03.La Confraternita Del Pugnale Nero_PORPORA

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28.05.2013 Views

ottimo candidato a entrare nelle sue file, sempre che i fratelli stessero reclutando nuovi membri. Ma chi lo sapeva cosa facevano, ormai? Erano passati alla clandestinità quando la civiltà dei vampiri aveva cominciato a sgretolarsi, diventando una sorta di enclave nascosta e proteggendo se stessi più della razza che avevano giurato di difendere. Diamine, non poteva fare a meno di pensare che se fossero stati più concentrati sulla vera missione anziché su loro stessi avrebbero potuto scongiurare il rapimento di Bella, o quantomeno accelerarne il ritrovamento. In preda a una nuova ondata di rabbia continuò a girare per casa senza meta, guardando fuori dalle finestre e dalle porte, controllando i monitor. Alla fine decise che quell'attesa estenuante era una stupidaggine. Girare a vuoto per tutta la notte sarebbe servito solo a farlo uscire di testa, e lui aveva degli affari da sbrigare, giù in centro. Se inseriva gli allarmi poteva smaterializzarsi in un batter d'occhio. Salì in camera sua, entrò nella cabina armadio e si fermò davanti all'armadietto chiuso a chiave. Andare a lavorare senza prendere le medicine era escluso, anche se ciò significava dover ricorrere alla pistola, invece che al corpo a corpo, se quel bastardo di lesser si fosse fatto vedere. Tirò fuori una fiala di dopamina insieme alla siringa e al laccio emostatico. Riempì la siringa e si legò il tubicino di gomma all'avambraccio, fissando il fluido trasparente che stava per iniettarsi in vena. Havers aveva accennato al fatto che, con dosi così elevate, la paranoia poteva essere un effetto collaterale in certi vampiri. E Rehv aveva raddoppiato la dose prescritta da quando Bella era stata rapita. Quindi, forse, stava perdendo il senso della realtà. Poi però pensò alla temperatura corporea di quel coso che si era fermato davanti al cancello. A tredici gradi non si poteva essere vivi. Non se si era umani, quantomeno. Si fece l'iniezione e attese che la vista tornasse normale e il suo corpo si annullasse completamente. Poi si vestì pesante, prese il bastone e si apprestò a uscire. Zsadist entrò a grandi passi nello ZeroSum, consapevole della muta

disperazione di Phury che incombeva alle sue spalle come un'umida coltre di nebbia. Per fortuna era abituato a ignorare il suo gemello, altrimenti sarebbe stato risucchiato in quella spirale di angoscia. Debole. Sei troppo debole. Sì, be', stava per risolvere il problema. «Dammi venti minuti» disse a Phury. «Ci vediamo nel vicolo.» Senza perdere tempo scelse una prostituta con i capelli raccolti in uno chignon, le diede duecento dollari e poi la spinse praticamente fuori dal club. La donna non sembrava impensierita dalla sua faccia, dalla sua mole o dal modo in cui la manovrava. Non faceva caso a niente perché era strafatta. Nel vicolo scoppiò a ridere troppo forte. «Come vuoi farlo?» disse, barcollando sui trampoli. Incespicò, poi mise le mani sulla testa e si raddrizzò nell'aria gelida. «Dai l'idea di uno che adora la roba tosta. Per me va bene.» Zsadist la fece voltare con la faccia verso il muro, tenendola ferma per la nuca. Quando lei si mise a ridacchiare, fingendo di divincolarsi, la immobilizzò pensando all'infinità di umane che aveva succhiato nel corso degli anni. Fino a che punto aveva ripulito la loro memoria? Chissà se ogni tanto, quando il loro subconscio si agitava irrequieto, si svegliavano di soprassalto da un incubo del quale il protagonista era lui. Sfruttatore, pensò. Le usava e basta. Era uno sfruttatore. Proprio come la Padrona. L'unica differenza era che lui non aveva scelta. O invece sì? Quella notte avrebbe potuto usare Bella; lei lo avrebbe voluto. Ma se succhiava il suo sangue, poi sarebbe stato più difficile per tutti e due lasciar perdere. E invece era così che doveva andare. Lei non voleva essere ahvenged, non cercava vendetta, e lui non avrebbe trovato pace finché quel lesser fosse stato in circolazione... Ma soprattutto non sopportava l'idea di restare a guardare mentre Bella imboccava la via dell'autodistruzione, tentando di amare qualcuno che non avrebbe dovuto amare. Doveva convincerla a stare alla larga da lui. Voleva vederla felice e al sicuro e sapere che per altri

ottimo candidato a entrare nelle sue file, sempre che i fratelli stessero<br />

reclutando nuovi membri. Ma chi lo sapeva cosa facevano, ormai?<br />

Erano passati alla clandestinità quando la civiltà dei vampiri aveva<br />

cominciato a sgretolarsi, diventando una sorta di enclave nascosta e<br />

proteggendo se stessi più della razza che avevano giurato di difendere.<br />

Diamine, non poteva fare a meno di pensare che se fossero stati più<br />

concentrati sulla vera missione anziché su loro stessi avrebbero potuto<br />

scongiurare il rapimento di Bella, o quantomeno accelerarne il<br />

ritrovamento.<br />

In preda a una nuova ondata di rabbia continuò a girare per casa<br />

senza meta, guardando fuori dalle finestre e dalle porte, controllando<br />

i monitor. Alla fine decise che quell'attesa estenuante era una<br />

stupidaggine. Girare a vuoto per tutta la notte sarebbe servito solo a<br />

farlo uscire di testa, e lui aveva degli affari da sbrigare, giù in centro. Se<br />

inseriva gli allarmi poteva smaterializzarsi in un batter d'occhio.<br />

Salì in camera sua, entrò nella cabina armadio e si fermò davanti<br />

all'armadietto chiuso a chiave. Andare a lavorare senza prendere le<br />

medicine era escluso, anche se ciò significava dover ricorrere alla<br />

pistola, invece che al corpo a corpo, se quel bastardo di lesser si fosse<br />

fatto vedere.<br />

Tirò fuori una fiala di dopamina insieme alla siringa e al laccio<br />

emostatico. Riempì la siringa e si legò il tubicino di gomma<br />

all'avambraccio, fissando il fluido trasparente che stava per iniettarsi in<br />

vena. Havers aveva accennato al fatto che, con dosi così elevate, la<br />

paranoia poteva essere un effetto collaterale in certi vampiri. E Rehv<br />

aveva raddoppiato la dose prescritta da quando Bella era stata rapita.<br />

Quindi, forse, stava perdendo il senso della realtà.<br />

Poi però pensò alla temperatura corporea di quel coso che si era<br />

fermato davanti al cancello. A tredici gradi non si poteva essere vivi.<br />

Non se si era umani, quantomeno.<br />

Si fece l'iniezione e attese che la vista tornasse normale e il suo<br />

corpo si annullasse completamente. Poi si vestì pesante, prese il<br />

bastone e si apprestò a uscire.<br />

Zsadist entrò a grandi passi nello ZeroSum, consapevole della muta

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