa. «Devi andare dal dottore, vecchio mio.» «Ti sbagli» ribatté il vampiro; gli rodeva ancora di più l'anima al pensiero che l'umano non avesse tutti i torti. «Se dovessi passare le tue giornate stravaccato sul divano, magari. Ma combattere? Andiamo, amico. Se Tohr sapesse che vuoi uscire in queste condizioni reclamerebbe la tua testa su un piatto d'argento.» Vero. «Andrà tutto bene. Devo solo fare un po' di esercizio.» «Già, un po' di stretching sarà un toccasana per quel buco che hai nel fegato. Ora che ci penso, potrei procurarti una bella pomata antidolorifica tipo Bengay. La spalmiamo sulla ferita e il gioco è fatto. Ottimo piano.» Phury gli scoccò un'occhiataccia. Butch inarcò un sopracciglio. «Mi stai facendo incazzare, sbirro.» «Non mi dire. Ehi, senti un po' questa... Puoi urlarmi dietro mentre ti porto da Havers, che ne dici?» «Non ho bisogno della scorta.» «Ma se ti accompagno io, saprò di sicuro che ci sei andato.» Butch tirò fuori di tasca le chiavi della Escalade e le fece dondolare tra le dita. «E poi sono un ottimo tassista. Chiedi un po' a John.» «Non voglio andarci.» «Be'... per parafrasare Vishous, "con tutti i tuoi non voglio ti
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erano vuoti, gli altri erano occupati da vetture di lusso.<br />
Ora che la corrente era saltata, girò intorno alla casa per<br />
ispezionare la facciata anteriore tenendosi rasente la siepe di bosso che<br />
correva sul davanti. Una portafinestra era l'ideale per entrare. Con un<br />
pugno mandò in frantumi un vetro, poi infilò dentro la mano<br />
guantata e fece scattare la serratura. Appena entrato, stava per<br />
richiudere la porta. Era essenziale che i contatti del sistema d'allarme<br />
fossero a posto nel caso partisse un generatore d'emergenza... Porca<br />
puttana.<br />
Sulla porta c'erano degli elettrodi al litio, il che significava che i<br />
contatti non dipendevano dalla corrente elettrica. E... merda... lui si<br />
trovava sulla traiettoria di un raggio laser. Gesù. Questa era tecnologia<br />
all'avanguardia, come in certi musei di belle arti, alla Casa Bianca o<br />
nella camera da letto del papa.<br />
Il solo motivo per cui era riuscito a introdursi in quella casa era che<br />
qualcuno aveva voluto farlo entrare.<br />
Rizzò le orecchie. Silenzio assoluto. Una trappola?<br />
Rimase perfettamente immobile ancora per qualche secondo,<br />
trattenendo il fiato; prima di attraversare in punta di piedi una serie di<br />
stanze che sembravano uscite da una rivista di arredamento, si assicurò<br />
che la pistola fosse pronta a sparare. Man mano che avanzava fu<br />
assalito dall'impulso di sfregiare i quadri alle pareti, tirare giù i<br />
lampadari di cristallo, fracassare le gambe dei tavoli e delle sedie<br />
d'antiquariato. Aveva voglia di dare fuoco alle tende, di cagare sul<br />
pavimento e di sfasciare tutto. Perché quel posto era bellissimo e<br />
perché se la sua donna aveva veramente vissuto lì significava che era di<br />
gran lunga migliore di lui.<br />
Girato l'angolo, si ritrovò in una specie di soggiorno e si fermò di<br />
colpo.<br />
Appeso a una parete, in una raffinata cornice dorata, c'era un<br />
ritratto di sua moglie; il quadro era drappeggiato di seta nera. Sotto il<br />
dipinto, su un tavolino con il piano di marmo, erano posati un calice<br />
d'oro rovesciato e un quadrato di stoffa bianca con sopra tre file di<br />
dieci piccole pietruzze. Ventinove erano rubini, l'ultima, nell'angolo in<br />
basso a sinistra, era nera.