03.La Confraternita Del Pugnale Nero_PORPORA

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28.05.2013 Views

antincendio. Sulla destra c'era una scala che saliva. I gradini erano consumati e si sentiva gocciolare qualcosa da qualche parte, un paio di rampe più in alto. John mise la mano sulla ringhiera fissata al muro in modo precario e salì lentamente fino al pianerottolo tra il primo e il secondo piano. Sopra la sua testa i tubi al neon stavano tirando gli ultimi, la luce tremolante nel disperato tentativo di aggrappasi alla vita. John guardò il linoleum graffiato per terra, poi alzò gli occhi sulla finestra. Era tutta scheggiata, come se qualcuno l'avesse presa a bottigliate. Il solo motivo per cui il vetro lurido non aveva ceduto era il reticolato in filo di ferro che la proteggeva. Dal piano di sopra giunse una raffica di imprecazioni, una sorta si sventagliata verbale che segnava sicuramente l'inizio di un litigio in piena regola. Butch stava per suggerire di alzare i tacchi alla svelta quando John si voltò e cominciò a scendere le scale di corsa. Meno di un minuto e mezzo dopo erano a bordo della Escalade e stavano uscendo da quella zona malfamata della città. Butch si fermò a un semaforo. «Dove si va adesso?» John scrisse qualcosa sul blocco e lo voltò verso di lui. «A casa, allora» mormorò l'ex sbirro. Ancora non sapeva perché il ragazzo avesse voluto passare a vedere quella scala. Entrato in casa, John lanciò un saluto frettoloso a Wellsie fiondandosi dritto in camera sua. Lei parve intuire che aveva bisogno di stare un po' per conto suo, e lui gliene fu grato. Chiuse la porta, buttò il bloc-notes sul letto, si tolse il giubbotto e andò subito ad aprire i rubinetti della doccia. Mentre l'acqua si scaldava, si spogliò. Solo quando fu sotto il getto caldo smise di tremare. Uscito dal bagno, si infilò una maglietta a maniche corte e un paio di calzoni della tuta, poi guardò il computer sulla scrivania. Si sedette di fronte al portatile, pensando che forse doveva scrivere qualcosa. Glielo aveva suggerito la terapista. Dio... Parlare con lei di quello che gli era successo era stato

sgradevole quasi quanto vivere quell'esperienza la prima volta. Non era sua intenzione essere tanto esplicito. Solo che... una ventina di minuti dopo l'inizio della seduta era crollato, la sua mano aveva cominciato a scrivere freneticamente e una volta partito non era più riuscito a fermarsi. Chiuse gli occhi, cercando di richiamare alla mente l'uomo che lo aveva intrappolato in quell'angolo. Vide solo un'immagine indistinta. Il coltello, però, se lo ricordava perfettamente. Era un coltello a serramanico lungo una dozzina di centimetri, tagliente come la lingua di una suocera. Fece scorrere l'indice sul touchpad del portatile e dal monitor sparì il salvaschermo di Windows XP. La sua casella di posta elettronica conteneva un nuovo messaggio. Sarelle. Lo rilesse tre volte prima di provare a rispondere. Alla fine scrisse: Ciao, Sarelle, domani sera non posso. Mi spiace tanto. Prima o poi mi faccio vivo io. Ci sentiamo, John. Proprio non se la sentiva di rivederla. Per un po', almeno. Non voleva vedere altre femmine a parte Wellsie, Mary, Beth e Bella. Non poteva esserci niente di neanche lontanamente sessuale nella sua vita, se prima non faceva i conti con quello che aveva subito quasi un anno prima. Uscì da Hotmail e aprì un nuovo file di Word. Per un istante le sue dita rimasero ferme. Poi cominciarono a volare sulla tastiera.

antincendio.<br />

Sulla destra c'era una scala che saliva. I gradini erano consumati e si<br />

sentiva gocciolare qualcosa da qualche parte, un paio di rampe più in<br />

alto.<br />

John mise la mano sulla ringhiera fissata al muro in modo precario<br />

e salì lentamente fino al pianerottolo tra il primo e il secondo piano.<br />

Sopra la sua testa i tubi al neon stavano tirando gli ultimi, la luce<br />

tremolante nel disperato tentativo di aggrappasi alla vita.<br />

John guardò il linoleum graffiato per terra, poi alzò gli occhi sulla<br />

finestra. Era tutta scheggiata, come se qualcuno l'avesse presa a<br />

bottigliate. Il solo motivo per cui il vetro lurido non aveva ceduto era<br />

il reticolato in filo di ferro che la proteggeva.<br />

Dal piano di sopra giunse una raffica di imprecazioni, una sorta si<br />

sventagliata verbale che segnava sicuramente l'inizio di un litigio in<br />

piena regola. Butch stava per suggerire di alzare i tacchi alla svelta<br />

quando John si voltò e cominciò a scendere le scale di corsa.<br />

Meno di un minuto e mezzo dopo erano a bordo della Escalade e<br />

stavano uscendo da quella zona malfamata della città.<br />

Butch si fermò a un semaforo. «Dove si va adesso?»<br />

John scrisse qualcosa sul blocco e lo voltò verso di lui.<br />

«A casa, allora» mormorò l'ex sbirro. Ancora non sapeva perché il<br />

ragazzo avesse voluto passare a vedere quella scala.<br />

Entrato in casa, John lanciò un saluto frettoloso a Wellsie<br />

fiondandosi dritto in camera sua. Lei parve intuire che aveva bisogno<br />

di stare un po' per conto suo, e lui gliene fu grato. Chiuse la porta,<br />

buttò il bloc-notes sul letto, si tolse il giubbotto e andò subito ad aprire<br />

i rubinetti della doccia. Mentre l'acqua si scaldava, si spogliò. Solo<br />

quando fu sotto il getto caldo smise di tremare.<br />

Uscito dal bagno, si infilò una maglietta a maniche corte e un paio<br />

di calzoni della tuta, poi guardò il computer sulla scrivania. Si sedette<br />

di fronte al portatile, pensando che forse doveva scrivere qualcosa.<br />

Glielo aveva suggerito la terapista.<br />

Dio... Parlare con lei di quello che gli era successo era stato

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